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6.0/10
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Kenji Tsuruta è un autore ricorsivo con una semantica autoriale definita e iterativa.
Le sue storie, eteree e dissolventi, soffrono spesso di un’inconsistenza narrativa piuttosto inficiante che sfocia nell'incompletezza e nell'incompiutezza, nonostante la brevità generale degli sviluppi.
Tuttavia a monopolizzare l’attenzione del lettore nei suoi manga sono i disegni, componente predominante di tutte le sue opere, essendo un illustratore, ancor prima che un mangaka. Tsuruta riesce a catapultarci nei suoi mondi con estrema disinvoltura, avvolgendoci in ambientazioni evocative che spesso strizzano l’occhio al fumetto europeo, senza però sottostare ad alcun tipo di stilema imposto.
“Forget me not” è ambientato a Venezia, e vede il fascino de “la Regina dell’Adriatico” esplodere in tavole di straordinaria levatura che la riflettono in tutta la sua caratteristica bellezza: dai vicoli stretti alle case galleggianti, dalle piazze rinascimentali agli immancabili canali lagunari.

Mariel è un’investigatrice privata che vive a Venezia a metà tra il lusso e l’indigenza. Il suo spirito vagabondo genera un armonico contrasto con la sfarzosa villa dove abita: la reggia del suo defunto nonno Pietro Venuti, il leggendario detective della laguna. Tuttavia il nonno ha lasciato scritto nel testamento che potrà beneficiare della sua immensa eredità soltanto chi ritroverà “Forget me not”, quadro dal valore incommensurabile di cui fu misteriosamente depredato anni prima. La pista seguita da Mariel per il ritrovamento del quadro la porta sulle tracce del misterioso “Vecchio ladrone”, un infallibile ladro specializzato nel furto di opere d’arte che si diverte a sfidare i poliziotti annunciando prima i suoi furti.

L’incipit è semplice e si sviluppa piuttosto lentamente, portandoci in quella placida quotidianità tipica degli slice of life, con il classico ritmo cadenzato tanto caro a Tsuruta e molto meno ai fan dell’azione convulsa. Nonostante una contestualizzazione accattivante, il lato mistery funziona fino a un certo punto, e l’identità “segreta” dell’antagonista è facile intuirla appena si familiarizza con i personaggi, dato anche il cast esiguo di comprimari che non lascia al lettore grossi margini d’errore nella risoluzione dell’enigma.

Le abilità da illustratore di Tsuruta saltano immediatamente all’occhio sin dalle primissime pagine a colori. Il suo diafano tratto pittorico cattura magistralmente “Quella certa tristezza di Venezia”, deliziandoci con tavole che possono essere fonte di studio per disegnatori e aspiranti tali.
Il chara della protagonista è dolce e al contempo conturbante, antesignano delle sue discinte eroine, sensuali ma maldestre, pigre, assonnate, sospese nella loro ingenua fanciullezza. Il sensei si cimenta sovente in scene di nudo mantenendo sempre una certa eleganza, senza mai scadere nella volgarità, facendo esercitare alle sue protagoniste, in questa commistione di erotismo e puerilità, una fascinazione ancora maggiore sul pubblico.

La grande nota negativa è che, nonostante la story-line principale compia la sua circolarità, preso come volume unico “Forget me not” risulta incompleto. Nel 2010, ben nove anni dopo la prima pubblicazione giapponese è uscito un sequel: “La Pomme Prisonnière”, che prosegue le avventure di Mariel riportandoci in un’immaginifica Venezia sospesa tra gondole e onirismo.