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“Visti come strani e insoliti, inferiori e bizzarri, così sono gli esseri diversi da piante e animali a noi familiari. Da tempo immemore, l’uomo ha temuto le creature dalle forme insolite, che col passare del tempo furono chiamate mushi.”

“Mushishi Zoku Shou” è una serie animata di venti puntate, mandata in onda nel 2014, e sequel diretto dell’altrettanto celebre “Mushishi”. Tratto dall’omonimo manga seinen di Yuki Urushibara e prodotto dallo studio d’animazione Artland, “Mushishi” è un anime che colpisce per la delicatezza con cui tratta certe tematiche e il forte impatto visivo delle fantastiche ambientazioni nipponiche di cui è pregno ogni singolo episodio.

In natura esistono i mushi, strane creature simili a insetti, invisibili alla maggior parte degli uomini; entità legate alla vita e alla natura in modo più profondo rispetto all'uomo, in grado di alterare, anche profondamente, la vita di tutte le creature con cui vengono a contatto. La storia segue le vicende di Ginko, un mushishi, un cacciatore, o per meglio dire, un esperto di mushi, che viaggia per tutto il Giappone senza fissa dimora per via della sua natura di attirare a sé queste particolari creature. Il suo compito è quello di risolvere i più disparati problemi causati dai mushi agli esseri umani. Ogni episodio è una nuova storia, un nuovo mushi di cui esplorare natura ed effetti, un modo per il mushishi errante di conoscere persone e creare legami in questo mondo.

La serie si compone unicamente ed esclusivamente di puntate autoconclusive, intermezzate da qualche episodio speciale, il cui filo di Arianna è rappresentato dalla figura di Ginko. Molto esigue sono le informazioni riguardanti il mushishi, centellinate nel corso di entrambe le stagioni e mai veramente esaustive. Ginko è e rimane un personaggio a tratti oscuro, che ha perso i ricordi relativi ai primi dieci anni della sua vita e vaga senza meta da quando era un ragazzo. La sua tendenza ad attirare a sé i mushi grava su di lui come una sorta di maledizione e lo costringe ad errare per tutto il Giappone, senza potersi fermare in un luogo per più di qualche giorno. A conti fatti, è la natura a rappresentare la sua unica e vera dimora, e proprio la natura stessa, con tutte le sue creature, è l’autentica protagonista della serie. “Mushishi” si fa portatrice di un importante messaggio ecologista e le varie storie, legate ognuna a un mushi diverso, consentono all’autore di trattare tematiche estremamente eterogenee, alcune anche molto profonde. Ogni episodio si impone come una vera e propria lezione di vita. L’intento didascalico è dichiarato e, proprio per questo, le puntate seguono un ritmo lento, ma senza mai risultare noiose. Ovviamente, non tutte le storie sono ugualmente belle ed emozionanti, ma riescono sempre a coinvolgere completamente lo spettatore, che si sentirà parte integrante della storia raccontata. Le tematiche trattate sono le più disparate: la diversità, la solitudine, il senso di colpa, la perdita, la bramosia di potere, l’amicizia e l’amore in tutte le sue sfaccettature, protendendo verso quello materno. In particolar modo, “Mushishi Zoku Shou” mostra una certa affinità con questo tema, risultando nel complesso più ripetitivo rispetto alla precedente stagione, ma a tratti più affascinante, anche solo per una semplice questione di familiarità acquisita col passare degli episodi. Più di ogni altra cosa, però, “Mushishi” vuole insegnarci a creare un legame giusto e benevolo con la natura, seguendo l’esempio di Ginko, sempre integerrimo e onesto nei confronti dei mushi, anche di quelli più “malvagi”. La natura ci dà la vita e rappresenta la prima casa di ogni essere umano, per questo motivo andrebbe preservata e trattata con cura e amore.

Non è solo di morale che vive l’uomo e, infatti, la bellezza di una serie come “Mushishi” sta anche nelle ambientazioni, tendenzialmente oscillanti tra quelle marine e altre montuose. Le animazioni sono fluide, i colori perfettamente equilibrati e i disegni di grande fattura. Essendo stato prodotto a circa dieci anni di distanza, ovviamente, “Mushishi Zoku Shou” si distingue per un miglioramento generale del comparto tecnico, senza che ciò comporti alcuna forma di snaturamento. Altrettanto pregevole è il comparto musicale. L’opening “Shiver” di Lucy Rose regge tranquillamente il confronto con la precedente “The Sore Feet Song” di Ally Kerr, e le musiche, rievocative del folklore giapponese, contribuiscono a rendere unici tutti gli episodi, ognuno dei quali si presenta come un viaggio in un mondo sconosciuto, al termine del quale non c’è sempre un messaggio di speranza, perché nella vita di tutti i giorni bisogna fare i conti anche con le delusioni. Così è la vita, direbbe un vecchio saggio, e “Mushishi” non fa nulla per sfuggire a questo realismo talvolta scoraggiante ma necessario.

Se cercate una visione impegnata e siete amanti dei seinen, questo potrebbe essere l’anime che fa al caso vostro.