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“Gankutsuou - Il Conte di Monte Cristo” è una serie d’animazione giapponese del 2004 diretta da Mahiro Maeda e prodotta dallo studio Gonzo. Adattamento del celebre romanzo di Alexandre Dumas padre, è costituita da ventiquattro episodi di durata canonica.

Ispirato a quella che è probabilmente la più nota storia di vendetta della letteratura internazionale, l’anime si discosta dall’ambientazione di prima metà dell’Ottocento e si concede un setting retro-futuristico, in cui alle carrozze trainate da cavalli si affiancano automobili d'epoca e astronavi, e gli esseri umani fraternizzano con forme di vita extraterrestre, proponendo così una scala narrativa più vasta e terribile, sulla quale non di rado si affacciano elementi fantastici e a tratti orrorifici.
Nonostante numerose deviazioni dal materiale originale in termini di eventi, caratterizzazioni dei personaggi e tematiche, il core della vicenda resta sostanzialmente lo stesso, così come resta invariato il fascino magnetico del Conte di Monte Cristo. Con movenze e comportamenti che ricordano l’Alucard disegnato da Kōta Hirano e un aspetto che porta alla mente Gary Oldman nella sua interpretazione del sanguinario voivoda valacco, la nuova reincarnazione di Edmond Dantès sembra aver prestato grande attenzione ai pettegolezzi che, nel romanzo di Dumas, circolavano sulla misteriosa natura del Conte, che qui sfoggia chiaramente un aspetto vampiresco. Questa estremizzazione dei suoi connotati, però, non solo non ne sminuisce l’attrattività, manifestata attraverso modi raffinati, una voce piena e suadente e una incrementata carica erotica, ma accentua la crudeltà e la mostruosità della sue azioni.
Infatti, il Conte di Monte Cristo, non più protagonista, è praticamente il villain della serie, un'entità oscura che sgretola le fondamenta dell’aristocrazia parigina e non si ferma davanti a niente e nessuno. Il punto di vista narrante è, invece (e sfortunatamente), il giovane Albert de Morcerf, i cui atteggiamenti patetici, dialoghi ripetitivi e superflui monologhi interiori servono quasi solo a rallentare il ritmo delle puntate. Inoltre, sebbene la sua ingenuità lo renda funzionale a ricoprire il ruolo di devoto ammiratore cieco ad ogni avvertimento, la sua personalità non è abbastanza forte e definita da fare da contraltare a quella del Conte, con il quale si cerca di stabilire un parallelismo.
Il cast di supporto è altrettanto variegato: se alcuni dei personaggi, a dispetto dello spazio a loro disposizione, godono di caratterizzazioni monocorde e pochi tratti essenziali (generalmente fedeli alle loro controparti cartacee), altri sorprendono per l’inaspettata profondità, la depravazione e, in alcuni casi, per le interpretazioni di grandi intensità, anche se non necessariamente sopra le righe. Per questioni di adattamento, alcuni personaggi sono stati omessi, ma a stupire è piuttosto la presenza di alcuni di essi con ruoli insignificanti e meritevoli di un taglio.

Uno degli aspetti più intriganti di “Gankutsuou” è indubbiamente la sua maestosa veste grafica, che sbalordisce lo spettatore con un mix di animazione tradizionale, computer grafica, frammenti in live action e brillanti pattern fissi, utilizzati per sfarzosi capi di vestiario e acconciature. Sebbene la CGI risulti datata (specie nella realizzazione di alcuni edifici) e alcune texture piatte e a bassa risoluzione possano infastidire, è innegabile che la serie abbia uno stile unico e avvolgente e sia una costante esperienza visiva che ubriaca e confonde il pubblico con un flusso interminabile di dettagli e colori cangianti e allo stesso tempo lo sovrasta con architetture imponenti e l’immensità del più profondo cosmo. Altrettanto bello è il character design, elegante e proporzionato. Buone anche le animazioni, generalmente fluide e arricchite da momenti di superiore qualità disseminati per tutti gli episodi.

La colonna sonora, che propone brani di musica classica contaminati da sonorità techno, alternative rock e anche iberiche, si rivela coinvolgente e perfetta per accompagnare una storia di dannazione e tormento, di cui esalta l’intensità emotiva nelle sequenze più drammatiche grazie ad un continuo crescendo musicale. Sottotono invece le sigle di apertura e chiusura: la prima è un pezzo adeguato ma di cui è in certi punti arduo riconoscere la melodia, mentre la seconda, con il suo andamento più ritmato, sembra quasi fuori posto.
Buono ed espressivo il doppiaggio italiano, su cui spicca la performance carismatica del Conte di Monte Cristo.

“Gankutsuou - Il Conte di Monte Cristo” è il risultato di scelte coraggiose, del desiderio di raccontare una storia immortale senza lasciarsi prendere dall’ossessione di un adattamento letterale, il quale sarebbe stato mortificato dalla differenza tra i media. Il cambio di prospettiva si unisce armoniosamente all’intento autoriale di dura condanna dell’odio indiscriminato, di quella furia vendicativa che si nutre di disperazione e agonia e che trasforma le vittime in carnefici e viceversa, consumando tutti coloro che sono coinvolti senza elargire nient’altro che sofferenza. Passando più tempo con i giovani rampolli della nobiltà francese è possibile assistere in prima persona alle conseguenze dei castighi inflitti ai loro genitori, con i quali comunque non condividono le colpe. Tutto ciò fa in modo che il Conte superi la soglia della mera ambiguità morale e si immerga anima e corpo in un viscoso oceano di malvagità e risoluta spietatezza.
In conclusione, si tratta di una serie dotata di un buon livello di creatività, seppur interessata da un vistoso calo narrativo in prossimità dell’epilogo, costellato di motivazioni e gesti contraddittori. Inoltre, sarebbe stato interessante esplorare quelle relazioni sentimentali che in un romanzo di metà XIX secolo sono accettabili ma possono risultare improvvise e povere di sfumature per il pubblico odierno, così come il tema delle ingiustizie sociali, menzionato brevemente in una delle prime puntate e poi prontamente dimenticato.
“Gankutsuou” è una rielaborazione imperfetta ma memorabile, da vedere.