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"Brutto”
/brùt·to/
Aggettivo
1. Che riesce sgradevole o suscita contrarietà o repulsione sul piano dell'istinto o del giudizio estetico (opposto di bello): un uomo b. (anche s.m., f. -a : un b. che piace); b. come il demonio; un b. cane; un b. quartiere; una b. commedia; farsi b., fare il viso b., accigliarsi, farsi minaccioso; b. muso, duro, arcigno, ostile.

Cominciamo con una base da cui partire, esattamente come si cucina un dolce se non fossimo esperti di pasticceria o fossimo dei pessimi cuochi in generale, pronti a rimestare qualcosa d’inquietante e insipido: eccoci dunque a degustare un triste ammasso di ingredienti dal sapore di Scelta Sbagliata (sì, la scelta di volerlo vedere).
Una base dal funesto retrogusto apparentemente Natalizio (oh, se fosse stato Pasquale sarebbe stato uguale), completamente anacronistico. Pronti via e sembra di accendere la tanto cara, nostalgica Playstation 3, ammirandone la grafica ormai retro e ultra-superata: tale è la CG adoprata ne “Il Natale di Angela”, qualcosa che ricorda una intro di qualche giochetto indipendente, animato con esito mediocre.
Nato da una collaborazione fra Canada e Irlanda, si tratta di un corto animato digitale a tema appunto natalizio, il cui unico vero pregio è la breve durata.

A metà fra lagna propagandistica cristiana e fiabetta sbiadita, come già accennato, la qualità grafica è veramente troppo modesta rispetto a quasi tutte le altre produzioni contemporanee (imbarazzante l’abisso di distanza da Dreamworks o Disney), e nonostante si presenti nelle prime battute – e in alcuni camei - dolce, caldo e piacevole, e sfoggi una colonna sonora immersiva e adatta al tema, la somma di tutto ciò si dimostra banale, piatta e a tratti irritante causa l’insensatezza di numerosi elementi.

Angela è una bambina di inizio novecento che abita a Limerik, in Irlanda, unica sorella di quattro fratelli rimasti orfani di padre, membri di una famiglia molto povera nella quale è la madre ad occuparsi di tutto, costantemente aiutata e supportata dalla buona volontà di (quasi) tutta la prole. Giunge Natale, ed ella li porta alla messa di mezzanotte, ma è proprio al termine di questa che Angela, la nostra piccola (e paxxerella) protagonista deciderà di “aiutare” un altro “bambino” – più povero di lei – a proteggersi dal terribile freddo della notte dicembrina…
Nonostante le meste premesse a metà strada fra dolcezza e follia, lo sviluppo è ancora peggio: dallo schermo traspare il gelo della grande, rigida e granitica cittadina nordeuropea, i primi piani appannati dai tiepidi riverberi delle candele scandite da pixel grossolani, e le dolci luci della notte di Natale ci donano un’atmosfera vissuta e realistica, ma la resa dei personaggi immersi in tutto ciò, si rivela un mezzo disastro.
È giusto sottolineare che – mettendo le mani avanti - si tratta di una novella festiva dedicata ai più piccoli, ergo un target molto basso, uno sviluppo semplicissimo e fin troppo banale; il problema è che tutti questi tratti sono esasperati, e l’esito della storia non ha alcun senso: manca un finale, mancano dei punti di svolta, manca la qualità degli attimi che legherebbero i piccoli spettatori alla vicenda proprio come le grandi produzioni – o meglio, le ottime idee - sanno fare. È una trama lineare, semplicissima, per questo leggera e godibile, adatta sicuramente ad un pubblico infantile; va sicuramente vista con gli occhi di un bambino e accolta con lo stesso spirito, tuttavia, se messa a confronto con lavori di pari livello, target e fascia d’utenza, sfigura in modo imbarazzante.
L’unico pezzo cantato è mediocre, oserei dire agghiacciante: la perfetta definizione di “cringe”. L’adattamento italiano è ancora peggio.
Non si capisce perché la saccente voce narrante debba continuamente sottolineare, sin dalle prime battute determinate informazioni (o meglio, si sarebbe dovuto intuire, ma è narrato talmente male da far confondere e basta); alcune “rivelazioni” non hanno nessuna attinenza né con la storia, né con l’epilogo, e non v’è valenza alcuna nel rimarcarlo passo dopo passo all’interno della vicenda.
Già è un “corto” - e per definizione dura poco - ma se un terzo di questo lo riempi con scene, frasi e momenti morti, allora da “Corto” diventa “Morto”.
Omen-nomen.
Nella valutazione generale è proprio la trama a trascinarsi avanti rantolando nella sua stessa vacuità in cerca di scintille che non scoccano mai.
Le noiose parole del narratore suppongono che presto giungerà una grande rivelazione; qualcosa di potente, che dia un senso a tutta la vicenda, una svolta strappalacrime (?), ed invece questa non arriva mai. La parte finale tenta di farci sorridere ed intenerirci mostrandoci una situazione paradossale, quasi buffa, ma è solo un tentativo goffo e maldestro che non lascia traccia alcuna.
Facciamoci due agghiaccianti risate: se analizzassimo la situazione in modo freddo e distaccato (omettendo la dolce ingenuità con cui va obbligatoriamente presa tale opera), noteremmo solo una bambina dallo sguardo vacuo, la testa grossa come un’anguria deforme (resa con una grafica mediocre), che la notte di Natale scopre di essere una cleptomane squilibrata alle prime armi, ladra di statue di infanti seminudi, petulante ed esagitata, capace di allibire l’intera famiglia mentre gioca a fare la mamma facendo impazzire il parroco della città.
Roba che nemmeno il miglior David Lynch.

Nel complesso siamo di fronte a un film gravemente insufficiente, tecnicamente penoso (non ho proprio sopportato l’estetica dei volti e quei capoccioni da Funko Pop lanciati nel Microonde, lo squallore grafico generale, insipido e decisamente anacronistico per l’anno in cui è stato disegnato). Ma ciò che più delude, è l’aridità di contenuti trasversali o di ricchezza morale che spesso contraddistingue questo genere: magari zuccherosa e per nulla originale, rea di un dietrologismo pseudodisneyano, addirittura ipocrita se vogliamo, ma dalle buone e gentili intenzioni. Qui invece non c’è niente, a parte una spolverata di generica gentilezza che ci si aspetta come minimo sindacale, in un film indirizzato ai più piccoli. Una vera e propria mancanza, che ragionando col senno di poi, sembra frivola ma si fa sentire eccome.

Tirando le somme: basta un pizzico di maturità selettiva per trovarlo al limite dell’imbarazzante, e la tesi che agli occhi di un bimbo tutto questo possa non trasparire secondo me non regge affatto: esistono centinaia di film animati antecedenti a questo, capaci di farlo sfigurare spietatamente, e che scommetto la stragrande maggioranza della giovanissima utenza preferirebbe senza dubbio alcuno.
Ho visto natali migliori, e sentito narratori meno svitati.

Insomma, com'era il Natale di Angela?
Semplice: BRUTTO.