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Nel folclore giapponese, quegli orchi mitologici chiamati Oni sono stati raffigurati in svariati modi, ma la totalità di quelle rappresentazioni ha sempre avuto una costante: sono mostruosi. In più, presentano quasi sempre tratti nettamente virili. Eppure, anche per delle creature simili dovrà pur esserci il piacere di una comoda casa, un'avvenente consorte e dei figli da mantenere con un onesto lavoro regolarmente stipendiato. E' chiaro che non possono mancare delle attraenti orchesse, pronte e disponibili a coronare il sacro vincolo del matrimonio insieme al loro fedele maritino. Quindi cosa potrebbe succedere se una procace ragazza zannuta, cornuta e in bikini - rigorosamente in pelle di tigre, che ogni rispettabile Oni indossa sempre - giungesse dallo spazio, con la sua famiglia, per conquistare la Terra? Come si svilupperebbe il rapporto fra lei e il terrestre che si ritroverebbe a dover affrontare una particolare sfida, allo scopo di evitare che il pianeta sia soggiogato dagli invasori spaziali?

E' così che viene tratteggiato uno dei personaggi più divertenti e iconici esistenti nel panorama dei manga e degli anime: Lamù. Ella è obiettivamente la scintilla che ha permesso alla serie di "Urusei Yatsura" d'essere il capolavoro a fumetti che si è rivelato. Il progetto iniziale di questo manga infatti, prevedeva una breve serie di capitoli in cui la vita dello sfortunato Ataru Moroboshi - il cui nome significa "colpito da una stella cadente" - veniva turbata a più riprese dall'apparizione di esseri bizzarri e surreali provenienti da altri mondi. Ma i lettori giapponesi, parodiati dalla stessa Takahashi attraverso le figure nerd di Megane e compagni, vogliono vedere ancora la conturbante aliena dai capelli verdi, e sono subito accontentati - a tal punto che i più finiscono per considerare la principessa degli Oni la vera protagonista di questa serie, anziché Ataru come doveva essere secondo l'idea di partenza. E' specialmente qui che ci si rende conto di come la comicità in questo fumetto non si pieghi mai di fronte al mero fanservice, anzi: Takahashi si burla perfino di quello - cosa che non avrebbe fatto mai più negli anni successivi, quando decise di prender parte alla moda dei manga adolescenziali sulla lotta, e rabbonì di molto il suo stile.

Ma il personaggio di Lamù non è soltanto la parodia di un Oni, bensì anche la caricatura di una sex symbol d'oltreoceano che irrompe in quel sobrio perbenismo delle donne nipponiche e non solo, andando a generare delle situazioni di attrito letteralmente spassose. A supporto di tutto ciò, la morigeratezza di facciata che per motivi culturali accomuna spesso e volentieri le rappresentanti del gentil sesso viene abbondantemente ironizzata attraverso personaggi artisticamente rivoluzionari come Ran, Ryoko, Shinobu, Natsuko e tanti altri - personaggi a loro tempo del tutto innovativi, ma ancora oggi così accuratamente delineati, così tridimensionali che nel corso della lettura si rivelano i portavoce di una comicità lucida e pungente. E' una comicità che lacera ogni velo di falsi moralismi e di schemi tradizionali, per sfociare in quel crudo, cinico e sottilmente beffardo intreccio di soggetti che danno a vedere tutte le proprie egocentriche inclinazioni personali, spesso anche attraverso esilaranti e farsesche dissimulazioni dei più nobili e dignitosi sentimenti. Anche la componente fantascientifica fa la sua parte, contribuendo a creare allucinanti stramberie che intonano distintamente le note del caos universale, invitando il lettore al divertimento e alla risata nel leggere le insensate vicende di questi personaggi così bizzarri, eppure così sprizzanti di vera umanità, e a liberare per un po' la mente da pensieri tristi e seriosi - andando a toccare, talvolta, anche delle lievi punte di umorismo nero, ma senza mai scadere in trovate di cattivo gusto.
Tra l'altro, Lamù non è certo un caso isolato. E' spesso accompagnata, ad esempio, da una regina delle nevi aliena e da Benten, una dea della fortuna che, invece di essere elegante e aggraziata com'era nelle sue rappresentazioni tradizionali, qui è una teppistella con le catene, un bikini di ferro e sempre in sella alla sua motocicletta volante.

Andando a recuperare mondi immaginari della sua infanzia, pur senza perdere la malizia di una giovane maggiorenne la quale si avvia verso i trent'anni d'età, e mettendo splendidamente a frutto il suo interesse per un genere narrativo versatile come la fantascienza, che permette a qualunque fantasia della nostra mente di scatenarsi, Takahashi ha saputo dare il meglio di sé in questo fumetto, per quanto oggi sia tendenzialmente messo in ombra dai suoi mediocri successori intitolati "Ranma 1/2" e "Inuyasha". Qui in Italia purtroppo, l'edizione Star Comics, che pure gode di un ottimo adattamento nonché di un'interessante rubrica di approfondimenti relativi alla cultura popolare nipponica ("Leggendo Leggende Sprint"), non viene più ristampata ad oggi - siamo nel 2016 - dalla casa editrice: nelle fumetterie è introvabile. Di conseguenza, per procurarselo è necessario acquistarlo usato da un rivenditore privato: una delle tante contraddizioni fra le esigenze di marketing e la qualità effettiva dei prodotti. Oggi, chi pensa a Rumiko Takahashi pensa molto più facilmente ai suoi due shounen manga combattivi sopracitati - i quali godono entrambi di una pregiata riedizione e sono tuttora facilmente recuperabili - piuttosto che a questo impopolare spettacolo dallo humor vivace, equilibrato, profondo e cattivo al punto giusto.
Se risulta possibile, vale la pena recuperare la vecchia e unica edizione Star Comics di "Urusei Yatsura", che uscì dal 1997 al 2001 sulla collana "Young", perché come ho già accennato è decisamente di alta qualità. Talvolta la traduzione italiana si prende giustamente alcune licenze di adattamento; lo fa in maniera del tutto accorta e meditata, traslando ottimamente determinate sfumature che di sicuro sarebbero state rese assai peggio, se tradotte alla lettera.

Da molti, questo è considerato il manga che ha dato il via al genere harem, e non a torto sebbene qui venga formulato in una maniera molto più regolata, autoironica e ingegnosa rispetto a quei titoli successivi dove, invece, regna al di sopra di tutto il fanservice più spiccio in cui si possa incappare.

Lo stile di disegno è quello perfettamente riconoscibile in ogni opera di Rumiko Takahashi, eppure ha qualcosa di diverso dalle serializzazioni successive. E' un tratto molto più vicino al contemporaneo "Maison Ikkoku": i personaggi hanno un aspetto più maturo. Con l'avvento di "Ranma 1/2", Takahashi provvide a ringiovanire sensibilmente i suoi soggetti ingrandendo gli occhi e modificando leggermente tutte le proporzioni dei corpi, protendendo anche verso una raffigurazione un po' più frettolosa e stilizzata. Eppure, io ho sempre trovato migliori i disegni di "Lamù" e di "Maison Ikkoku".
Uno dei motivi di quest'evoluzione grafica, probabilmente, è che a Rumiko Takahashi, come da lei dichiarato in un'intervista, dispiacque di riscontrare una scarsa popolarità di "Urusei Yatsura" fra i bambini, in contrapposizione a un successo nettamente maggiore fra gli adolescenti e gli adulti. Non è azzardato ipotizzare come questo sia un aspetto di "Lamù" che Takahashi considerò un fallimento, anche se personalmente esprimo il mio totale dissenso verso questa sua idea.
Da parte della mangaka, forse già in "Lamù" è riscontrabile qualche timido tentativo di rendere il suo stile più fruibile per l'infanzia. Ne è un esempio come sia cambiato, nel corso della serie, il suo modo di parodiare gli spiriti delle volpi, che è iniziato con il capitolo intitolato "Alcol, lacrime, uomini e donne", dai toni decisamente adulti, per poi passare al piccolo e grazioso personaggio di Kitsune. Per contro, anche con Kitsune ha di fatto mantenuto, nelle gag, quella malizia di fondo che caratterizza l'intero fumetto dedicato alla "Gentaglia chiassosa della stella Uru".

Volontariamente o meno, Takahashi ha in definitiva creato un capolavoro di sketch umoristici originali e maturi dove l'assurdo ingloba inesorabilmente dentro di sé ogni sprazzo di assennatezza, così come le categorie irrazionali del profondo inconscio prevalgono, senza palesarsi in maniera esplicita, attraverso il delicato velo illusorio della ragione.
La struttura dei capitoli, quasi sempre autoconclusivi, sorregge egregiamente quell'atmosfera che fa sbellicare dal ridere, mantenendo la lettura leggera e scorrevole, senza appesantirla con intrecci eccessivamente lunghi o smorti, e senza mai esaurire anche una sola volta i suoi colpi.

"Urusei Yatsura" ha anche saputo ispirare tantissimi altri mangaka contemporanei e posteriori - ne è un esempio Izumi Matsumoto, che sul piano delle sceneggiature deve davvero molto a questo manga, e che inserì un cameo della stessa Lamù nel suo famoso "Kimagure Orange Road"; per non parlare del successivo "Sesame Street", dove arrivò perfino a disegnare un intero gruppo rock di ragazze acconciate proprio come la bella orchessa aliena. Altro esempio sono i manga di Mitsuru Adachi, dove Lamù compare a più riprese, così come per mano di tanti altri fumettisti, nonché in svariate modalità all'interno di numerosi titoli d'animazione giapponese quali "Kitaro dei Cimiteri", "Excel Saga", "Hale+Guu", "Bokusatsu Tenshi Dokuro-chan" e molti altri.

Ma qui in occidente invece, "Lamù" non ha ricevuto le attenzioni che merita. Pochissimi sono i fumetti che riescono a intrattenere a questi livelli, con leggerezza e al tempo stesso con intelligenza, rivelandosi un ottimo mezzo per straviarsi, ma contemporaneamente anche un vero e proprio mondo fuori dagli schemi, da approfondire e in cui perdersi per l'enorme ricchezza di contenuti culturali e antropologici.
Per conto mio, questo manga va dritto nell'olimpo dell'arte umoristica e ci rimane, qualitativamente insuperabile com'è. E' al di sopra di ogni dubbio che si tratti di una delle migliori opere artistiche prodotte in Giappone.