logo GamerClick.it

-

Un tassista giapponese domanda a un onesto cittadino: “Signore, se qualcuno le desse dieci miliardi di yen e le chiedesse di migliorare questo Paese, come li userebbe?”. Il cittadino lo guarda con aria sbigottita, ci pensa su per qualche secondo e risponde…

“Higashi no Eden”, anche noto col titolo di “Eden of the East”, è una serie animata di undici episodi, trasmessa in Giappone nella primavera del 2009. Ideata, scritta e diretta da Kenji Kamiyama, con musiche di Kenji Kawai e character design di Chika Umino, l’autrice di “Un Marzo da Leoni”, la serie animata, prodotta dallo studio Production I.G., si conclude con due film usciti rispettivamente nel 2009 e nel 2010, dal titolo “Eden of the East – The King of Eden” e “Eden of the East – Paradise Lost”.

Lunedì 22 novembre 2010: undici missili colpiscono il Giappone, senza mietere alcuna vittima. Questa giornata, che verrà in seguito ricordata come lo "Sconsiderato Lunedì", genera stupore e panico nei cittadini giapponesi, che cercano presto di dimenticarla. Tre mesi dopo, Saki Morimi, una studentessa giapponese in viaggio a Washington, si imbatte, davanti alla Casa Bianca, in un ragazzo dall'identità sconosciuta, nudo e in possesso solo di un cellulare e una pistola, che la salva da un'incomprensione con la polizia. I due sono subito in sintonia e, dopo aver fatto l’uno la conoscenza dell’altra, rientrano in Giappone, dove il ragazzo si mette ben presto alla ricerca della sua identità e del motivo per cui nel suo cellulare sono contenuti più di otto miliardi di yen.

La visione del primo episodio di “Eden of the East” è paragonabile ad un’esperienza bizzarra e surreale, d'altronde, non è cosa da tutti i giorni imbattersi in un uomo nudo armato di pistola. Nonostante ciò, la serie mi ha ispirato sin da subito grande familiarità, merito del character design inconfondibile di Chika Umino. Gli episodi si susseguono mantenendo un ritmo discreto, mai serrato, ma neanche troppo blando. C’è un mistero da risolvere e la sua risoluzione richiede l’aiuto di persone fidate, gli amici e colleghi universitari di Saki, che si scopriranno essere gli ideatori del motore di ricerca delle immagini denominato Eden of the East, da cui la serie prende il nome. I personaggi coinvolti nella risoluzione di quello che finisce per diventare un autentico caso di cronaca sono tanti, soprattutto considerando la brevità della serie, ma ognuno di loro si distingue per un tratto caratteristico, finendo col farsi apprezzare al pari dei protagonisti. Poco alla volta, come accade in tutte le storie di questo tipo, il mistero inizia a dipanarsi. Ogni episodio riserva allo spettatore una nuova rivelazione, anche se molto viene detto, o meglio, lasciato intendere dagli enigmatici dialoghi caratteristici della serie. Fino all’ultimo episodio, “Eden of the East” si tiene su un buon livello, ma senza mai far saltare lo spettatore dalla sedia. Il finale ha un che di poetico, ma lascia un forte senso di insoddisfazione. A conti fatti, per quanto l’ultimo episodio si possa considerare conclusivo, la serie animata non fornisce una risposta a tutti i quesiti sollevati nel corso delle puntate, richiedendo una necessaria integrazione con i due film successivi. La serie in sé è buona, merito soprattutto della storia originale e fresca, ma il finale è troppo incompleto per lasciare veramente appagato lo spettatore, che avrà la sensazione, al termine delle undici puntate, di essere rimasto con un pugno di mosche in mano.

La serie tratta discretamente bene temi politici e sociali, meglio approfonditi nei due film conclusivi. In particolar modo, “Eden of the East” cerca di fornire una risposta alla domanda iniziale e lo fa affrontando un problema tanto diffuso in Giappone, allora come adesso, quello dell’aumento dei NEET nel Paese. Alla difficile domanda, la serie non fornisce una risposta unica e definitiva, perché probabilmente neanche c’è, ma ne propone una più approssimativa, indicando quale sarebbe un buon punto di partenza per un Paese che voglia migliorarsi. Piuttosto che investire nelle armi o in un qualsivoglia settore del terziario, bisogna prima creare una nazione unita e compatta e ciò è possibile reintegrando nella società quegli individui visti etichettati come inetti. Anche i NEET hanno la propria dignità e il loro stare chiusi in casa non li rende meno intelligenti del laureato di turno già ben inserito nel mondo del lavoro. Tutti quanti noi possediamo un potenziale inespresso ed è compito della società riuscire a farlo emergere, ma fino a quando esisterà il pregiudizio e ci saranno sempre due pesi per due misure, questo non sarà mai possibile e la società continuerà a recludere potenziali menti brillanti nelle proprie misere “case” da quattro tatami e mezzo.

Molto buono il comparto tecnico ed estremamente suggestivo quello musicale, con l’opening degli Oasis a introdurre ogni puntata. Belle le musiche, ma usate in modo inadeguato, in alcune situazioni.

A mio modesto parere, “Eden of the East” non è uno di quegli anime che ti cambia la vita, ma ispira certamente interessanti riflessioni e, per questo motivo, da vedere.