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“In questo mondo, basta avere una spada per andare ovunque vuoi. Sarà anche un ambiente virtuale, ma io riesco a sentirmi più vivo qui che nel mondo delle persone reali.”

“Sword Art Online” (“ソードアート・オンライン”), abbreviato molto spesso in SAO, è una serie anime andata in onda in Giappone dal 7 luglio al 22 dicembre 2012. La serie, composta da venticinque episodi per quanto riguarda la prima stagione, è tratta da una light novel (originariamente una web novel) scritta da Reki Kawahara. L’anime in questione fu realizzato dallo studio A-1 Pictures, il quale affidò la regia a Tomohiko Itō per la prima e la seconda stagione.

“Sword Art Online” ha riscontrato moltissimo successo sin dal suo debutto, divenendo una delle serie di light novel più vendute in Giappone nel 2012. Anche l’anime ha avuto molto successo, tanto da essere premiato come migliore serie televisiva del 2012 al festival Tokyo Anime Award 2013.
Inoltre sono state pubblicate alcune serie manga, edite anche in Italia grazie a J-Pop.

Con questa recensione però vorrei soffermarmi alla prima stagione di SAO e ai due archi narrativi, che contano in totale venticinque episodi, che la compongono.
Se si gira un po’ qua e là sul web, anche leggendo tra le recensioni di AnimeClick.it, troverete pareri molto diversi tra loro riguardo a questo titolo: c’è chi lo elogia, consigliandolo a tutti e riempiendolo di belle parole, e chi addirittura lo etichetta come un titolo pericoloso, non risparmiandosi ovviamente gli insulti.
Beh, come la penso io? A parer mio la verità, anche in questo caso, sta nel mezzo, anzi, forse un po’ più in là, come potrete vedere anche dal mio voto.
Spesso, quando si parla di opere con questo spessore e con questi numeri a livello di vendite e visibilità, si fa molta fatica a valutare il titolo in questione in modo oggettivo e rigoroso. La componente emotiva, come è ovvio che sia, emerge sempre, ma in questi casi emerge ancor di più e, lo ammetto, anche la mia recensione ne è ovviamente imbevuta.
Abbiamo già avuto a che fare in passato con titoli considerati da alcuni come dei capolavori e da altri come della spazzatura che ha avuto successo: “Dragon Ball”, “Naruto”, “Death Note”, “Saint Seiya”, “One Piece”, giusto per citarvene alcuni. Purtroppo, o per fortuna, questa è una conseguenza del successo, nonché una sua ovvietà.

In questa recensione non voglio ricapitolarvi la trama, è già abbastanza nota e facilmente trovabile in rete. Però, per quanto riguarda l’idea di base non posso che spendere parole positive per “Sword Art Online”.
Nell’anime infatti uno dei temi principali è il rapporto fra i sentimenti umani, come l’amicizia e l’amore, che si sviluppano all’interno di una realtà virtuale e fantascientifica di un futuro non troppo lontano dal nostro.
Questo tema si sviluppa in un contesto abbastanza comune e forse, potrei anche dire, un po’ già visto qua e là: la realtà virtuale di un videogioco online di ruolo multigiocatore, si tratta quindi dell'ambientazione di un gioco massively multiplayer online. Videogioco in cui, ovviamente, nascono nuove amicizie, si combatte, nascono nuovi amori, si sogna, ci si diverte e soprattutto ci si emoziona. Proprio questa parola, emozione, è una delle parole chiave di “Sword Art Online”.
Insomma, un’idea di base semplice, sviluppata in modo abbastanza complesso all’interno di una cornice facilmente intuibile e comprensibile dallo spettatore, entro cui trattare temi più importanti e complessi come quelli sopra citati.
Proprio qui però iniziano i problemi e, proprio qui, penso sia opportuno ragionare, considerando i due archi narrativi come un qualcosa di ben distinto. Ci tengo a precisare che cercherò di non entrare nello specifico, anche per evitare fastidiosi spoiler.
Il problema di “Sword Art Online”, secondo me, sta soprattutto nello sviluppo altalenante della storia. Ricordo di essermi praticamente quasi emozionato vedendo il primo episodio, poi però, già guardando il secondo, è arrivata la noia, per poi tornare ad essere sorpreso positivamente con il terzo. E così via, un’altalena di emozioni.
Insomma, SAO, sotto questo punto di vista, non riesce a mantenere la linearità e la continuità che solitamente contraddistinguono i capolavori, soprattutto se consideriamo il secondo arco narrativo che, in linea di massima, si presenta come un salto nel vuoto di testa, e a livello qualitativo è un peggioramento unico e continuo, o quasi.
Ci sono però alcuni aspetti estremamente positivi di questa serie, come il character design, le ambientazioni, i combattimenti, gli effetti scenici, gli aspetti psicologici dei personaggi, le musiche e le sensazioni che vengono trasmesse.
Bellissime, ma veramente molto, ma molto belle, sono le ambientazioni, talmente ben riuscite che catturano lo spettatore sino quasi a immergerlo emotivamente all’interno della storia; viene creato benissimo un piccolo grande mondo virtuale all’interno del quale si muovono i giocatori, gli edifici sono precisi e le città sono molto realistiche. Gli sfondi sono mozzafiato, sono curati e limpidi, sono sicuramente tra gli elementi forti di quest’opera.
Piccola considerazione sui personaggi, piccola ma negativa. Ecco, i personaggi sono pessimi sotto troppi punti vista.
Kirito, protagonista stereotipato, è silenzioso, talentuoso e apparentemente freddo, motivo per cui viene apprezzato spesso dalle ragazze che incontra lungo il suo percorso. Ecco, per quanto riguarda Kirito, potrei rimanere anche sulla sufficienza come livello di personaggio, ma per quanto riguarda Asuna no, personaggio con buone qualità ma sfruttate malissimo all’interno del racconto. Anche il personaggio di Asuna sa abbastanza di già visto, eroina forte e seria, con un cuore d’oro e una serietà da fare invidia a molti, che però, succube e innamorata di Kirito, passa sempre più in secondo piano sino alla disfatta totale nel secondo arco narrativo, quando assume il ruolo stile principessa da salvare quasi alla fiaba di Charles Perrault. Per questo, e per altri motivi che potrete facilmente intuire guardando questa serie, Adam Facey di “The Muse”, come riporta Wikipedia, ha criticato SAO per essere sessista e per aver reso Asuna e gli altri personaggi femminili troppo sessualizzati, critica che mi sento di condividere.
Riallacciandomi a questo discorso, vorrei muovere un’ulteriore critica nei confronti di un fanservice disgustoso e a tratti raccapricciante.

Insomma, in conclusione ci sono diversi aspetti positivi e diversi aspetti negativi all’interno di “Sword Art Online”; purtroppo quelli negativi hanno abbassato il mio voto, che rimane comunque più che sufficiente per svariati motivi.
Il successo raggiunto da SAO è comunque in parte meritato, non è un titolo destinato a tutti, ma può comunque appassionare senza problemi diverse fasce d’età.
Diciamo che è un discreto titolo con alcuni spunti interessanti e ottime caratteristiche che lo hanno reso un buon prodotto commerciale, bene a livello di intrattenimento. Il problema è che, a parer mio, “Sword Art Online” non ha molto più di ciò che ho descritto, è ricco di errori, pieno di ottimi spunti non sfruttati a dovere e uno sviluppo della storia decisamente scadente.
Insomma, consiglio di vederlo, come la maggior parte dei titoli di successo, però non aspettatevi troppo, perché potreste rimanerne delusi.