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<b>Attenzione: la recensione contiene lievi spoiler</b>

“Re:Life in a Different World from Zero” è una serie tratta da una light novel che, come spesso accade, parte da un’idea carina e originale. Il problema che ho più volte notato in questo genere di prodotti è che l’interessante spunto iniziale viene velocemente compromesso da un intreccio narrativo che non riesce a reggere le aspettative iniziali e, spesso, da personaggi eccessivamente stereotipati o, comunque, costruiti a tavolino per ammiccare ai gusti del fandom. “Re:Zero” sarà un’eccezione o rafforzerà la mia convinzione? Sono certo che avrete già notato il voto della recensione e pertanto saprete che il mio giudizio si avvicina alla seconda opzione, eppure “Re:Zero” ha i suoi buoni momenti. Ma andiamo con ordine.

La serie inizia in modo frizzante e rapido, senza dare grosse spiegazioni: Subaru esce da un market e si trova in un mondo fantasy. Dopo un po’ di spaesamento, si mette subito nei guai e viene ucciso. Scopre così che, in caso di morte, rinasce tornando indietro nel tempo a un “checkpoint” e ha una nuova possibilità per raggiungere il successivo. A parte questo non trascurabile potere, rimane il solito ragazzo mediocre, senza particolari doti magiche o di combattimento. In realtà si dimostra, in questo mondo, anche abile a fare quello che nella vita reale sembra riuscirgli in modo disastroso, ovvero attirare l’attenzione degli esseri viventi del sesso opposto; in particolare, viene in contatto con Emilia, mezz’elfa della quale si innamora immediatamente.

Tale premessa si concretizza a livello di formato in alcuni loop che coprono l’arco di diversi episodi. Il primo, piuttosto breve, è quello che ho trovato più efficace e meglio realizzato, forse complice anche la novità e il fatto che non è mai stata forzata la mano su situazioni troppo paradossali. “Re:Zero” parte alla grande, con un ritmo frenetico, un bel character design e con un grandissimo potenziale a livello di sceneggiatura. Sfortunatamente il secondo loop prende una piega che ho poco gradito, il ritmo rallenta, i personaggi si danno al ‘cazzeggio’ e ci si avvicina al genere harem, con il nostro protagonista che è intento a provarci con la sua amata. Nel mentre fa conoscenza, con un discreto successo, anche con altre donzelle. Ancor più irritante la struttura episodica che acquisisce, ovvero gli avvenimenti interessanti avvengono a fine episodio, appena prima della sigla finale, in modo di creare interesse per l’episodio successivo che, tuttavia, inizia annullando il climax, proponendo un’ampia dose di avvenimenti di scarso interesse. A sua volta vi piazza un nuovo elemento scioccante negli ultimi minuti, lasciando gli approfondimenti, che in realtà non saranno adeguati alla aspettative, al successivo. Il secondo arco va avanti fino a circa a metà serie in questo modo, diventando solo leggermente più ritmato e, dal mio punto di vista, più sopportabile nelle sue battute conclusive.
Il terzo arco esce per fortuna da questa spirale distruttiva, la sceneggiatura torna a focalizzarsi sulla trama globale e sull’ambientazione, esattamente dove avevo intravisto delle potenzialità. Vengono abbandonate le tematiche da harem e si cerca di dare un respiro più ampio agli avvenimenti, presentando le altre pretendenti al trono. Le intenzioni sono ottime e a livello di trama si aprono scenari interessanti, il problema sono le modalità con cui le candidate annunciano i loro “programmi elettorali”: mi è toccato assistere a dei dialoghi veramente ridicoli e paradossali, più da mercato o da osteria che da sala del trono. Il tutto si conclude con uno ‘sclero’ di Subaru che risulta, più che convincente, ridicolo: a livello di personaggio poteva essere un passaggio coerente, ma le motivazioni e le frasi uscite dalla sua bocca risultano poco credibili, così come lo sono i suoi toni. Dopo un paio di episodi in cui l’anime torna in parte a convincere, c’è uno ‘sclero’ ancora più noioso e logorroico, con un episodio totalmente dedicato alla ricostruzione morale del protagonista, che in effetti da quel momento dimostra di avere ritrovato le palle. Ancora una volta, se sicuramente a livello di personaggio, viste le vicissitudini passate e quello che era abituato a fare sulla Terra, il comportamento ci sta, i problemi sono la resa dell’episodio, i dialoghi e la situazione che lo scatena. Il lungo monologo è scritto in modo incoerente e un po’ sconclusionato, lascia un retrogusto amaro, come se il tutto fosse costruito in modo artificioso e pretestuoso. Per fortuna la serie, da questo punto, cresce: Subaru riesce a mettere in pratica un piano ben pensato e strutturato, vi è uno scontro ben raccontato che occupa un paio di episodi e ci si avvia verso il finale dove, a parte un nemico inutilmente logorroico e caricaturale, la serie scorre in modo convincente.

La vera nota dolente, almeno per quel che mi riguarda, di “Re:Zero” sono i personaggi. Sin dalla sigla iniziale è chiaro come, per i miei gusti, la loro forte stereotipizzazione sarebbe stata un problema e, in effetti, il mio timore si è concretizzato all’inizio del secondo arco: mi vengono presentate due maid, che si vanno ad aggiungere alla mezz’elfa carina e dolce. Come se non bastasse, con loro arriva pure una loli e, più avanti con gli episodi, seguiranno altri stereotipi. Il problema si ripete anche per i personaggi maschili, a cui viene incollato uno stereotipo di qualche tipo. Tutti coloro che hanno un ruolo di rilievo hanno una caratterizzazione eccessiva: il protagonista è l’otaku, il signore del castello è super-eccentrico, il nemico per forza un malato mentale irrimediabile e logorroico, ecc. Si tratta ovviamente di una valutazione soggettiva, personalmente non amo vedere queste forzature e mi danno fastidio, ma, se per esempio vi piacciono le maid, Rem probabilmente la adorerete. Per il sottoscritto, che cercava una trama di spessore e dei personaggi con una caratterizzazione psicologica credibile e ben costruita, “Re:Zero” è la desolazione completa.

Ancora una volta, come con “Gate” o “Sword Art Online”, nella mia eterna ricerca di un buon fantasy sono finito a farmi ingannare dal buon incipit dell’anime, per poi trovarmi intrappolato in una serie che assolutamente non è nelle mie corde. In questo, “Re:Zero” si è dimostrata migliore dei titoli che ho citato, certe parti sono in effetti state piacevoli, da qui la sufficienza.