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Dopo aver visto “High School Dxd New”, la seconda stagione dell’omonima serie animata, sono sempre più convinto di due cose. La prima è che la formula per l’anime perfetto non esiste, salvo forse rare eccezioni, perché qualche sbavatura la si trova sempre, anche se si visiona un’opera lasciando da parte lo spirito critico. Per inciso, non ho mai pensato che questa serie potesse raggiungere la perfezione, però mi ha ispirato questa, neanche tanto acuta, riflessione. La seconda, invece, è che per creare un anime di buon livello bastano pochi ingredienti, e neanche troppo sofisticati. Una storia avvincente, il che non implica il fattore originalità, in grado di intrattenere lo spettatore. Dei buoni personaggi, psicologicamente anche poco elaborati, ma con una propria etica e morale. Comicità nella giusta misura, perché ridere fa bene all’anima. Un’onesta dose di fanservice, oppai e, se si tratta di un harem-ecchi, come in questo caso, una miriade di situazioni equivoche e fraintendibili. In questo modo, è quasi impossibile che l’attenzione dello spettatore venga meno durante la visione di una puntata, a meno che non si soffra di qualche deficit particolare. Tutti questi elementi insieme danno vita all’intera saga di “High School DxD”.

In questa seconda stagione, il nostro pervertito preferito, Hyodou Issei, si trova alle prese con nuovi spiacevoli inconvenienti. Da un lato, l’emergere di questioni irrisolte legate al passato di Kiba, personaggio largamente approfondito nel corso di queste nuove puntate, e alle sette spade sacre. Dall’altro, l’arrivo in città di un antico rivale del drago rosso di Issei, Draig, ovvero il Drago Bianco Albion. Insieme alla possibilità di un nuovo conflitto tra le tre fazioni da sempre in lotta, Issei avrà, anche questa stagione, un bel da fare. Tutto questo, però, senza mai dimenticare il proprio sogno, la ragione per cui combatte, diventare un demone di alto rango per avere un harem personale.

La linea d’onda è la stessa della prima stagione. Gli autori propongo una storia avvincente e convincente che, nella sua semplicità, non manca di qualche colpo di scena davvero interessante. Il passato da fedele della Chiesa di Kiba, le vere origini di Akeno e, tra tutti, quello più sconvolgente, l’esito finale dell’ultimo scontro tra angeli, angeli caduti e demoni. Il tutto raccontato nel segno della trasparenza. Niente mezzi termini o metafore complicate. La famosissima pillola indorata. E questo è uno dei motivi principali per cui apprezzo profondamente questa serie, perché di scervellarmi a leggere tra le righe o cogliere oscure allusioni, non ne ho minimamente voglia, almeno quando guardo anime leggeri come questo. Si lascia, inoltre, ampio spazio ai combattimenti, in cui si sfoggiano poteri nuovi, in grado di fare invidia al miglior Yabuno. Esteticamente non stupendi e tecnicamente non eccelsi, ma questo sarebbe stato chiedere troppo. Segno di avidità, cosa che io rifuggo. Vengono introdotti nuovi personaggi, di cui si racconta la lore, e a cui non puoi non affezionarti, compreso quel bastardello di Gaspar, il demone vampiro, uomo sulla carta d’identità, ma loli ragazzina nei comportamenti e nel modo di vestire. Potrei dare innumerevoli spiegazioni sul perché io non abbia apprezzato questa scelta, mi basta però dire questo: “Ce n’era veramente bisogno?”.
Ottimi anche gli antagonisti, per cui, qualche volta, potreste trovarvi a parteggiare. Dialoghi sicuramente banali, talvolta melensi, che avrei aspramente criticato in altra sede, perché è bene ricordare che il due pesi, due misure esiste e tutti gli esseri umani lo applicano. Infine, l’elemento clou, le oppai. È lampante il fatto che, chi si approccia a questa serie, lo fa principalmente per questo. D’altronde, gli autori hanno fatto un lavoro pregevole nel disegnarne le forme, molto in stile Go Nagai. Eppure, chi è arrivato fin qui, a vedere anche la seconda stagione, ha sicuramente riconosciuto il vero potenziale di una serie che fa delle oppai il suo punto forte, ma, a dispetto delle apparenze, ha molto altro da offrire. Provare per credere.