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5.0/10
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Ottime potenzialità per qualcosa di veramente assurdo e originale, vanificate da una sciatteria generale e una mancanza di idee (vogliamo chiamarla pigrizia?) che banalizzano l'opera al punto da renderla tanto prevedibile quanto ripetitiva.

Il manga parte bene, primi tre volumi interessanti. Carina la storia tra Rei e Papiko, lui minorenne, lei attrice hard, con conseguenti, ovvie, problematiche derivate da tale situazione, gestite in maniera piuttosto ordinaria ma potenzialmente imprevedibili per lo sviluppo della vicenda. A unirli una serie di inspiegabili catastrofi, annunciate tramite votazione su un sito internet, primo fattore non-sense che lo rende tanto inspiegabile quanto intrigante, con utenti estasiati all'idea di vedere metropoli distrutte da demoni giganti. Papiko entra in possesso di un apparecchio che le permette di diventare gigante a piacimento, anche qui con tutte le implicazioni del caso (a mio avviso troppo poco sfruttate), e quando tutto inizia a farsi interessante... le idee vengono meno.

Appare lampante il calo qualitativo tra i primi volumi e il resto dell'opera, che si trascina stancamente per tutti i capitoli successivi adottando le medesime situazioni senza evolvere pressoché di nulla la vicenda, con pagine e pagine di combattimenti tutti uguali che si risolvono alla medesima maniera, facendo perno unicamente sulle generosità mammarie di Papiko, che ricorre al medesimo escamotage per farli fuori, tanto da aver l'impressione di star rileggendo un volume già letto in passato, sensazione che più volte farà capolino.
Tutto è trattato superficialmente, non riesce a legare con alcun personaggio ad eccezione di Papiko. Rei non evolve mai, il resto del cast è ridotto a inutili macchiette. Quando vorrebbe strappare una risata risulta cringe, quando potrebbe divertire adotta la soluzione più semplice e si prosegue la lettura per inerzia, nella speranza che prima o poi si risollevi, cosa che non accade.

Non è questione di trash, di non-sense, di assurdità (tutte cose che adoro), ma di come l'opera solo in apparenza ricorra a questi elementi più come scusanti che come tratto distintivo, quasi per giustificare la sciatteria con la quale tutto viene trattato, dai dialoghi, la ritmo, alla mancanza di idee (la sensazione di non andare a parare da nessuna parte è costante), fino alla rivelazione, piuttosto insulsa e alla chiusa finale, sbrigativa, priva del pathos che avrebbe potuto generare, a riprova della stanchezza realizzativa dell'opera, sulla carta libera di spaziare tra generi e soluzioni originali a briglia sciolta, per finire invece ad afflosciarsi su sé stessa, lasciando più amarezza che divertimento.

Lasciate perdere.