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6.0/10
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Parto dalla premessa che di “Ni no Kuni” non ho mai provato i giochi, e del titolo sapevo solo che ricalca lo stile Ghibli, cosa evidentissima anche per chi non lo sapesse.
Mi sono approcciata al film sia per la curiosità data dallo stile sia perché la trama - seppur banale - mi sembrava carina... il classico film da vedere senza enormi aspettative, sostanzialmente.

Nonostante la visione sia stata più che piacevole, devo ammettere che - a distanza di un paio di giorni e a mente più lucida - la pellicola non sia assolutamente niente di eccezionale.
Andiamo con ordine. Il film vede protagonisti Yu ed Haru, due liceali amici per la pelle che caratterialmente sono agli opposti: Haru è forte, determinato, popolare e sportivo; Yu è più timido e riservato, ed è costretto, fin da bambino, a stare su una sedia a rotelle. La cosa che li accomuna, oltre alla loro insolita amicizia, è l’amore che provano per la stessa ragazza, Kotona. Quando, però, un giorno Kotona viene aggredita in strada e rischia di morire, i due amici vengono catapultati in un mondo parallelo, collegato al proprio, in cui scopriranno che esistono le versioni alternative di tutte le persone che conoscono, tra cui Astrid, principessa del luogo, che è identica proprio a Kotona.
Per poter tornare indietro e salvare la ragazza, i due amici si renderanno presto conto di dover salvare anche Astrid...

La trama, come dicevo, non ha niente di originale, di incipit così ne abbiamo a bizzeffe, quindi sarebbe opportuno partire già senza aspettarsi plot twist eclatanti o cambiamenti significativi al genere.
Tuttavia, ciò che mi ha fatto storcere il naso, oltre a una sceneggiatura un po’ altalenante, sono proprio i personaggi: a parte Haru e Yu, che vengono sondati un minimo, gli altri sono lasciati molto più allo sbando, o addirittura si cerca di donare loro delle storie e dei background in tempo minimo. Basti pensare al principale villain (di cui eviterò il nome, onde evitare spoiler), che in meno di due minuti si palesa come tale, raccontando i motivi per cui lo è diventato. Non dà minimamente il tempo allo spettatore di empatizzare con la sua causa, per quanto triste dovrebbe essere… anche Astrid/Kotona, a cui gira attorno tutta l’avventura, ha una caratterizzazione troppo scarna, nonostante il suo ruolo. I personaggi che li circondano occupano solo dei ruoli definiti, senza nulla di aggiunto.

Come dicevo, anche alcune scelte narrative sono lasciate al caso, aggiunte in maniera un po’ troppo frettolosa, giusto per mandare avanti la storia (un esempio è la scena in cui Yu riesce a farsi guidare dal leggendario uccello, perché è come se “lui dovesse essere per forza un eroe”, ma non viene approfondita la loro connessione. Considerato, infatti, che effettivamente Yu fa davvero un atto eroico nel finale, penso sarebbe stata sufficiente una diversa disposizione degli eventi...).

Ci sono piccole incongruenze anche verso la fine: ad esempio, sappiamo che i personaggi dei due mondi sono collegati (se uno di loro muore, muore anche quello dell’altro mondo), eppure Kotona non riesce a ricordare l’aggressione subita, quando le cose vengono sistemate, mentre la signorina Saki se ne ricorda, seppure il contesto sia simile.
L’unico altro difetto che ho riscontrato è dato dalla CG.

Come ho sottolineato all’inizio, tuttavia, il film mi è sembrato - tutto sommato - una visione piacevole, nonostante gli evidenti difetti. Forse perché il proposito di affrontare qualche tematica interessante (la disabilità di Yu, con la sua conseguente messa in scena del suo dolore di non poter salvare la donna che ama, ad esempio) c’è ed è evidente, per quanto poi cali nel prosieguo della pellicola.
I plot twist sono invece decisamente semplici e intuibili fin da subito, anche se non tentano di essere il punto forte del film. Più carino è il comparto musicale.

Sostanzialmente, mi trovo in difficoltà a dire se consiglio o meno il titolo. A conti fatti direi di sì, se si vuole passare un’oretta e mezza di relax, senza cercare opere più impegnative.