Il 18 luglio 1206 del calendario di Zemuria è una data destinata ad entrare nella storia dell’Impero di Erebonia. I media di tutto l’impero riportano la notizia dell’attentato dell’imperatore Eugent Reise Arnor III da parte di uno studente della Thors Academy, Ash Carbide, sospettato di essere una spia di Calvard. Il governo interpreta tale atto come una dichiarazione di guerra da parte della Repubblica di Calvard, il Cancelliere Osborne impone la legge marziale su tutto il territorio nazionale fomentando il popolo di odio nei confronti della potenza straniera. Convinti che Ash sia stato usato per mettere in moto questi eventi, la vecchia e la nuova Classe VII vengono a sapere dalle streghe Vermillion Roselia e Vita, e da Thomas Lysander, della "maledizione" di Erebonia che sta plagiando la popolazione, amplificando le emozioni negative; Osborne e le alte sfere militari si sono di fatto alleate con l’organizzazione Ouroboros allo scopo di invocare il cosiddetto Grande Crepuscolo, e la capitale precipita nel caos.
 

Pur frastornati dallo stupore degli eventi e nel vedere coloro che erano compagni come Sharon, Millium e Claire, coinvolti nel progetto di Osborne, la nuova e la vecchia Classe VII si dirigono verso la Villa Imperiale Karel, deformata dalla formazione del Gral di Erebos, per fermare il Grande Crepuscolo e salvare Altina, finita nelle mani del nemico, e dopo aver superato vari Enforcer giungono nel profondo del Gral, dove ad attenderli trovano Osborne e Black Alberich, capo degli Gnome creduto morto, nonché padre di Alisa. Qui affrontano la Sacra Bestia di Aidios contaminata, contro la quale neanche Valimar può nulla, vedendosi distrutta la tachi creata con lo Zemurian Ore, e come se non bastasse la corazzata volante Couragous, giunta sul posto per dare supporto alla Classe VII, viene fatta esplodere in aria con a bordo il capitano Victor Arseid, Toval e il principe primogenito Osvald.

Allo scopo di proteggere Rean e Altina dall’attacco della Holy Beast, Millium si sacrifica, trasformandosi così nella Spada di Demise, con la quale Rean, in preda ad una incontrollabile follia amplificata dal suo potere dell’orco, massacra la bestia, dando il via al Grande Crepuscolo. Invocando i rispettivi Divine Knight, Siegfried (Crow), il boss dei Jaeger Rutger e la Steel Maiden Arianrhod bloccano Valimar e Rean, a cui si aggiunge Osborne che, a bordo del possente Ebon Knight Ishmelga, afferra suo figlio rivolgendogli queste parole:

Adesso, Rean, iniziamo a scrivere, insieme, la fine di questa misera favola. Con un inchiostro nero come la disperazione.
 

Definire il finale di The Legend of Heroes: Trails of Cold Steel III, al quale il qui presente raffazzonato riassunto non rende adeguata giustizia, un “Cliffhanger”, sarebbe un simpatico eufemismo. Il piano ordito da Alberich e Giliath Osborne non si limita ad essere una strategia politica atta a rafforzare il potere militare dell’Impero, quale fu la Guerra Civile di due anni orsono, ma coinvolge l’intero continente di Zemuria e i suoi mille segreti; Esercito imperiale, Ouroboros, Gnomes, Hexen Clan, Jaeger e Bracer sono ora tutti interpreti della stessa storia, leggende e misticismo si mescolano a complotti di potere per innescare una serie di eventi destinati a cambiare per sempre la storia di questo travagliato continente afflitto dalla Maledizione. Dopo aver solcato per quasi un decennio questi luoghi e passato 400 ore con questi personaggi, è arduo non lasciarsi trascinare dalle emozioni, non c’è paragone in campo jrpg. The Legend of Heroes: Trails of Cold Steel IV è il punto di arrivo di un percorso iniziato sette anni fa, e anche oltre, questo capitolo non mira ad attirare nuovi giocatori, tu lettore ignaro che sei capitato qui da totale neofita al franchise hai sbagliato casella, devi partire dal via, questo gioco e di conseguenza la sua analisi è ad uso e consumo esclusivo di quei giovani cadetti che hanno messo per la prima volta piede alla Thors Academy, senza neanche immaginare cosa il futuro avrebbe riserbato a Rean e ai suoi compagni di classe.
 

Gruppo che ora risulta di nuovo sfaldato, non tanto geograficamente, come avevamo visto nella prima parte di Trails of Cold Steel II, quanto piuttosto nei sentimenti e nello stato d’animo, ed è in particolare la vecchia Classe VII ad aver subito il contraccolpo maggiore. Laura ha visto la Couragous, capitanata da suo padre, esplodere sopra i suoi occhi, Julius vede di nuovo (dopo la Guerra Civile) contrapporsi suo fratello Rufus, oltre ad essere colui che più aveva fatto amicizia con Millium, mentre Alisa scopre che non solo suo padre è ancora vivo, ma anche che l’intera famiglia Reinford a cui fa capo l'omonimo gruppo industriale, e i suoi più vicini affetti, sono coinvolti nel progetto di Osborne, inclusa Sharon, che ripone i panni della maid indossati per tanti anni per riprendere quelli di Enforcer di Ouroboros. La nuova Classe VII, priva del suo amato istruttore, si prende quindi la scena ponendosi prima l’obiettivo di ricongiungersi con Ash e Musse, e poi di salvare Rean, ricevendo il prezioso aiuto di Roselia che ha base nel villaggio nascosto del suo clan; in questa fase è Juna, in particolare, ad emergere con doti da leadership infondendo coraggio a tutti i suoi compagni, nonostante infatti siano stati insieme per un periodo di appena quattro mesi, non potendo completare l’anno accademico, la nuova Classe VII dimostrerà di saper superare le proprie divergenze (dal senso di colpa di Ash ai dubbi di Musse) con uno spirito di appartenenza che ha ben poco da invidiare a quello manifestato dai loro senpai, avendo creato con il loro istruttore un legame davvero speciale.
 

Strutturalmente Trails of Cold Steel IV risulta pertanto simile al secondo capitolo, alterna missioni di infiltrazione sparse per il continente ad intervalli in cui si potrà tornare sui propri passi per completare alcune sidequest e assistere agli eventi di affinità con i personaggi. Quest’ultimo capitolo ha inoltre in comune con Trails of Cold Steel II un certo riutilizzo di location e città visitate nell’episodio precedente, non che la cosa dia particolare fastidio giacché la diversa situazione politica rende l’esplorazione e l’interazione con le persone sempre interessanti; i luoghi di Erebonia, seppur ormai familiari, non mancano di svelare sempre nuove sorprese, che siano misteriosi dungeon, dei sentieri nascosti, o il parco di divertimenti Mishelam di Crossbell, appena accennato nel precedente gioco, qui finalmente visitabile, nonché scenario di importanti eventi di natura dating nelle fasi finali, per chi sa intendere.
A tal proposito potrebbe far felice qualcuno quanto al contempo destare un certo scontento il riaprirsi di un discorso sentimentale per il protagonista, poiché laddove Trails of Cold Steel III non sembrava lasciare più dubbi su quale fosse la favorita designata, con questo quarto episodio gli sceneggiatori Falcom si sono divertiti a mischiare di nuovo le carte del mazzo già al primo bonding event di quel personaggio, che si defila (momentaneamente), lasciando al giocatore la libertà di scelta, e al restante nutrito cast di ragazze la stessa possibilità di far breccia nel cuore del nostro conteso spadaccino dal rinnovato look argentato.
 

Alla luce anche del fatto che inizialmente la saga di Erebonia doveva essere composta da una trilogia, Trails of Cold Steel IV è senza dubbio il capitolo della serie che presenta meno novità per quanto riguarda il sistema di battaglia a turni, rimasto sostanzialmente invariato dallo scorso anno. L’upgrade delle tecniche Craft dei personaggi e la possibilità di chiamare in battaglia i Panzer Soldat (rendendole di fatto delle Invocazioni, implementazione comunque sperimentata con Valimar nel terzo episodio) sono le uniche implementazioni che troveremo in questo ultimo atto, insieme al minigioco Pom Pom Party (una sorta di Puyo Puyo) e poco altro. I Brave Order risultano palesemente nerfati e richiedono un maggior quantitativo di BP, ma è possibile potenziarli affrontando le Trial Chest, ossia delle battaglie sfida dedicate a due o più coppie di personaggi, già viste nel terzo Cold Steel.

Tale conservatorismo nella struttura di gioco è però ampiamente ripagato dal numero di personaggi che debuttano, ma soprattutto che ritornano, in quello che è un vero e proprio crocevia narrativo tra le saghe di Liberl, Crossbell ed Erebonia; i fan di vecchia data non possono che emozionarsi nel rivedere personaggi amatissimi della trilogia Trails in the Sky quali Estelle, Joshua e Sherazard (oltre ai già comparsi Tita e Agata) mentre coloro che hanno voluto approfondire ulteriormente la saga con i due eccezionali Zero no Kiseki e Ao no Kiseki (purtroppo pochi, essendo inediti in occidente), ritroveranno i membri della Special Support Section di Crossbell al gran completo, con la ex Enforcer Renne Bright a dare manforte. L’aggiunta di ulteriori alleati, alcuni dei quali fino a poco tempo fa insospettabili, porta il totale dei personaggi giocabili ad oltre trenta, tutti con la loro dose di spettacolari tecniche speciali, siparietti di vittoria e quant’altro, una mole quantitativa tale che rischia addirittura di disorientare il giocatore, anche se Falcom si dimostra abile nel gestire ed esporre l’enormità delle informazioni che la situazione storica e politica richiede.
 

Vi sono inevitabilmente alcune fasi un po’ prolisse (in particolare un meeting di due ore, non è uno scherzo) e quando vedi che alla fine dell’Atto 1 il timer conta 24 ore, al netto di partite a carte e indecorosi tentativi di pantyshot a Musse, capisci che sei di nuovo fottuto per almeno due mesi; un paio di dungen o boss in meno non avrebbero guastato, ma arrivati a questo punto il coinvolgimento nella storia non può che essere ai massimi livelli, e quelle ingenuità che puntualmente ritornano e che fanno anche un po’ sorridere (il fatto che quando il gruppo è messo alle strette dai nemici arriva sempre qualcuno nel momento giusto a salvagli le chiappe, il trovare uno studente della Thors in ogni angolo o locanda dell’Impero..) non minano il fascino di una storia capace di far emozionare come poche altre, avendoci accompagnato per tanti anni, gli stessi in cui Atlus munge la medesima vacca con il 5 stampato sopra per rimpinguarsi di merchandise, la differenza da rimarcare sta anche qui.
Il ritmo della narrazione non è sempre eccellente e il consistente numero dei personaggi coinvolti implica anche un minor approfondimento per alcuni di essi (per quanto abbiano comunque avuto tutti un loro spazio in giochi precedenti), ma complessivamente Trails of Cold Steel IV si porta a casa l’obiettivo prefissato chiudendo diversi archi narrativi (occhio che qui è presente un True Ending sbloccabile), e non solo quello della Classe VII, confezionando un degno finale a tutti coloro che hanno intrapreso questo lungo viaggio, che sia iniziato da cadetti della Thors o come giovani Bracer di Liberl, lasciando ad Hajimari no Kiseki il compito di accompagnarci verso il prossimo capitolo di questo turbolento continente.

Il gioco si presenta su PlayStation 4 con lo stesso motore grafico del terzo capitolo, e non poteva essere diversamente. Si avverte ogni tanto qualche calo di framerate quando si usa il Turbo Mode, ma nulla di grave, mentre la traduzione in inglese da parte di NISA denota una quantità di refusi maggiore rispetto a quanto visto lo scorso anno, in parte dovuti probabilmente alle condizioni di smart working. Una patch correttiva non dovrebbe comunque essere in discussione, alla luce anche delle future pubblicazioni per PC e Switch.
 
 
Nihon Falcom tira le fila della sua saga orchestrando una narrazione solida e coinvolgente, impreziosita da ghiotte citazioni capaci di rievocare dolci o amare reminiscenze. Dall'incisività dei legami familiari al conflitto tra gli stessi con le proprie ambizioni di vita, dai contrasti tra luci ed ombre finanche a qualche cenno più storico alla politica che costruisce muri invece di abbatterli; pur mostrando il fianco ad intermittenza, tra cliché da shonen e qualche annacquamento, The Legend of Heroes: Trails of Cold Steel IV rimane forte nella sua scrittura confermando evidente talento nella stesura dei dialoghi come nel disegno dei personaggi, mettendo anche in questo caso a frutto il suo rodaggio descrittivo decennale, ben rappresentato da figure monumentali come Giliath Osborne, al cui confronto il Sephiroth-bubù-settete che prolifera frasi a caso visto ad aprile ci appare come uno sciroccato vestito per una serata di Halloween.