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Mentiremmo tutti se dicessimo che al suo annuncio non restammo basiti davanti alla sua sinossi. Il suo incipit sembra realmente scritto da un bambino in uno scatto di scrittura creativa, tanto banale quanto immediato, e ciò è innegabile. Ma l'abilità del team di sviluppo ha permesso che "Digimon Universe: Appli Monsters" (abbreviato in "Appmon") sia diventata oggi una degna serie del Franchise e la giusta evoluzione per impedire che "Digimon" resti relegato nel passato.

Come è giusto che sia, in una serie indirizzata principalmente ad un pubblico infantile e pre-adolescente, la trama di base viene gettata subito all'inizio per creare interesse nel giovane spettatore: all'interno di ogni applicazione dei nostri smartphone vivono delle Intelligenze Artificiali (IA) che ne permettono il funzionamento ed una di queste, Leviathan, brama la conquista del mondo e toccherà ad Haru Shinkai e Gatchmon, appmon dell'applicazione della ricerca, raccogliere il potere necessario a sconfiggere "l'ultimo nemico". Semplice e lineare, all'apparenza. E almeno nella prima metà della storia così è, seguendo uno schema episodico: ogni puntata presenta un appmon infetto che sta creando scompiglio nella popolazione ed i nostri protagonisti intervengono per salvare la situazione mentre sono alla ricerca della forza per affrontare direttamente Leviathan. Ma già ora possiamo osservare la sopita maturità della serie e il messaggio che vuole veicolare, che un bambino non può cogliere pienamente. Gli appmon che puntualmente "impazziscono" gestiscono le applicazioni più svariate, dal GPS alle recensioni di ristoranti e puntualmente la città piomba nel caos con tanto di servizio al telegiornale. Perché anche applicazioni innocue alzano tutto questo polverone? Semplicemente: ne siamo dipendenti. Oggigiorno usiamo i nostri smartphone praticamente per ogni cosa, affidandoci ciecamente a qualcosa che è capace di apprendere il nostro stile di vita e personalizza il proprio algoritmo e le sue risposte per adattarsi a noi stessi. Ma questi restano solo un insieme di dati programmati da un altro essere umano e non è così difficile immaginare che tale personalizzazione non sia controllata dall'esterno. Infinite teorie del complotto vedono la globalizzazione come un mezzo attuo al controllo delle masse e gli smartphone, da questo punto di vista, sembrano aver accelerato questo processo di omologazione collettiva. Un argomento molto profondo da affrontare che verrà ulteriormente approfondito nella seconda metà della storia, annunciata da una nuova opening, e direttamente affrontato da protagonisti e antagonisti in battaglie di ideali, oltre che mere mazzate.
Il primo obiettivo di "Appmon", comunque, non è la semplice retorica ma divertire lo spettatore. Interi episodi sono dedicati alla comicità senza vere progressioni in termini di trama e ciononostante non è un vero e proprio difetto della sceneggiatura, anzi. Grazie alle costanti gag e situazioni comiche che vanno a consumarsi, si è capaci di conoscere sempre più a fondo il carattere dei protagonisti in maniera parallela e complementare alla crescita psicologica che questi ricevono negli episodi a loro dedicati, saggiamente distribuiti su tutta la serie.
Se tutto quello detto finora vale per la prima metà della serie, vale solo in minima parte per la seconda, in cui la narrazione accelera e raggiunge il suo culmine fino al suo epico finale. Il registro comico si mantiene piuttosto costante, ma intere sezioni della storia si lasciano dietro le gag per una sceneggiatura più cupa, ma mai troppo, e votata all'azione e ancor di più alla crescita dei personaggi, ponendoli costantemente davanti a bivi etici. Questo cambio netto di narrazione arriva praticamente annunciato, con grande gioia dello spettatore più cresciuto esasperato dalla lentezza della prima parte, e permette come già detto di esplorare più a fondo il legame tra umani e IA.

I protagonisti di questa storia sono il già citato Haru Shinkai, l'app-idol Eri Karan, l'app-tuber Torajirou Asuka detto Astra e l'hacker solitario Rei Katsura, affiancati rispettivamente da Gatchmon, Dokamon, Musimon e Hackmon,. Come il franchise ci ha abituato, ogni protagonista è una persona a tutto tondo dotato di una caratterizzazione attenta e completa che merita di essere, almeno brevemente, esposta.
Haru Shinkai viene presentato come un modesto ragazzino senza grandi ambizioni, avido lettore, e consapevole di vivere nell'ombra del suo migliore amico Yuujin, ben più carismatico e adatto a ricoprire il ruolo di protagonista. Haru, infatti, si vede come la "spalla" di Yuujin, un personaggio secondario. Ma appena si vedrà catapultato in un mondo che gli impone di prendere decisioni e rischiare la propria incolumità, se vedrà costretto a prendere in mano la sua vita e diventarne protagonista. Per questo gli viene affidato come compagno Gatchmon, appmon della ricerca. Gatchmon simboleggia il viaggio intrapreso da Haru nonché la sua costante fame di conoscenza nata dal frequentare costantemente la libreria locale. Haru è alla ricerca di una soluzione al problema di Leviathan e quando il momento del confronto finale si presenterà, sarà capace di prendere la decisione giusta, per lui e per tutti, da solo perché avrà finalmente trovato il suo posto.
Eri Karan, il centro dell'Universo, è la seconda Appli-Driver ad essere presentata, inizialmente un'egocentrica ma educata Idol del noto gruppo AppliYama-470. È affiancata dall'appmon dei giochi d'azione Dokamon, ma inizialmente il loro rapporto è profondamente conflittuale al punto che Eri lo tiene nascosto anche ai suoi occhi. Il percorso che intraprenderà l'Idol sarà quello di autodeterminazione personale: Eri dovrà essere in grado di trovare la forza di muoversi nel competitivo mondo delle idol, specie nella sua agenzia che conta ben 470 artiste. Riuscire a farsi notare significa avere la forza di superare i suoi limiti, di accentrare su di sé l'attenzione di tutti, di diventare "il centro dell'Universo", esattamente come Dokamon che simboleggia la forza di saper avanzare. Non importa quante volte si possa cadere, bisogna sempre rialzarsi perché nulla si fa sempre e solo per se stessi.
Il terzo membro principale dei protagonisti è Astra, famosissimo AppTuper dalle milioni di visualizzazioni. All'apparenza, lui è l'unico ad avere una vita "perfetta": fa ciò che ama e ama ciò che fa, ha successo ed è pieno di amici. E il suo buddy Musimon rappresenta alla perfezione il senso di divertimento e creatività che Astra trasuda in ogni azione e dialogo. Ma, ovviamente, non è tutto oro quel che luccica. Torajirou è l'erede di una rinomata famiglia tradizionalista ed ha dovuto lottare per il suo canale, che comunque gestisce sotto strette condizioni. La vita che gli si prospetta davanti ha tutt'altro che l'aria di essere divertente e fare video non è altro che una valvola di sfogo, un tocco di divertimento in una vita altrimenti grigia. Per questo proprio Musimon, l'appmon della musica, gli è abbinato: la musica è profondamente personale per ognuno di noi. È un attimo di sfogo e liberazione dall'opprimente ansia causata dal mondo esterno. La ricerca dell'equilibrio tra le sue due metà, sarà l'obiettivo principale di Astra.
Ultimo Appli-Driver è Katsura Rei, inizialmente antagonista secondario della storia. La sua profonda conoscenza dei computer e della rete si concretizza in Hackmon, appmon dell'hacking, grazie al quale migliora notevolmente le sue capacità di manipolazione dei sistemi digitali, appmon inclusi. Come "Digimon Adventure 02" ci ha insegnato con BlackWarGreymon e Yukio Oikawa, nessuno è cattivo fino al midollo. Le azioni di Rei sono pienamente giustificate e lentamente verremo a conoscenza del profondo peso che grava sulle sue spalle, peso che non riuscirebbe a portare se non fosse per colui che credeva solo uno strumento: Hackmon stesso. Hackmon sceglie di essere sempre al fianco di Rei, qualunque scelta lui prenda, perché è consapevole della profonda solitudine che lui prova. Se mai venisse lasciato del tutto solo, è impossibile prevedere quali conseguenze possa avere la psiche di Rei sempre sul limite della disperazione.
Oltre i quattro protagonisti e una ristrettissima cerchia di personaggi secondari, tra buoni e cattivi, nessuno presenta una caratterizzazione degna di questo nome, ma solo uno stereotipo adatto al ruolo di supporto che copre all'interno della narrazione. Ne consegue che mai nessun altro personaggio regge una scena se non è affiancato da uno dei sopracitati protagonisti.

Dal punto di vista tecnico, "Appmon" non brilla di certo per animazioni complesse o ben realizzate, anzi. Il livello di cura di molti still-frame in certi episodi è imbarazzante: volti deformati e dettagli del corpo appena abbozzati. Vero punto di merito, invece, va alla CGI usata abbondantemente per gli appmon oltre il livello evolutivo "Standard". Al contrario delle altre 6 serie del brand, la CGI non è più limitata alla sequenza di trasformazione del mostriciattolo (ora rinominata Appli Arise), ma questi viene completamente animato con tale tecnica, creando un effetto molto realistico e dinamico specie nelle battaglie, ora libere di mostrare coreografie complesse, in virtù anche della quantità incalcolabile dei dettagli grafici degli appmon stessi. I più potenti hanno dettagli su praticamente ogni punto del corpo che a favore di un'animazione più fluida della lotta si sarebbero persi ed il recente "Digimon Adventure Tri. Symbyosis" è un chiaro esempio. Ciononostante, quando non impegnati in battaglia, la CGI degli appmon risulta anche fastidiosa perché non verrà animata nessuna parte del corpo ad eccezione della parte interessata dal movimento e la bocca durante i dialoghi, dando l'impressione di assistere ad uno spettacolo di marionette.
Le soundtrack utilizzate sono poco ispirate e facilmente dimenticabili, ad eccezione delle OST vocali. Le due opening sono orecchiabili e specie la seconda darà la giusta carica per continuare la visione, caratteristica importante per un battle shounen. Le quattro ending, una per ognuno dei quattro cour occupati dalla serie, sono ognuna diversa dalle altre e spaziano dalla mera comicità a pseudo-canzoni d'amore.

Nonostante tutto, "Appmon" non è esente da grandi difetti. O meglio: un unico grande difetto.
Primo tra tutti è l'altalenante ritmo della narrazione principale, lentissima nella prima metà ed accelerata all'inverosimile nella seconda. Ne consegue che non tutti i boss ricevono lo stesso trattamento dalla sceneggiatura: gli antagonisti della seconda metà vengono presentati e sconfitti definitivamente nell'arco di poche puntate e l'ultimo livello evolutivo degli Appmon, il livello GOD, viene raggiunto contemporaneamente da tutti i protagonisti nelle battute finali della storia. Tale finale, inoltre, è intervallato dalla precedente saga da una mini-saga d'intermezzo prettamente comica dove l'avanzamento della trama è affidato a pochi momenti distribuiti in mezzo a scenette anche evitabili. Nonostante la conclusione sia comunque completa e soddisfacente lascia l'impressione di essere stata compressa all'inverosimile per non sforare la produzione. Da questo punto di vista appaiono ancor più come filler certe puntate della prima e seconda parte, facilmente eliminabili a favore di una narrazione più fluida.

In conclusione, "Appmon" riesce pienamente a confermarsi come serie d'intrattenimento e regge magistralmente il confronto con le altre serie storiche del quasi ventennale franchise di cui fa parte in virtù della curata caratterizzazione dei protagonisti ed una morale di fondo attualissima. Per i veterani del brand, inoltre, sarà divertente scovare tutte le piccole citazioni alle serie passate, specie Adventure 01 e 02, alcune palesi altre ben nascoste fino a culminare in un episodio pregno di nostalgia in cui verranno citati direttamente i Digimon come i "fratelli maggiori" degli appmon. "Appmon" verrà ricordata come la serie che ha fatto evolvere "Digimon" per entrare a pieno titolo nel nuovo decennio, costruendo le proprie basi, in modo tale che possa ancora regalare storie interessanti e personaggi studiati con rispetto per lo spettatore, obiettivo in cui "Digimon Xros Wars" (o "Fusion Battle" nell'adattamento italiano e americano) aveva parzialmente fallito.
Non lasciatevi ingannare dalla banalità della sinossi. Ne rimarrete piacevolmente shockati.