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Dopo una lunga attesa e uno sviluppo a dir poco travagliato, Square Enix ha finalmente pubblicato il quindicesimo capitolo della sua storica saga, e beh, in tutta sincerità, forse sarebbe stato meglio se quel progetto nato anni fa come costola di Final Fantasy XIII fosse finito nel dimenticatoio, morto ancor prima di nascere.

Per capire perché, a mio avviso, Final Fantasy XV sia un pessimo gioco di ruolo bisogna partire dall'analisi di quello che, prima della nuova era targata Square Enix, era solitamente l'elemento cardine di questa tipologia di giochi, ovvero la trama. Ecco, la trama in Final Fantasy XV diventa una sorta di parte opzionale, che, totalmente assente nei primi otto capitoli, viene portata avanti solo negli ultimi cinque capitoli, in modo oggettivamente incompleto e approssimativo, quasi fosse una componente messa lì controvoglia, perché purtroppo la tradizione così vuole.

Quale sia il motivo del disastro fatto da Hajime Tabata (che farebbe un favore al mondo se tornasse a fare solo giochi per smartphone) lo si può capire da un particolare preciso, che, nella sua apparente irrilevanza, fa comprendere però perfettamente come Final Fantasy XV non sia nato come un prodotto connesso ad una storia concepita nelle fasi iniziali di sviluppo, ma come un prodotto prettamente commerciale che, nel corso del tempo, privo di una sua identità narrativa si è adattato alle esigenze di sviluppo (basti pensare ai protagonisti riciclati dal concept iniziale di Nomura nato per una storia totalmente diversa) e a quelle commerciali.

Ebbene, qual è questo particolare? Semplice, il film Kingslaive, che, concepito come prodotto parallelo del gioco, è in realtà il prequel di un altro gioco, perché, come rivelato successivamente da qualche gola profonda (ed evidente nel gioco stesso), la sceneggiatura di Final Fantasy XV è stata riscritta praticamente da capo dopo la messa in produzione del film (un anno fa circa), ovvero in una fase in cui, in teoria, il gioco avrebbe già dovuto essere in una fase di sviluppo vicina alla post produzione (un altro indizio di tale repentina modifica sono gli artwork di più di un anno fa).

Ora, come può un gioco prossimo alla post produzione cambiare totalmente la trama? Non può, e infatti la trama non c'è, perché quello che Tabata propone a partire dal capitolo 9 (ripeto, prima la trama non è pervenuta) è solo un accozzaglia di eventi più o meno connessi (o sconnessi), cui lo sciagurato director, ben conscio della natura approssimativa del suo lavoro, ha tentato di rimediare inserendo qua e là dei fogli di carta da leggere con parti di trama che in qualsiasi gioco 'normale' sarebbero state giocabili o prodotte in cut-scene. Il risultato finale è una storia raffazzonata, incompleta, breve, e, per quanto possa sembrare assurdo, addirittura piena di contraddizioni (Ravus...), che, nel suo segnare il punto più basso della saga, non manca di 'umiliare' la stessa con le evidenti ed innegabili scopiazzature da Tales of Zestiria (guarda un po' la sceneggiatura del gioco, come detto riscritta un anno fa, è piena di elementi in comune con quella di Zestiria).

Ovviamente, non meglio va la caratterizzazione dei personaggi, e se i protagonisti principali pagano la scelta ridicola di relegare la loro caratterizzazione nella serie anime (perché usare i media collaterali per approfondire, quando si può spezzettare la parte narrativa del gioco in tanti media?), per gli altri personaggi è semplicemente non pervenuta. Con buona pace di Tabata (che l'ha esaltata come personaggio forte), Luna è infatti la peggiore protagonista femminile della serie - e d'altronde, considerando che compare in gioco per circa cinque minuti, non potrebbe essere diversamente -, anche se la palma del vincitore va certamente all'antagonista principale, la cui unica caratterizzazione, in sostanza, consiste nell'essere uno psicopatico poco lucido (notare come Tabata sia persino riuscito con una sola inutile frase ad impedire ai giocatori di dare un senso alle sue azioni con la fantasia), perché sì, se ci si mette un attimino a ragionare, c'è qualcosa che non funziona nel suo modo di agire, e quello che poteva essere un personaggio potenzialmente grandioso nelle sue premesse (le due righe che raccontano la sua storia), diventa semplicemente uno 'strumento' per dare un po' di drammaticità a buon mercato. Unica a salvarsi, per assurdo, è Aranea, che colpisce per il suo carattere, e, considerando che parliamo di un personaggio che compare per un paio di minuti in tutto il gioco, rende alla perfezione il vuoto degli altri.

Sia chiaro, il gioco non è totalmente negativo. A livello grafico parliamo di una vera e proprio perla, e notevole è anche l'open world, che però è sfruttato malissimo a causa del tanto backtracking e dell'assenza di trame secondarie (e figuriamoci non c'è manco quella principale), ma ciò non basta, anche perché, oltre alla trama non pervenuta, persino il sistema di combattimento, pur visivamente spettacolare, si rivela caotico e troppo lineare, e minato da un IA degli alleati molto rozza e primitiva (non ci sono settaggi, non usano gli oggetti, sul campo di battaglia sono sempre indecisi, alcune volte proprio assenti).

Insomma, a partire da Final Fantasy X Square Enix ha iniziato una folle corsa alla grafica e alla rivoluzione del gameplay, e Final Fantasy XV sembra porsi a degna conclusione di questo assurdo progetto, sancendo, forse in modo definitivo, quello che ormai si era intuito da tempo, ovvero che la fantasia finale è morta e sepolta. La triste realtà è che la Square Enix ha perso la voglia, o forse addirittura la capacità, di raccontare una storia per il solo gusto di portare i giocatori in un mondo di fantasia, e quel resta è solo un gioco di azione con una grafica spettacolare, di cui, e questa è una fortuna, nel giro di un paio di mesi probabilmente nessuno si ricorderà.