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10.0/10
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Quando Versailles no Bara - Le rose di Versailles - approdò nel Bel Paese si sentì subito il criminale bisogno di cambiargli il titolo nel più banale e riduttivo “Lady Oscar”, sorte toccata a moltissime opere purtroppo. Tra l'altro la storia è ambientata in Francia quindi non capisco perché mai sia stato scelto il termine 'lady' che si riferisce alle nobildonne inglesi. Credo sia un delitto modificare il titolo di un'opera, sconvolgendo le intenzioni del creatore della stessa, che, in questo caso, con il termine ‘Le Rose di Versailles’ dava all’anime un tono più corale, non incentrando tutto, solo, sulla protagonista, Oscar François de Jarjayes.
Le rose di Versailles è tratto dall’omonimo manga di Riyoko Ikeda, che fece sicuramente una scelta coraggiosa a realizzare uno shōjo storico, e vede la luce nel 1979, trasmesso poi in Italia nel 1982. La regia dei primi episodi è di Tadao Nagahama, che viene, poi, sostituito da Osamu Dezaki (Rocky Joe, Jenny la tennista).

Le rose di Versailles ha come caratteristica peculiare di parlare di tante storie che si riallacciano tutte in modo coerente alla trama principale: storie di amicizia, di amore non corrisposto che dura una vita intera, di passione tra due amanti, di ricchi arroganti che non danno valore alla vita dei poveri, storie di riscatto sociale, storie di vendetta. I temi trattati, infatti, sono tanti: la morte, le malattie, le condizioni di povertà in cui versavano i cittadini parigini nel XVIII secolo e poi, ovviamente, sono descritti tutti gli avvenimenti, le motivazioni e i protagonisti che hanno portato alla Rivoluzione Francese. Alcune scene di quest'anime sono memorabili, come la triste fine della sorellina di Rosalie, in cui viene affrontato un tema estremamente delicato, quello del matrimonio tra un adulto e una bambina, o ancora il drammatico epilogo della serie. Le varie tematiche sono proposte in modo commovente e mai superficiale.
Fortunatamente, nonostante qualche censura ai dialoghi, rimane intatta tutta la profondità dell’anime. Quando lo guardavo da bambina, pur apprezzandolo non riuscivo a cogliere le sfumature di cui è intriso; rivedendolo in età adulta ho potuto apprezzarlo ancora di più, con maggiore consapevolezza, perché ho compreso molti aspetti che da bambina mi sfuggivano. Già, poiché è evidente che nonostante l’allora Fininvest lo trasmettesse insieme ad altri cartoni animati per bambini, quest’anime si rivolge a un pubblico maturo.

I protagonisti di questa storia sono tutti caratterizzati in modo eccellente, tutti in lotta con i propri demoni interiori, tutti con sentimenti estremamente reali, al punto da lasciare un segno profondo nello spettatore più attento, che difficilmente li dimenticherà. La carrellata di personaggi che ci vengono presentati, è decisamente variegata, alcuni meschini, come Madame Du Barry o Jeanne Valois de la Motte, altri estremamente eroici come la stessa Oscar.
Versailles no bara è molto realistico, forse l’unica critica che potrei fargli è che risulta poco credibile che nella Francia di Luigi XVI una donna, seppur ben addestrata e figlia di un generale, potesse diventare comandante della Guardia Reale.
Oscar ha uno spessore morale inarrivabile, i suoi comportamenti non sono il risultato di un superficiale buonismo, ma di una morale a cui lei rimane sempre fedele, anche quando deciderà di lasciare la Guardia Reale e di andare contro quel padre autoritario che aveva rispettato per anni, rinunciando al suo essere femminile pur di non deluderlo. Oscar racchiude in sé caratteristiche sia maschili sia femminili, è sorprendente la sua crescita psicologica nel corso degli episodi, crescita che riguarderà un po’ tutti i personaggi, in particolare Andrè Grandier, la regina Maria Antonietta, il conte Hans Axel von Fersen.
La protagonista riscopre il suo animo di donna quando si innamora per la prima volta di un uomo. Ciò la porterà a vivere una profonda crisi, proprio lei che da sempre ha vissuto come un maschio, sentirà l’esigenza di vivere appieno una vita da donna. Sarà Andrè, alla fine, a permetterle di risolvere questo suo moto interiore.

I disegni, seppur datati, risultano estremamente piacevoli e si adeguano alla perfezione al periodo storico in cui si muovono i personaggi. Il character design è splendido, curato da Shingō Araki e Michi Himeno (entrambi lavorarono anche a ‘I cavalieri dello Zodiaco’). Il realismo di cui ho parlato prima riguarda anche il chara, poiché i personaggi nel corso delle puntate saranno raffigurati in modo diverso per evidenziare lo scorrere del tempo, infatti la storia copre circa vent’anni. Ottimi i fondali: le stanze di Versailles, ad esempio, sono ritratte in modo esemplare, se pensiamo che l’anime ha più di trent'anni sulle spalle ci si rende conto che fu fatto davvero un lavoro pregevole. Discorso a parte va fatto per le musiche impareggiabili, composte da Kōji Makaino. Infine, il doppiaggio italiano è di altissimo livello, spiccano Cinzia De Carolis nel ruolo di Oscar e Massimo Rossi in quello di Andrè.
Riassumendo: disegni e OST sublimi, ottima regia, storia avvincente e personaggi caratterizzati egregiamente fanno di Versailles no Bara uno dei pilastri dell’animazione nipponica, che emoziona ogni volta che lo si riguarda, sempre attuale nel modo in cui sono analizzati i turbamenti dell’animo umano.
Chiudo la mia recensione con le parole dell’autrice, rilasciate in un’intervista pubblicata sul presente sito:<i> “Io credo che Lady Oscar rappresenti la libertà: quella di essere una donna dall'animo più maschile, oppure un uomo dall'animo più femminile.” </i>