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«Tokyo Revengers» (originalmente “Tokyo卍Revengers” con il simbolo manji 卍) è un anime, tratto da un manga scritto e disegnato da Ken Wakui, che unisce due tematiche creando qualcosa di nuovo.

Takemichi Hanagaki è un giovane di ventisei anni, ha un lavoro precario, vive in una casa sporca e nella sua vita ha avuto una sola fidanzata tanti anni fa. Ricorda con gioia e malinconia il periodo più bello della sua vita, quando aveva amici e quella fidanzata ai tempi in cui aveva quattordici anni. Un giorno sente una notizia al telegiornale: Tachibana, fratello e sorella, sono morti in quello che sembra essere solo un caso, per opera di una organizzazione criminale. Hinata Tachibana era proprio quella fidanzata, poco male in fondo, non ricorda nemmeno il suo viso. Takemichi torna alla sua vita; mentre è perso nelle sue solite lamentele in attesa di un treno, una mano lo spinge, facendolo finire fra i binari, il treno arriva... E torna a rivivere i suoi quattordici anni, non capendo se sia un sogno o la realtà. Cosa lo ha fatto viaggiare nel tempo? E cosa lo può riportare nel suo futuro, senza incontrare la morte a cui sembrava destinato? Ma soprattutto chi ha cercato di ucciderlo e perché, visto la vita che conduceva?

La storia è lunga, al momento in cui scrivo è uscito il ventiquattresimo volume in Giappone (in Italia siamo al sesto volume, questa parte dell’anime lo supera), ma il fatto di trovarci di fronte a una storia molto lunga lo si capisce già dai primi minuti dell’anime. Non dobbiamo pensare di ricevere subito tutte le risposte, e non dobbiamo pensare che siano subito convincenti, visto che ci saranno fornite attraverso le azioni e i ragionamenti di chi si ritiene un fallito. C’è altro, c’è molto altro, c’è molto che non sappiamo, questo è un pensiero che ci accompagnerà sino all’ultimo episodio, alle poche risposte evasive che avremo altre, tante, domande si aggiungeranno, sarà bravura dell’autore convincerci della loro validità a storia finita.

La storia unisce due elementi, la lotta fra le bande giovanili e i viaggi nel tempo, che sia un connubio ben riuscito solo lo spettatore potrà deciderlo.

Il viaggio nel tempo è sempre un qualcosa che affascina, ci si ragiona sempre sopra e sicuramente lo spettatore avrà un’idea più chiara rispetto al protagonista.
Il fattore scatenante dei viaggi del tempo nell’anime è il paradosso che nasce quando il protagonista ha agito per la prima volta nel passato, cambiando il suo presente. Alcune regole saranno subito chiare: viaggia per dodici anni avanti e indietro nel tempo, ma il tempo scorre in entrambi i flussi temporali, quindi non può rivivere per due volte un evento nel passato. Se, nei suoi viaggi nel passato, dovesse morire qualcuno, non c’è possibilità di salvarlo. Non può scegliere in che data tornare, per viaggiare dovrà incontrare una certa persona, ma, se questa persona dovesse morire in quei dodici anni in cui viaggia nel tempo nel futuro, in nessun modo il protagonista potrebbe viaggiare ancora nel tempo. Questo significa che, come insegna il film “The Butterfly Effect”, si deve cambiare il passato il meno possibile, per non causare stravolgimenti nel futuro, ma si vede che Takemichi non ha mai visto quel film, rischiando molto più del dovuto. Le spiegazioni fornite sul fattore scatenante al momento non sono convincenti, mancando di unicità potrebbe far pensare che ne potrebbero nascerne altri, sia di viaggiatori che di porte con cui viaggiare.

Vuoti di memoria immotivati: il protagonista soffre di amnesia continua, questa sarà l’unica spiegazione che lo spettatore si darà per fargli piacere il personaggio, che altrimenti sarebbe da detestare.
Partendo dal fatto che non ricorda quasi nulla del suo passato, ma, volendo fuggire dai tristi ricordi, è anche comprensibile, il problema è che ogni volta che cambia il passato e ritorna nel suo presente dovrebbe ricordare quello che ha vissuto, la sua memoria dovrebbe aggiornarsi, ma non ricorderà mai nulla. Riflettendoci, l’unica soluzione è quella che esistono due differenti Takemichi con due memorie distinte: quando va nel passato, cambia gli eventi, quando torna nel futuro, si sostituisce alla persona che aveva vissuto quella nuova vita. Se decidesse di continuare la vita nel futuro, quella persona con quei ricordi morirebbe. Per quanto affascinante come teoria, alcuni flashback di pochissimi istanti e confusi potrebbero tanto essere la prova tanto negare tale discorso.

La storia dei tanti teppisti è la parte meglio costruita, grazie ai tanti personaggi carismatici: i vari Mikey (il quale risalta più degli altri), il saggio e forte Draken, l'intelligente Baji e Tetta Kisaki rubano la scena, lasciando il protagonista solo uno spettatore degli eventi, e dovrà essere esortato, tanto, troppo, per capire che forse dovrebbe agire, essendo l’unico che sa cosa accadrà, ma lo dimenticherà spesso. Sa chi morirà e chi no, quindi si dovrebbe concentrare unicamente su chi sa di essere in pericolo, fra l’altro il motivo del viaggio del tempo, ma inizialmente si farà trascinare dagli eventi come se non sapesse nulla del futuro.

Il protagonista si troverà costretto a crescere, almeno a parole, viste tutte le scene a cui assisterà, ma, non brillando in nulla e rimanendo passivo per quasi tutto il tempo, agendo talmente in ritardo, che si ritrova costretto a farlo, dovrà crescere ancora. Per quanto possiamo considerarlo un bravo incassatore senza alcun motivo, doveva essere morto almeno un paio di volte. Si diventa resistenti e agili allenandosi in qualche modo, non solo volendolo; certo, talvolta sviene, ma solo quando farlo non comporta grossi cambiamenti, e non si decide quando svenire.

Qualcuno potrà storcere il naso, pensando che questi ragazzi hanno quindici anni e sembra che abbiano avuto un trascorso di trenta; in questi casi ricordo sempre che nella realtà esistono ragazzi di quindici con un trascorso che neanche a quarant’anni si è mai avuto, come esistono cinquantenni che hanno vissuto la loro vita all’interno di una bolla: ciò che fa crescere una persona sono le esperienze di vita, soprattutto quelle che non si vorrebbero vivere.

Invece un qualcosa che stona è l’assenza, almeno per quanto si vedrà nell’anime, della yakuza, che nella realtà spesso si nasconde dietro alla presenza di gang giovanili. Tali bande sostituiscono di fatto le organizzazioni criminali, diventando loro stesse la yakuza.

Talvolta alcuni si troveranno di fronte a scelte estreme: quando sai che ti rimane poco da vivere, è anche giusto decidere come morire, di certo le ambulanze vengono chiamate sempre in ritardo e i primi soccorsi non vengono mai prestati, sono proprio dei criminali.

L’anime segue fedelmente il manga, senza mai discostarsi dal narrato. Lato musiche deludono la opening, “Baby Cry” di Official Hige Dandism è trascurabile, mentre risultano più esaltanti le ending: eill canterà “Koko de Iki o Shite” per i primi dodici episodi, mentre per i rimanenti sentiremo "Tokyo Wonder" di Nakimushi, che poteva essere tranquillamente l’opening che la serie meritava. Qualche buona OST c’è, ma sono poche.

Le animazioni sono a cura della Liden Films (che ha curato fra i tanti la prima serie di “Terra Formars”, OAV - OAD compresi, “Phantom in the Twilight”, “L'Immortale”, “Urasekai Picnic”), raggiungono stranamente solo la sufficienza, non brillando nemmeno durante le scene di combattimento, penalizzate anche dalle censure che non ci faranno vedere diverse scene; un esempio è la lotta fra Takemichi Hanagaki e Kiyomasa, un peccato. I disegni sono buoni, soprattutto nei primi piani che risultano spesso ad effetto. Il doppiaggio è su ottimi livelli, i doppiatori sono quasi tutti molto giovani ma sempre convincenti nei loro ruoli, segnalo giusto il buon doppiaggio di Ai Fairouz (Jolyne Kūjō) sul giovane Mikey.

Criminali censurati: tutto parte dal nome della banda principale protagonista della serie, “Tokyo Manji Gang”. Il manji è simbolo rappresentato da (卍), che ricorda il simbolo utilizzato dai nazisti (卐), ma in realtà sono entrambe versioni della croce uncinata, semplicemente ne cambia il verso. Storicamente, è solo un accenno che non si vuole approfondire in questa sede, ma proprio per la confusione che quel simbolo potrebbe causare nel resto del mondo si è voluto cancellarlo completamente dalla serie.
Siamo al limite del paradosso: si elimina il simbolo di una banda per cui l’orgoglio è tutto.
La stessa Crunchyroll ha dovuto precisare che si tratta del materiale consegnato dal Giappone.
Il comparto visivo risulta pesantemente penalizzato dalla presenza di queste fastidiose censure: fra fasci di luce, primi piani e scene che si ripetono, alcune fra le migliori sequenze dell’anime della prima parte non le vedremo; tale obbrobrio non risparmia neanche le sigle. Emblematica la scena in cui si vede la bandiera sventolare su un palo, vedremo solo il palo. Le censure diventano più furbe negli episodi successivi, quando decidono di eliminare il simbolo (o talvolta proprio l’intera scritta) dall’abito dei tanti personaggi.

In definitiva, lo consiglio più a chi preferisce storie di lotte fra bande giovanili rispetto a chi ama i viaggi nel tempo, in quanto in questa parte risulta più curato il primo aspetto.