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7.0/10
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Ricordo ancora il giorno in cui mi fu consigliato, proprio su questo sito, l’anime di “Planetes”. Ero reduce da due giorni di forcing matto, durante i quali mi ero visto, tutte d’un fiato, le ventiquattro puntate di “Darling in the FRANXX”, di cui conservo un ricordo bellissimo, eccetto per il finale. Il giovane me rimase piuttosto traumatizzato dal modo in cui si concludeva la storia, bello, ma assolutamente drammatico. Probabilmente meno di quanti molti di voi si aspetterebbero, ma, se si toccano le note giuste, mi ci vuole poco a diventare una fontana ambulante. Fatto sta, che cercai conforto proprio qui sul sito e in molti mi consigliarono di iniziare subito un nuovo anime, stando al detto che, morto un papa, se ne fa un altro. I consigli che mi arrivarono non furono pochi e, tra questi, c’era proprio “Planetes”, che, a detta di molti, sarebbe riuscito ad emozionarmi quanto e più di “Darling in the FRANXX”. Acconsentii, dunque, a metterlo in lista e da quel giorno è passato quasi un anno e mezzo. Non so spiegarmi come, ma tra pigrizia mia personale e una lista di cose da vedere sempre in aumento, in concomitanza al fatto che ormai ventiquattro ore in una giornata non mi bastano più, queste sono state le tempistiche. A dire il vero, anche la trama non mi stuzzicava molto, ma alla fine ho deciso di vedere “Planetes” e a chi me lo ha consigliato voglio dire grazie, per quanto poi, per i motivi elencati di seguito, non lo rivedrei una seconda volta.

La storia è ambientata nel lontano 2075, quando per l'umanità i viaggi nello spazio non sono più un sogno, ma una realtà di tutti i giorni. I progressi tecnologici e scientifici hanno portato alla colonizzazione della Luna e alla formazione di grandi corporazioni spaziali. Ai Tanabe, una ragazza dal carattere solare e ottimista, interessata a tutto ciò che riguarda il cosmo, si unisce alla Technora Corporation come membro della Sezione Detriti, un reparto dedicato alla rimozione dei pericolosi rifiuti spaziali vaganti tra le orbite terrestri e lunari. Tuttavia, scoprirà presto che il suo lavoro è sottovalutato, e che la Sezione Detriti, scarsamente equipaggiata, e mal finanziata, è vista come lo zimbello della Technora, tanto da essere stata ribattezzata “Mezza Sezione”. Nonostante ciò, Ai non si lascia scoraggiare e prosegue sulla sua strada, facendo la conoscenza dei suoi eccentrici colleghi di lavoro: il maldestro ma bonario direttore Philippe Myers, il cabarettista Arvind Laviela, l’autoritaria tenente Fee Carmichael, il taciturno Yuri Mihailokov, la misteriosa e riservata Edelgard Rivera, ma soprattutto Hachirota Hoshino, una testa calda che ambisce a possedere una navicella spaziale che porti il suo nome. Iniziano così le avventure di Ai nello spazio, alla scoperta di questo nuovo mondo, in cui l’essere umano ha imposto, come altrove, le sue leggi.

L’anime, che si compone di ventisei puntate, parte molto lentamente, assumendo sin da subito la conformazione di uno slice of life, formato da episodi autoconclusivi. Scorci di vita quotidiana nello spazio, tra questioni burocratiche e la raccolta giornaliera dei detriti, si accompagnano a maggiori approfondimenti sui protagonisti e i vari comprimari, ognuno con una storia degna di essere raccontata. I primissimi episodi puntano molto sul lato comico e quale sia il filo rosso della storia non lo si comprende di certo in questo frangente. La pazienza è la virtù dei forti e, infatti, se non la si possiede, è quasi impossibile superare indenni questa fase introduttiva della serie, che ho trovato fin troppo caciarona. Superato questo scoglio, si comincia a viaggiare sui binari giusti, le puntate assumono finalmente dei toni più seri, e le prime, profonde e filosofiche disquisizioni sulla vita e la morte danno nuova linfa vitale alla serie. Inoltre, ci si concentra molto sul tema dell’amore, grande leitmotiv della serie, in particolar modo, su quello che unisce Ai e Hachi e di come questo arrivi a cambiare le loro vite. Personalmente amo molto gli slice of life, viaggiare senza meta non mi dispiace affatto e proprio questa sarà la sensazione per i primi sedici episodi della serie, quello di un viaggio senza destinazione, ma che, nonostante questo, rimane piacevole. Giunti a poco più di metà viaggio, finalmente, qualcosa inizia a intravedersi all’orizzonte e la serie si trasforma, a poco a poco, in un thriller politico. D’altronde, per quanto l’ambientazione possa essere molto più che futuristica, trovandosi i nostri protagonisti nello spazio, gli artefici della storia sono pur sempre gli umani, in grado di imporre le proprie leggi discriminatorie anche nell’angolo più sperduto nel globo. Come sulla Terra, anche sulla Luna vale la legge del più forte, le nuove risorse scoperte restano appannaggio dei Paesi più ricchi e potenti, e ovunque l’uomo stabilisce dei confini e porta la guerra. È in questo frangente, che la serie giunge alle sue riflessioni più profonde e, per quanto risalenti a vent’anni fa, ancora attuali. Tutto molto interessante e coinvolgente, se non fosse per delle pesanti note negative, che minano la buona riuscita del prodotto. Innanzitutto, i protagonisti si snaturano completamente, primo su tutto Hachi. L'ambizione messa al primo posto e un cambiamento repentino, in peggio, nella sua personalità, lo rendono un personaggio quasi odioso. Per quanto la sua ambizione possa essere giusta e giustificata, trovo altrettanto giusto non condividere il suo punto di vista, come il sottoscritto. Segue un brusco cambiamento, da thriller politico a sparatutto nella puntata 23, che mi ha ricordato i bei giorni andati di “Call of Duty”, di certo non un bene per una serie con ben altre ambizioni. Infine, il paradosso, l’incredibile contraddizione che arriva a colpire tanto i personaggi, quanto ciò che fanno e dicono. Tutto viene messo in discussione, anche quei valori morali considerati intoccabili dal primo episodio. Ad un certo punto, a mio avviso, vengono meno le fondamenta stesse su cui, fino a quel momento, si era poggiata la serie, destinata purtroppo al collasso. E non ci sono riflessioni filosofiche che tengano, quando l’anime si contraddice da solo. Di una serie si ricorda soprattutto il finale e sbagliare proprio quello rappresenta una quasi condanna a morte. Proprio in quello che doveva essere il suo climax, la serie ha smesso di piacermi ed emozionarmi, portandomi a vedere le ultime puntate con estremo disinteresse.

Per essere un anime del 2003, è graficamente buono, ma sempre nella norma, senza picchi da registrare. Ottimo il doppiaggio italiano, di cui ho riconosciuto diverse voci che avevano già lavorato all’anime di “Slam Dunk”. Sensazionale il comparto musicale, che deve molto a Mikio Sikai, di cui ricorderò per sempre “Wonderful Life” e “Thanks My Friend”, e Hitomi, che con la sua voce delicata, quasi eterea, ha regalato a questa serie una colonna sonora perfetta, degno accompagnamento delle sue scene più significative.

Se proprio devo essere sincero con voi, per quanto mi possa dispiacere, vi sconsiglio la visione di “Planetes”. Gli episodi sono tanti e il rischio è quello di sprecare il vostro tempo. Potrei anche dirvi di iniziarlo e poi decidere, ma, per quanto mi riguarda, i problemi della serie sono tutti nel finale. Quindi, come sempre, a voi la scelta.