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Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una vera e propria riscoperta di Saint Seiya, manga in 28 volumi pubblicato a partire dal 1986 in Giappone, meglio noto in Italia per la trasposizione animata a noi giunta col titolo I cavalieri dello zodiaco.
A partire dalla tripla serie OVA dell'Hades Chapter, che trasponeva per la prima volta l'ultima saga del manga originale, fino al Next Dimension, seguito del manga scritto direttamente da Kurumada stesso, passando per numerosi spin-off affidati ad autori terzi, come il prequel Episode G, incentrato sulla lotta tra i Gold Saint e i titani di Crono, l'apprezzato Lost Canvas, narrante la precedente guerra santa contro Ade piuttosto che il recentissimo Saintia Sho, versione al femminile ambientata in parallelo alla serie principale. Oppure sul fronte animato la serie televisiva Omega, rivolta ad un pubblico più giovane, la trasposizione OVA del Lost Canvas e l'ancora tutto da scoprire Soul of Gold, che vedrà la luce solamente la prossima primavera, per tacere di videogiochi o gadget di vario tipo. Una vera e propria rinascita del brand, in cui s'inserisce anche il lungometraggio in CGI uscito nei cinema giapponesi lo scorso 21 giugno col titolo Saint Seiya - Legend of Sanctuary.
Importato in Italia dall'editore Lucky Red, meglio noto agli appassionati d'animazione nostrani per la pubblicazione di quasi l'intero catalogo Ghibli, il film è stato presentato in anteprima, fresco di doppiaggio italiano, a Lucca Comics & Games 2014 nella giornata di sabato 1 novembre, prima in un incontro mattutino riservato alla stampa e poi in una trasmissione pubblica nella serata. In appendice alla proiezione per la stampa, vi è stato anche un incontro con alcuni dei creatori del film.
Al fine di meglio analizzare l'opera, nonché di sottolinearne similitudini e differenze con l'originale, la seguente recensione presenterà numerosi spoiler.

SEIYA, SAORI, ATENA E IL COSMO

Il giorno del suo sedicesimo compleanno Saori Kido scopre, dal suo fido servitore Tatsumi, di essere la reincarnazione della dea Atena e di possedere un misterioso potere, il cosmo. Ancora prima di essere in grado di prendere atto della cosa, viene attaccata da un misterioso nemico, che tenta di ucciderla, venendo salvata da alcuni Saint, guerrieri preposti alla difesa di Atena. Da quel momento la vita di Saori cambia radicalmente. Cosa sia questa misteriosa energia, quale sia la sua vera natura e quale il modo giusto in cui usarla sono solo alcune delle domande che attanagliano Saori fin dalla più tenera età, quando, ancora ignara della sue origini divine, era tenuta a distanza dagli altri a causa di un misterioso potere in grado di guarire le persone tramite la semplice imposizione delle mani. Ma ora non è più tempo dei dubbi e delle incertezze; grazie all'incontro con Seiya e gli altri Saint, Saori inizia un percorso di maturazione e crescita personale per diventare degna di vestire i panni della dea Atena, evoluzione sancita anche dal taglio dei capelli, che nella cultura giapponese simboleggia il desiderio di cambiare se stessi e migliorarsi.
Il film, dunque, mostra una Saori ben diversa dall'originale, più umana, piena di dubbi e incertezze, che cerca in Seiya non solo un guerriero che la protegga, ma soprattutto un amico che la sostenga, la rassicuri, le mostri la via da seguire per usare il suo cosmo. È anche una Saori più attiva, non solo damigella in pericolo da salvare, che partecipa in prima persona alla scalata alle dodici case, arrivando a curare alcuni compagni nonostante l'immenso dolore causato dalla freccia scoccatale.
Più simile all'originale è invece Seiya, un ragazzo come tanti, allegro, scanzonato, forse anche un po' stupidotto, ma con una genuinità di fondo che gli permette di legare profondamente con Saori, di sostenerla nei momenti più duri, rassicurarla e farla divertire; un Seiya che prima agisce e poi (forse) pensa, che s'imbarazza a trasportare in spalle la bella Saori, sempre pronto a scherzare e stemperare l'atmosfera con gag comiche, ma anche pronto a sacrificare tutto se stesso per il bene delle persone a lui care.
Tramite Seiya viene riproposta la tematica fondante dell'originale Saint Seiya, la capacità di un ragazzo come tanti, orfano e privo di istruzione, di dare vita al miracolo grazie alla fede nei suoi ideali e nella profonda amicizia che lo lega ai suoi compagni, di sovvertire l'ordine precostituito da entità a lui superiori con la sola forza della sua determinazione incrollabile e del sacrificio ultimo per la protezione degli amici e di colei che è suo compito proteggere.
Il vecchio e il nuovo Saint Seiya si fondono nel rapporto tra Seiya e Saori, nella loro ricerca della verità sul cosmo e di quale sia il modo giusto di usarlo, nella contrapposizione finale tra chi utilizza il cosmo sottratto ad Atena con l'inganno per i suoi deliri di onnipotenza e chi lo riceve da Atena stessa utilizzandolo per il bene degli altri.

I PERSONAGGI SECONDARI

Purtroppo, se Seiya e Saori sono stati ben resi in questo adattamento, la stessa cosa non si può dire per il resto del cast dei personaggi. Le caratterizzazioni dei restanti Bronze Saint risultato estremamente superficiali, velocizzate, prive di qualsiasi attrattiva. Da Ikki, che perde completamente il suo passato oscuro e il background da Saint rinnegato e sulla via della redenzione divenendo un mero jolly che compare al momento del bisogno senza spiegare il motivo per cui non stia insieme ai suoi compagni, a Hyoga, il cui unico momento di gloria è il combattimento contro Camus dell'Acquario, solamente un paio di minuti in cui condensare tutta la sua storia, il legame col suo maestro e la sua personalità. Un po' meglio è andata a Shiryu, con qualche scampolo di caratterizzazione sparso qua e là (ad esempio quando, all'arrivo al Santuario, si mette ad elencare con fare accademico le varie case dello zodiaco - con gli altri Saint che scappano di nascosto per non ascoltarlo) e uno dei combattimenti più lunghi del film (contro Deathmask del Cancro). Praticamente non pervenuto invece Shun, la cui funzione è solamente di venire pestato in più occasioni, privandolo persino dello scontro contro Aphrodite dei Pesci.
Bene Tatsumi, il servitore di Saori, sebbene ne sia stata mantenuta solamente l'eccessiva devozione per Saori e suo nonno, elidendo tutti i trascorsi violenti coi Saint.
Note dolenti anche sul fronte Gold Saint, quasi del tutto privati del loro carisma e del loro approfondimento. A salvarsi sono, probabilmente, quelli che compaiono per primi nella storia, ricevendo quindi un minutaggio complessivo superiore. Ecco quindi Aiolia del Leone, unico Gold Saint ad apparire (se escludiamo il prologo) già prima della scalata alle dodici case e brevemente caratterizzato anche nel suo rapporto col fratello Aiolos e durante il controllo mentale; in grado di ritagliarsi uno spaziettino nel film sono anche Mu dell'Ariete, benchè cancellati siano i suoi trascorsi in Jamir, e Aldebaran del Toro, grazie alla sua personalità forte e sopra le righe ed al suo breve scontro contro Seiya. Ed infine Deathmask del Cancro, forse il Gold Saint su cui viene posta maggior enfasi, in quanto l'unico realmente malvagio, che non solo ottiene il combattimento più lungo di tutti, ma si esibisce anche in un improbabile performance canora a metà tra una canzone rap e un'aria lirica, con le maschere mortuare della sua casa a svolgere funzione di coro. I restanti Gold Saint possiedono invece una caratterizzazione degna di un picchiaduro a scorrimento d'altri tempi.
Del resto, Saint Seiya è sempre stata un'opera che rende sulla distanza, sul pathos generato da questi guerrieri che si fanno strada tra mille difficoltà, che crescono insieme, da gruppo disunito e quasi ostile a compagni indivisibili, a cui il lettore / spettatore s'affeziona man mano che ne osserva le gesta, i sacrifici, la sofferenza. Ma per riuscire in ciò, è necessario molto tempo, non solo per quanto riguarda la durata dell'opera, ma anche per il tempo della narrazione. In questo film, dal momento in cui Saori scopre di essere Atena ed incontra Seiya a quello in cui arriva alle dodici case, passano solamente pochi giorni. Come può essere credibile la profonda amicizia e unità, nonchè il desiderio di sacrificarsi per gli altri, di un gruppo di persone che stanno insieme da così poco tempo?
Il problema, dunque, non è da imputare a regia o sceneggiatura, ma è di tipo strutturale, e probabilmente irrisolvibile: la durata. Non era possibile, in soli 90 minuti, dei quali solamente 40 dedicati alla scalata delle 12 case, riuscire a caratterizzare al meglio tutti i personaggi proposti, dando loro un senso, una personalità definita, un ruolo nella storia.
Quasi certamente non sarebbe bastato a risolvere tali problemi, ma un film di superiore durata sarebbe riuscito quantomeno a limitarli. Con una mezz'ora in più da dedicare agli scontri tra Bronze e Gold Saint secondari si sarebbe almeno riusciti a donare un minimo di caratterizzazione a questi ultimi e a rendere più significativo qualche scontro trascurato.
Considerati tali problemi, risulta invece deprecabile lo spreco di ben 20 minuti per il ridicolo scontro finale, indubbiamente la parte meno riuscita del film, non solo per la gestione del combattimento, che pare ripreso da un videogioco, ma soprattutto per la banalizzazione di Saga dei Gemelli, completamente deprivato della sua doppia personalità e della maledizione, qui reso nient'altro che un folle in preda alla gelosia verso Aiolos.

IL COMPARTO TECNICO

Il comparto tecnico è indubbiamente l'aspetto migliore di tutto il film.
Il character design ripropone le caratterizzazioni grafiche già note senza particolari stravolgimenti, con un dettaglio nei visi, nei capelli, nelle unghie più che pregevole. Lo stesso vale per la definizione dei vestiti e delle armature, in cui si nota la grande cura posta nella realizzazione di ciascuna di esse, dai vari dettagli delle incisioni alle numerose crepe che vanno a formarsi in quelle dei Bronze Saint man mano che proseguono nella scalata alle dodici case. L'unica critica che si può porre è durante la battaglia finale, quando diversi Gold Saint uniscono le forze per proteggere il Santuario, dove risulta difficoltoso distinguere tra loro i vari guerrieri interamente coperti dalle armature.
Un taglio netto col passato viene invece dato nell'ambientazione e nei fondali. Se il Santuario originale era costituito da edifici classici, simili ai templi dell'antica Grecia, in questo film l'ispirazione è data da opere fantasy con derivazioni futuristiche e fantascientifiche. È palese l'intenzione di donare un forte contrasto tra il Santuario, le dodici case o il tempio di Atena ed il resto del mondo umano, con edifici enormi che si stagliano nel cielo e che paiono costruiti da una civiltà superiore. Sebbene il risultato sia quello di allontanare l'atmosfera generale dalla classicità che un'opera che parla di divinità greche e di antichi miti forse dovrebbe avere, l'impatto grafico resta affascinante e meritevole di lode.
Infine, non si può non citare la rappresentazione del cosmo e degli attacchi su di esso basati. Grazie a numerosi giochi di luce, fulmini e colpi energetici, si è stati in grado di rendere al meglio la potenza devastante dei vari colpi e tutto il potere dei cosmi dei vari Saint, riuscendo anche nel variegare cromaticamente i vari attacchi speciali, da muri di forza a saette, da bufere invernali a campi infuocati.
Ottimo anche il comparto musicale ad opera di Yoshihiro Ike, che riesce nel non facile compito di donare la necessaria epicità alle poche e brevi battaglie mostrate nel corso del film. Forse, il punto più alto dell'intera opera.

L'ADATTAMENTO ITALIANO

Non avendo avuto modo di visionare l'opera originale, non mi è possibile giudicare traduzione e doppiaggio italiano, il grado di fedeltà e la presenza di eventuali errori di traduzione, sebbene a una visione "superficiale" non si noti nulla di anomalo.
Vi sono però due aspetti dell'adattamento su cui è doveroso soffermarsi: l'epicità dei dialoghi italiani e l'alterazione dei nomi dei personaggi.
Come parzialmente accennato nei paragrafi precedenti, Saint Seiya è sempre stato uno dei figli di Ashita no Joe: la storia, tra le altre cose, di un gruppo di esseri inferiori, orfani di basso lignaggio, che sfidano l'ordine costituito da persone più importanti di loro. In particolar modo Seiya, il protagonista, è un ragazzo di strada, rozzo, maleducato, forse anche un po' analfabeta, con un linguaggio scurrile e terra terra, cosa che dona un notevole contrasto con i Saint di livello superiore, fin addirittura le divinità olimpica. Si pensi a Misty della lucertola, primo Silver Saint ad affrontare Seiya: bello, acculturato, abituato alla vittoria e ignaro del dolore e della sofferenza, in completa antitesi al nostro protagonista. Purtroppo, tale contrasto, tale tematica fondante dell'opera, è sempre stata, se non completamente cancellata, quantomeno nascosta nell'adattamento italiano, in nome di un'aulicizzazione di buona parte dei dialoghi che, ben lungi dall'accrescerne il valore culturale, ha solamente banalizzato e appiattito personaggi e caratterizzazioni. Fortunatamente, in questo film non si è scelta questa via. Qualche aulicizzazione è ancora presente qua e là, tuttavia possiamo finalmente dire addio al Seiya che citava Dante o altri letterati del passato; in pieno rispetto del suo background sociale, Seiya ha un linguaggio da ragazzo di strada, semplice, diretto, anche un po' maleducato. Niente più "vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole" o "cedi il passo", ma spazio ad un irriverente Seiya che da del tardone ad Aldebaran del Toro. Del resto, tale soluzione risulta conveniente anche per i curatori dell'edizione italiana, richiedendo una traduzione fedele meno tempo di un completo stravolgimento in sede di adattamento.
Per quanto riguarda i nomi dei personaggi, invece, non si può che constatare mestamente come Saint Seiya in italia sia ancora ostaggio della nostalgia dei vecchi appassionati, poco interessati alla valorizzazione di quest'opera nella sua autenticità.
In Giappone, seguendo l'idea di un film pensato per le nuove generazioni (l'inizio di una nuova leggenda) si è avuto il coraggio di rinnovarsi: nuovi doppiatori, nuovo design, nuove sigle, in alcuni casi nuove caratterizzazioni, addirittura si è reso Milo dello Scorpione una donna. In Italia, invece, è mancato questo coraggio, e ci si deve accontare dei vecchi nomi dell'adattamento italiano quali Lady Isabel, Micene, Ioria, Sirio, Cristal, Per il sacro Leo, ecc... e del vecchio titolo: I cavalieri dello zodiaco - La leggenda del grande tempo
Un vero peccato.

UNA NUOVA LEGGENDA?

La buona caratterizzazione di Saori e di Seiya, l'ottimo comparto grafico e l'eccellente colonna sonora non bastano purtroppo a salvare quest'opera, limitata da problemi strutturali irrisolvibili per un film di tale durata. Saint Seiya è un'opera meritevole di attenzione solamente se le si da il tempo necessario per fruttificare, tanto è vero che anche i restanti spin-off, sequel, prequel e quant'altro sono tutte serie di una certa lunghezza.
Se davvero si voleva puntare su un remake cinematografico, molto più sensata sarebbe stata una trilogia: un primo film atto a presentare i personaggi principali, la crescita di Saori e la nascita dei vari legami tra loro, magari focalizzandosi su Ikki come nemico finale; un secondo in cui introdurre il Santuario e i Silver Saint, così da meglio approfondire la crescita dei Bronze Saint e le prime battaglie con nemici a loro superiori, preparando anche il terreno per i Gold Saint; ed infine una terza pellicola da dedicare interamente alla scalata alle dodici case, con tutto il tempo necessario per definire i vari Gold Saint.
Così facendo allora sì, sarebbe stato forse possibile creare un'opera degna di essere fruita sia dai vecchi appassionati che dalle nuove generazioni, un vero e proprio inizio di una nuova leggenda.
Ma con questo film? I vecchi fan probabilmente si divideranno, tra chi griderà al tradimento e chi riuscirà quanto meno ad apprezzarlo per il suo valore nostalgico, ma difficilmente ci sarà qualcuno che lo considererà anche solo vicino all'originale. Ma il dubbio riguarda le nuove generazioni, quelle che, secondo le dichiarazioni ufficiali, sono il vero target del film. Com'è possibile che un ragazzo di oggi, che non conosce nulla dei Saint di Atena, possa appassionarsi ad un film veloce e superficiale come questo, in cui a parte la coppia protagonista ben caratterizzata non vi è nulla, in cui personaggi privi di spessore e carisma si avvicendano per menarsi? Più probabile che il film finisca dimenticato nel giro di poco tempo, perchè, sinceramente, c'è molto di meglio di giro.
Legend of Sanctuary è un'occasione sprecata, che si fa ricordare quasi più per il rammarico di non aver saputo sfruttare i suoi (pochi) punti di forza. 30 minuti introduttivi ben fatti e interessanti, 40 minuti di combattimenti veloci e poco significativi tra personaggi vuoti e dimenticabili e 20 minuti conclusivi da dimenticare. Nel migliore dei casi un film quasi gradevole che potrebbe far venire voglia di rifruire dell'opera originale, nel peggiore una perdita di tempo.