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8.5/10
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Makoto Shinkai torna in grande forma, e questa volta lo fa trattando un tema piuttosto complesso, ovvero la percezione dei viaggi nello spazio-tempo, letta nella chiave in cui riesce a identificarsi meglio, ovvero la rappresentazione adolescenziale-romantica. Ne scaturisce un lavoro davvero curato e intenso, probabilmente il suo migliore.
In passato questo autore “solista” ci aveva abituato a scenari caleidoscopici, coloratissimi e capaci di trasmettere una nostalgia sovrannaturale, ma, nel contempo, ognuno dei suoi prodotti appariva acerbo, incompleto, quasi incompiuto, potremmo dire. I protagonisti di Shinkai sono sempre stati un ragazzo e una ragazza adolescenti, immersi in scenari vasti, sconfinati, a cavallo fra il sogno e la malinconia, nel bel mezzo di avventure talvolta fantastiche, talvolta semplici, e in ogni caso dalla straordinaria intensità emotiva. Ma a fronte di un piacere visivo fatto “in casa” di grandissima qualità capitava che la struttura della trama risultasse fin troppo semplice, o fragile e incompleta.
In “Your Name.”, parte di questo “difetto” viene finalmente meno: Shinkai decide di tessere un racconto forse non originale, ma sicuramente molto più complesso e ragionato, che rende giustizia a dei disegni, dei colori, dei fondali, delle animazioni e a una colonna sonora davvero memorabili.

L’idea non è certo innovativa, anzi: riecco due protagonisti scontati, cioè una ragazza e un ragazzo, entrambi liceali, entrambi pieni di sogni e aspettative per il futuro. Ma, questa volta, la loro correlazione e le loro percezioni non saranno affatto scontate.
Il tutto parte come qualcosa di incomprensibile. La ragazza in questione è una giovane “di campagna” come tante altre, carina, allegra, intraprendente, di nome Mitsuha. Vive in un paesino sperduto fra le montagne, è una liceale, si occupa delle tradizioni del luogo, suo padre è il sindaco del paesino, ma a quanto pare non ama affatto lo stile di vita provinciale e “antiquato” del luogo; il suo sogno sarebbe quello di trasferirsi a Tokyo e cambiare finalmente vita. Una notte, però, Mitsuha fa un sogno veramente paradossale: si ritrova a vestire i panni di un ragazzo di città, un tipo di nome Taki, che vive proprio a Tokyo, e fa una vita simile alla sua, ma al tempo stesso completamente diversa in quanto a ritmi e abitudini giornaliere. È una situazione imbarazzante, ma alla fine si tratta soltanto di un sogno... che importa? Non ci sarebbe niente di strano, se non fosse che quel ragazzo di nome Taki esiste davvero, e abita veramente a Tokyo, e una notte, senza nessun motivo, anch’egli sperimenta un sogno stranissimo in cui si ritrova nel corpo di una ragazza che vive in un paesino sperduto fra le montagne, una bella adolescente figlia del sindaco del paese...
Da qui scatta la scintilla del film: i sogni si ripetono, ed è chiaro che non si tratti soltanto di fantasie oniriche. I due imparano a conoscersi in modo parallelo ma distante, in un susseguirsi di eventi e situazioni che dapprima appariranno come coincidenze, ma con lo svolgimento della trama sveleranno un destino comune allineato da qualcosa di più che il semplice fato.

“Your Name.” brilla davvero come le stelle notturne, fulgide e romantiche che Shinkai ci ha illustrato negli anni passati. Non ha cambiato il suo modo di proporre arte, né ha cambiato la sua struttura classica, e forse questo può far apparire il tema di fondo un po’ monotono, soprattutto se ci si aspettava qualcosa di totalmente innovativo. Ma, a conti fatti, è stato questo proseguire con lo stesso tipo di impostazione a ricreare un’atmosfera a lui congeniale, accompagnata da una colonna sonora coinvolgente, capace di portarci nel cuore di una storia d’amore assolutamente non convenzionale; anzi, una storia che non è nemmeno possibile definirla “d’amore”, ma d’amore mai vissuto.
C’è del Giacomo Leopardi in questa malinconia astratta, ma solo in piccole dosi. Si focalizza l’Amore con la A maiuscola come potere sovrannaturale, più che “semplice” sentimento, una forza così grande e così intensa, se pura e sincera, da vincere ogni genere di distanza, oltre il tempo e lo spazio, quasi strizzando l’occhio a quell’incredibile e metafisico finale che ci regalò “Interstellar” di Christopher Nolan, da cui ne eredita quantomeno il concetto di unione sopra ogni altra legge fisica e quantistica.

In fondo anche questo tema non è certo qualcosa di originale, ma il regista e disegnatore capace di dispensare sogni tramite immagini ha questa volta fatto centro: la qualità dei disegni è aumentata rispetto ai suoi precedenti lavori; le animazioni sono un vero orgasmo visivo. Le luci, i colori, il susseguirsi di fotogrammi e l’impostazione in stile “anime seriale” dei primi venti minuti arricchiscono il film come mai visto prima.
Nella parte centrale, la storia accelera decisamente, coinvolgendo lo spettatore in modo più deciso e toccante; ogni punto interrogativo posto all’inizio viene lentamente risolto, ogni dubbio svelato. Il finale è a metà fra il malinconico e il lieto fine, ma senza ombra di dubbio aperto e struggente.
Considerandolo nella sua interezza, “Your Name.” non è certo vicino alla perfezione, ma risulta un viaggio emotivo a più livelli, e anche con ritmi differenti: compassato e gioviale all’inizio, tanto da strappare diversi sorrisi, concitato e sconcertante fino alla metà, sconvolgente verso la fine, malinconico ed emozionante sul finale, e al tempo stesso rivelatore dei suoi stessi enigmi, così da aprire letteralmente il cervello di chi si è immerso in questa apnea visiva. Forse una caratterizzazione maggiormente approfondita di alcuni personaggi avrebbe arricchito il tutto, ma possiamo accettarlo anche in questa forma.

A mio avviso, finalmente, il lavoro più completo di Shinkai, capace ora di confrontarsi coi più grandi maestri dell’animazione contemporanea senza nessuna remora, e non solo al botteghino, dove ha riscosso, com’era logico che fosse, grandi numeri: “Your Name.” parla al cuore con le parole giuste. Magari non è innovatore né rivoluziona, anche perché non ne ha alcuna necessità, ma emoziona come pochi altri film recenti riescono a fare. Ed è ciò che conta.