Recensione
Suzume
7.0/10
Non c'è niente da fare. Makoto Shinkai riesce ancora una volta a fare centro con l'ennesimo masterpiece fantasy visivo. "Suzume" non si discosta molto come genere da "Your Name." e "Weathering With You": si prende spunto da un disastro più o meno naturale (nei precedenti la cometa/asteroide e l'acqua/alluvione con vaghi riferimenti agli esiti dell'antropizzazione senza controllo), per sviluppare una pellicola forse un po' più matura dei due precedenti film, in cui si narra di un viaggio alla scoperta di sé stessi, affrontando il proprio passato, elaborandolo e superandolo, per raggiungere una nuova consapevolezza e maturità. Un film sul "coming of age"...
Ma... personalmente l'impressione che percepisco di "Suzume" è che ormai Shinkai si sia allontanato definitivamente da quel genere di film che mi avevano conquistato, e mi riferisco "5 cm al secondo" e "Il giardino delle parole", ossia prima che il fantasy spinto prendesse il completo sopravvento.
Se di "Your Name." comunque non posso che esprimere un giudizio ampiamente positivo (prossimo alla perfezione), sia per la trama intrecciata in modo sapiente tra gli scambi di persona dei due protagonisti, la parte drama, la tensione per prevenire la morte a causa della cometa con il finale agrodolce comunque tanto orientale, sul successivo "Weathering With You" e su "Suzume" non ho visto spunti di particolare rilievo o novità lato trama. Forse il secondo è, come ho anticipato in precedenza, una versione più matura, visto che affronta diversi temi legati alle calamità che hanno colpito e colpiscono il Giappone: alludo ai terremoti e al disastro nucleare di Fukushima. Cui si può aggiungere il viaggio come metafora del voler ispirarsi al motto per cui "l’unica regola del viaggio è: non tornare come sei partito. Torna diverso" (A. Carson).
La protagonista Suzume è una ragazza di diciassette anni che vive in una cittadina del Sud del Giappone con la zia, dopo aver perso la famiglia per un incidente. Dopo l'incontro casuale con Souta, studente universitario dotato di particolari poteri soprannaturali, scopre che esistono in Giappone dei luoghi in cui sono presenti delle "porte" dalle quali può manifestarsi la causa dei terremoti, e il suo compito è quello di chiuderle prima che il terremoto possa avvenire.
E così si paventa un road movie in cui i due vagolano per il Giappone partendo da Sud nel Kyushu fino a Tokyo, per proseguire fino a oltre Fukushima, per portare a termine non solo la missione, ma anche elaborare i propri lutti, le proprie cicatrici e le proprie questioni irrisolte. In particolare, Suzume riesce a vedere nel mondo all'interno delle porte "magiche" la sé stessa da piccola e la propria madre, per poi riuscire a superare il dolore del grande senso di vuoto patito fino a quel momento.
Tuttavia, ci sono alcuni difetti su cui non posso sorvolare nel commento: inizio con la parte "romance". Piatta, lineare, scontata e prevedibile (come del resto gli stessi personaggi). Nessun plot twist, nessuna crisi, nessun imprevisto: tutto è funzionale al finale positivo e senza particolari sussulti. Suzume è fin troppo determinata e lineare nella sua "missione" con Souta; lui è poco sviluppato e piatto; la zia, a parte lo screzio in cui rinfaccia alla nipote di aver sacrificato la sua vita per crescerla, sembra una ragazzina cresciuta, e così via... La parte simbolica delle divinità, del regno dell'aldilà, del verme che causa i terremoti, sebbene possano avere un senso per nipponici, a me non ha entusiasmato.
E a poco serve descrivere come pro l'assoluta qualità grafica e tecnica: indiscutibile da anni, Shinkai ci ha abituato a una fotografia e disegni spettacolari. E anche in "Suzume" non si smentisce, raggiungendo ulteriori vette prossime alla perfezione... ma io continuo a rimpiangere quella sensazione di dolce tristezza che mi hanno fatto provare "5 cm al secondo" e "Il giardino delle parole", il loro romanticismo essenziale e vero, forse un po' immaturo dal punto di vista della scrittura, ma privo di quel furbo voler compiacere il mainstream in modo estetico quanto ridondante.
Spero vivamente che con "Suzume no Tojimari" (traducibile come "Le porte chiuse di Suzume") Makoto Shinkai abbia perfezionato il suo percorso artistico similmente a Hideaki Anno con la saga del "Rebuild of Evangelion", pervenendo a una risposta per lui sostenibile e, dopo aver aperto le porte delle questioni irrisolte, sia in grado di porle alle sue spalle, chiudendole definitivamente e dedicandosi ad altri orizzonti.
Ma... personalmente l'impressione che percepisco di "Suzume" è che ormai Shinkai si sia allontanato definitivamente da quel genere di film che mi avevano conquistato, e mi riferisco "5 cm al secondo" e "Il giardino delle parole", ossia prima che il fantasy spinto prendesse il completo sopravvento.
Se di "Your Name." comunque non posso che esprimere un giudizio ampiamente positivo (prossimo alla perfezione), sia per la trama intrecciata in modo sapiente tra gli scambi di persona dei due protagonisti, la parte drama, la tensione per prevenire la morte a causa della cometa con il finale agrodolce comunque tanto orientale, sul successivo "Weathering With You" e su "Suzume" non ho visto spunti di particolare rilievo o novità lato trama. Forse il secondo è, come ho anticipato in precedenza, una versione più matura, visto che affronta diversi temi legati alle calamità che hanno colpito e colpiscono il Giappone: alludo ai terremoti e al disastro nucleare di Fukushima. Cui si può aggiungere il viaggio come metafora del voler ispirarsi al motto per cui "l’unica regola del viaggio è: non tornare come sei partito. Torna diverso" (A. Carson).
La protagonista Suzume è una ragazza di diciassette anni che vive in una cittadina del Sud del Giappone con la zia, dopo aver perso la famiglia per un incidente. Dopo l'incontro casuale con Souta, studente universitario dotato di particolari poteri soprannaturali, scopre che esistono in Giappone dei luoghi in cui sono presenti delle "porte" dalle quali può manifestarsi la causa dei terremoti, e il suo compito è quello di chiuderle prima che il terremoto possa avvenire.
E così si paventa un road movie in cui i due vagolano per il Giappone partendo da Sud nel Kyushu fino a Tokyo, per proseguire fino a oltre Fukushima, per portare a termine non solo la missione, ma anche elaborare i propri lutti, le proprie cicatrici e le proprie questioni irrisolte. In particolare, Suzume riesce a vedere nel mondo all'interno delle porte "magiche" la sé stessa da piccola e la propria madre, per poi riuscire a superare il dolore del grande senso di vuoto patito fino a quel momento.
Tuttavia, ci sono alcuni difetti su cui non posso sorvolare nel commento: inizio con la parte "romance". Piatta, lineare, scontata e prevedibile (come del resto gli stessi personaggi). Nessun plot twist, nessuna crisi, nessun imprevisto: tutto è funzionale al finale positivo e senza particolari sussulti. Suzume è fin troppo determinata e lineare nella sua "missione" con Souta; lui è poco sviluppato e piatto; la zia, a parte lo screzio in cui rinfaccia alla nipote di aver sacrificato la sua vita per crescerla, sembra una ragazzina cresciuta, e così via... La parte simbolica delle divinità, del regno dell'aldilà, del verme che causa i terremoti, sebbene possano avere un senso per nipponici, a me non ha entusiasmato.
E a poco serve descrivere come pro l'assoluta qualità grafica e tecnica: indiscutibile da anni, Shinkai ci ha abituato a una fotografia e disegni spettacolari. E anche in "Suzume" non si smentisce, raggiungendo ulteriori vette prossime alla perfezione... ma io continuo a rimpiangere quella sensazione di dolce tristezza che mi hanno fatto provare "5 cm al secondo" e "Il giardino delle parole", il loro romanticismo essenziale e vero, forse un po' immaturo dal punto di vista della scrittura, ma privo di quel furbo voler compiacere il mainstream in modo estetico quanto ridondante.
Spero vivamente che con "Suzume no Tojimari" (traducibile come "Le porte chiuse di Suzume") Makoto Shinkai abbia perfezionato il suo percorso artistico similmente a Hideaki Anno con la saga del "Rebuild of Evangelion", pervenendo a una risposta per lui sostenibile e, dopo aver aperto le porte delle questioni irrisolte, sia in grado di porle alle sue spalle, chiudendole definitivamente e dedicandosi ad altri orizzonti.