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Dopo aver visto – e recensito - l’anime – mi sono talmente “invaghito” della storia che ho pensato bene di procurarmi il romanzo di Yoru Sumino e il manga (lo so, ho fatto il percorso logico “inverso”, e chiedo venia…).

Che scrivere sulla novel? Rischierei di ripetere quanto scritto nella recensione dell’anime.
La trama parte dal finale tragico e ripercorre gli ultimi quattro mesi di interazione e frequentazione tra Haruki Shiga, il protagonista “narrante”, e Sakura Yamauchi, per poi riprendere e terminare la narrazione con un fast forward di un anno a conclusione di un “percorso” di vita tanto breve quanto intenso, una sorta di spettacolo “pirotecnico”… al cui termine resta il gusto dell’agrodolce per quello che poteva essere … e non è stato…

Il romanzo, rispetto all’anime, rende molto meglio i dialoghi tra i due protagonisti: lo stile di Sumino mi ha affascinato. Pur nella essenzialità dei dialoghi, dei botta e risposta conditi dalle riflessioni e impressioni di Haruki, vengono espresse delle riflessioni sulla vita, sull’amicizia, sull’amore che stento a credere che possano essere espresse da ragazzi di, credo, 17 anni…

E se già l’anime mi aveva colpito, il libro enfatizza al meglio i concetti che vuole trasmettere con un’alternanza di momenti quasi ilari e spensierati a momenti di introspezione condensati in poche battute intrise di quella sintesi che poi è il dono dei “koan” buddisti… affermazioni quasi paradossali utilizzate per aiutare la meditazione sulla esistenza per raggiungere la profonda consapevolezza di essa. E a mio avviso, il romanzo è intriso della visione buddista della vita e dell’uomo, vedi la citazione di Sakura sulla “verità” e sulla “quotidianità” con cui definisce il rapporto che tenta di costruire con Haruki.

Haruki è un ragazzo a dir poco molto introverso e con una weltanschauung tutta sua: non parla o stringe rapporti con alcuno a meno che la cosa non porti un vantaggio e passa la maggior parte del suo tempo leggendo libri in solitudine. A scuola è una sorta di “alieno” per tutti… Ma, è un ragazzo a suo modo già “maturo”, che ha trovato la sua consapevolezza in se stesso, in quello che crede e fa, senza “compromessi”…

Sakura è l’esatto contrario: solare, estroversa, intraprendente, sensibile e intelligente, curiosa e determinata, … insomma la vitalità in persona … nonostante la consapevolezza della malattia che la porterà in poco tempo alla morte che cerca sempre di affrontare non “esorcizzandola” o “combattendola”, ma godendo di tutti gli istanti che le restano in un modo che farebbero impallidire chiunque, anche quello più disincantato e distaccato dalle questioni terrene… Ma, come si vedrà, è anche molto umorale, a tratti infantile, pigra e fragile…

Insomma, sembrano un po’ lo “Yin” e lo “Yang” di cinese memoria: la notte e il giorno. Due poli in apparenza opposti che come tali si fonderanno “spiritualmente” in una vicenda amara e contemporaneamente dolce di vita e di morte e di un amore profondo mai vissuto … nel classico stile nipponico che apprezzo tantissimo: delicato, metaforico e sensibile… in un termine: “poetico”.

Ho scritto due poli in apparenza opposti perché entrambi soffrono a loro modo di un “male” che li accomuna: la solitudine.

Per Haruki è una scelta per difendersi da tutto ciò che lo mette a disagio (e da quanto si capisce sono molte le cose che lo terrorizzano…); Per Sakura è una reazione di necessità al fato avverso: il non poter/voler condividere il suo status per non essere compatita in modo continuo da chi la circonda la porta ad “isolarsi” (non tanto dalle persone, di cui ama circondarsi, ma dalla “pienezza” della vita) e a vivere in modo “parziale” la sua esistenza, soffrendo in modo direttamente proporzionale all’avvicinarsi del termine della vita.

Ecco la bizzarria della loro possibile storia d’amore: si avvicinano l’una all’altro per “crescere”… In realtà Haruki fino alla fine era più “ossessionato” da cosa pensava su di lui Sakura e quando si ritroverà “sparata” in faccia la cruda verità (attraverso la lettura del “Diario della convivenza con la malattia” di Sakura), realizza cosa non è riuscito a beneficiare della pienezza del rapporto con lei ... e gli farà parecchio "male" ...

In fondo in più occasioni Sakura ha provato a manifestargli i suoi sentimenti ma vuoi per il suo carattere “debole”, vuoi per l’atteggiamento poco attivo e molto scostante di Haruki non si arriverà mai all’happy end… e ciò risulterà chiaro ad Haruki (e al lettore) solo alla fine… quando proprio la morte non arriverà quando tutti se l’aspettavano …

A distanza di un anno dalla morte di Sakura, Haruki sembra essere riuscito a “far pace con se stesso” e con ciò che lo circonda. E il finale del libro, mutatis mutandis, sembra ispirarsi a quanto ho avuto modo di leggere in una intervista di un noto attore romano che ha sintetizzato la sua esistenza: “Ho attraversato il dolore e il dolore mi ha cambiato. Ero più riservato, ma adesso che gli anni passano e la corda brucia da entrambi i lati è come se sentissi un’urgenza e avvertissi la fretta di non perdere tempo e di sbrigarmi: ad incontrare gli altri, a stringere rapporti, a vivere, se capitano, delle storie d’amore… La vita, dicono a Roma, è un mozzico” (Marco Giallini).