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Continuo a non capire perché a molti non piaccia questo film. O meglio, continuo a non capire perché a molti fan de “Il signore degli anelli” non piaccia questo film. Eppure le analogie tra “Taron e la pentola magica” e la celebre trilogia ambientata nella Terra di Mezzo sono molteplici. Il venticinquesimo classico Disney, appunto “Taron e la pentola magica” non è stato un semplice flop. E’ stato il film che ha incassato di meno in tutta la storia della casa del papà di Topolino. Questo perché “Taron e la pentola magica” usciva in un periodo non molto buono per la Disney: il vecchio Walt era morto e lo studio stava facendo diversi esperimenti, al fine di trovare la formula perfetta, capace di soddisfare i gusti sia della critica sia del pubblico. Formula poi applicata in maniera molto riuscita in quel periodo che verrà chiamato “Rinascimento Disney”. Tra i film-esperimento vi è proprio “Taron e la pentola magica”, il quale, trattandosi di qualcosa di troppo diverso e innovativo per l’epoca in cui uscì, non è riuscito a fare breccia nel cuore degli spettatori.

La storia ruota attorno a Taron, il cui unico desiderio è quello di diventare un grande guerriero. Il ragazzo non è molto lieto della sua vita: infatti, è l’aiutante di un guardiano di maiali e il suo compito è quello di badare in particolare a una maialina, Ewy. Un giorno, mentre si sta occupando di Ewy, Taron viene a scoprire che quella semplice maialina in realtà ha un grande dono, ossia quello di prevedere il futuro. Taron, dunque, assiste a una delle visioni di Ewy, in cui si vede la maialina inseguita da re Cornelius, il quale ha intenzione di rapirla con lo scopo di sapere dove poter trovare la pentola magica. Con questo oggetto, il re avrebbe resuscitato i morti e creato un invincibile esercito capace di dominare il mondo. Per impedire che ciò accada, Taron viene incaricato di nascondere Ewy, perché non venga trovata e rapita dal perfido re. Nel corso della storia, Taron incontrerà altre persone, con le quali farà amicizia e formerà una “compagnia” per poter trovare la pentola magica prima del re Cornelius.

Come scritto prima, il film è stato pesantemente criticato. Era impensabile, infatti, che un classico Disney non presentasse nessuno degli elementi tipici disneyani, come la presenza di canzoni e di animali parlanti. Invece, è proprio per tale motivo che questo film deve essere visto e apprezzato. Non c’è nessuno che si metta a cantare all’improvviso dal nulla. Vi è solo la colonna sonora, che riesce ad essere perfetta nell’enfatizzare le varie scene, gestite da una regia sempre impeccabile (indimenticabile a questo proposito l’entrata in scena di re Cornelius). L’ambientazione fantasy è degna di nota e dai toni dark, tanto che a nessuno verrebbe da pensare che questo film lo abbia fatto la Disney.

Attenzione: la seguente parte contiene spoiler

Nonostante fino adesso ho praticamente elogiato “Taron e la pentola magica” non posso negare il fatto che il film presenti alcune pecche. La sceneggiatura l’ho trovata un po’ troppo semplice, nel senso che alcuni ostacoli vengono superati dai protagonisti in maniera banale. Ad esempio, Taron e i suoi amici a un certo punto finiscono nel regno dei folletti, in cui ritrovano la maialina Ewy che si era smarrita. Qui vengono a sapere da parte dei folletti in quale luogo si trovi precisamente la pentola magica. Dunque, “la compagnia della pentola” (chiamiamola pure così, ogni riferimento è palese) decide di partire, ma lascia Ewy ai folletti, che si prendono l’incarico di riportare a casa la maialina. A questo punto sorgono diverse domande: come fanno a sapere i folletti dove si trovi la casa di Taron e di Ewy? Come fa Taron a fidarsi dei folletti che li conosce solo da appena dieci minuti? Chi gli garantisce che i folletti riporteranno a casa Ewy? Ma, sebbene ci sia qualche piccola mancanza, la storia è gestita molto bene, il film scorre che è un piacere fino ad arrivare al finale, per nulla prevedibile e in cui il pathos regna sovrano.

Fine parte contenente spoiler

I personaggi sono prevalentemente delle macchiette. Tuttavia, ho apprezzato la caratterizzazione di alcuni di loro. Lo stesso Taron, sebbene sia abbastanza stereotipato, nel corso della storia ha una maturazione. Ailin, nonostante sia una principessa, non è una svampita qualsiasi, anzi lei sarà un elemento fondamentale della maturazione di Taron. Non tanto quanto lo sarà Gurghi, una creatura magica che si rivolge continuamente a Taron chiamandolo “padrone” (ho catturato abbastanza la vostra attenzione, fan di Tolkien?) e giocherà un ruolo importantissimo nel finale. Per non dimenticare il re Cornelius, che sin da quando ero piccola ha sempre destato in me una paura che a distanza di anni non si è ancora del tutto sopita.

In conclusione, “Taron e la pentola magica” è un film diverso che fa della sua diversità il punto più forte. Lo consiglio sia ai fan della Disney, sia ai fan de “Il signore degli anelli” più volte citato in questa recensione, sia a coloro che si sono stancati di vedere sempre le "stesse cose" da parte dello studio d’animazione più famoso al mondo.