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Fiaba contadina, agreste ed ecologista, proveniente da un mondo antico e pre-moderno, che forse sarebbe piaciuta a Pasolini.
Leggenda di ispirazione tibetana "intrisa di gratitudine verso i prodotti della terra".
Cammino iniziatico che parte dalla materia per arrivare all'oro alchemico.
Viaggio di formazione dove un giovane principe, come Siddharta, esce dal suo palazzo per scoprire il mondo e salvare il suo popolo.
Verrà a contatto con la violenza, la sete di ricchezza, la sopraffazione dell'uomo sull'uomo, i conflitti e la sofferenza. La città, la realtà urbana, si rivela essere lo spazio della corruzione, del mercantilismo e della decadenza. Ai suoi antipodi sono invece gli incontaminati villaggi montani, rurali, dove la vita è dura e difficile, ma anche onesta e fortificata da un grande spirito comunitario. Altri sono i loro problemi, a cominciare dall'immobilismo che li condannerebbe ad una estinzione certa.
Alla richiesta di Shuna di uscire dal villaggio per cercare quei semi in grado di generare un raccolto tale che potrebbe sostentare i suoi abitanti afflitti dalla fame e dalle carestie, i vecchi, ormai lontani dall'animo di un giovane desideroso di crescere, esplorare e fare esperienza, cercano di convincere il ragazzo ad accettare la sorte che il destino ha riservato per loro, anche se questo significasse morire di stenti e miseria.
Ma i giovani, simboli di bellezza, restano una fonte di speranza, chiamati come sono a seguire la loro strada e a non ripetere gli errori delle generazioni che li hanno preceduti e che si trovano ad ereditare. Ed ecco che Shuna parte lo stesso.
Shuna, come l'Ashitaka di "Principessa Mononoke", è un nobile, eroico e altruista cavaliere, pieno di coraggio e umanità, che agisce non per se stesso ma per gli altri, guidato dal principio dell'impersonalità, disposto al sacrificio per il suo popolo e pronto ad insorgere contro il fatalismo.
E quando il suo titanico e mitico "viaggio in Occidente", irto di pericoli e prove da superare, lo condurrà fino alla Terra degli Esseri Divini, ruberà agli Dei, novello Prometeo, non il fuoco, ma il grano.
Come Icaro, Shuna rimane però scottato.
Il giovane sembra perdere tutto, pure quei sentimenti che rendono umani. Ormai più simile ad un cane che non ad un uomo, il ragazzo, dopo tutto il dolore e il male che ha visto, e dopo aver conosciuto il vero volto della realtà, pare volersi rinchiudere in se stesso, traumatizzato e segnato (la sua è una parabola simile a quella di Marco Pagot, che però diventava un maiale, Howl e Mahito).
Perde fiducia in se stesso e nel suo viaggio, cerca una fuga escapista e si chiude nel suo guscio, all'interno del suo piccolo riparo. Non vuole avere più nulla a che fare con il mondo esterno, non vuole nemmeno più comunicare (privazione del logos, pensiero e parola come caratteristiche necessarie per dirsi uomini).
Ma arriva il momento in cui bisogna imparare a fare i conti con la realtà, in cui, come in "Si alza il vento", bisogna tentare di vivere.
Perché scappare non risolve nulla e fuggire non è una soluzione, non cambia niente.
Anche con il suo rifiuto di affrontare la realtà, il suo villaggio continuerebbe a morire di fame.
Il mondo non è perfetto perché sono gli uomini ad essere imperfetti. Anche gli Dei, a metà tra "2001: Odissea nello spazio" e gli "Antichi Astronauti", non si sottraggono a questa verità. Il loro mondo, apparentemente idilliaco, nasconde in realtà un oscuro segreto (e pure il mondo di un potente e sapiente mago, come si capirà in "Il ragazzo e l'airone", è in fondo un mondo di morte.)
Ma nonostante questo, esistono lo stesso motivi per cui vale la pena vivere (anche Mahito se ne renderà conto). La natura può essere matrigna sterile, ma anche madre fertile.
Già Marco Pagot capiva che "l'umanità non è poi così da buttar via". Riacquistava fiducia verso l'umanità e il mondo, tornava ad agire nella realtà, a vivere pienamente, e, nel farlo, spezzava l'incantesimo che lo obbligava alle fattezze di un maiale. Guariva dalle sue ferite e tornava uomo.
Lo stesso vale per Shuna, solo che per lui non c'è Fio, ma la Grazia, la fiducia e l'amore di Thea, la bellezza della vita che torna a nascere dopo la morte, della primavera dopo l'inverno, delle distese di grano dorato che ondeggiano in un fremito rigoglioso.
D'altronde Shuna avrebbe tranquillamente potuto rimanere o tornare alla sua vita da principe agiata e protetta, e aspettare così, pacificamente, la fine dei suoi giorni e del suo villaggio. Avrebbe potuto restare chiuso nel suo mondo ma non lo ha fatto, perché sapeva che non era ciò che era giusto fare. Sapeva di dover uscire e agire nel mondo per crescere e diventare adulto. Sapeva di dover affrontare la realtà per poterla cambiare.
Non tutto si aggiusterà, e non tutte le domande avranno una risposta, le violenze e i conflitti continueranno, però si andrà avanti prendendo e facendo fruttare quanto di meglio la vita ha da offrire, con un nuovo approccio all'esistenza.
Bisogna prendersi cura e coltivare quel che di buono esiste nel mondo, lottare per il bene anche se è difficile da ottenere e preservare. E chissà che un giorno si raggiunga davvero un lieto fine (in tal senso, Il dono dei semi d'oro all'umanità e la loro coltivazione sono forse la metafora dell'inizio della restaurazione dell'età dell'oro). Finché c'è vita c'è speranza.
“Vivere è cosa sinceramente dolorosa e difficile; maledico il mondo, maledico gli uomini… eppure voglio vivere”, diceva un lebbroso in "Principessa Mononoke" (un'esortazione alla vita, la chiamata naturale alla vita che sentono tutti gli uomini).
Al termine del racconto, Shuna tornerà dalla sua avventura con rinnovata consapevolezza e nuova conoscenza, trasformato e cambiato.
Tante le immagini liriche, come il paragone tra la condizione umana, la vita dell'uomo, e la vita del grano.
Un'opera d'arte, con illustrazioni enormemente evocative e dalla grande forza poetica.
Fondamentale per capire Miyazaki.