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7.5/10
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Mi piacerebbe, per questa recensione, partire da uno dei proverbi più famosi e storpiati di sempre: “Se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna”. Come ben sapete, la montagna simboleggia una cosa che non si può muovere; pertanto, qualunque sforzo si faccia per avvicinarla, il risultato è ovvio: non si sposterà mai e deve essere l'altro ad agire. Ora, in questa sede, giochiamo di fantasia e immaginiamo che io sia la montagna e Maometto sia “Demon Slayer”. Per nessuna ragione al mondo, mi sarei mosso per andare incontro all’opera più discussa e controversa degli ultimi anni, che molti definiscono un capolavoro, mentre altri un vero flop. Sarà per i giudizi negativi che ho sentito al riguardo, sarà perché le serie “mainstream” non mi attirano, ma io mi sono sempre rifiutato di guardare “Demon Slayer”. Però, come dice il proverbio, se la montagna non va da Maometto, allora è Maometto a muoversi. Dunque, con delle dinamiche che ancora non mi spiego, mi sono ritrovato a stringere un patto con un mio amico: io lo avrei obbligato a guardare una serie a mio piacimento, e lui avrebbe fatto lo stesso con me. (S)fortuna vuole che il mio carissimo amico mi abbia consigliato proprio “Demon Slayer”, meglio conosciuto in patria come “Kimetsu no Yaiba”. Ed eccoci qui a recensirlo.

Ora, non vi nascondo di essere un tipo molto schematico, ma, quando scrivo, di solito, mi lascio trasportare dai pensieri, così come si palesano in quel momento, ma oggi voglio cambiare registro. Trattandosi di una delle opere, inspiegabilmente, più amate dai Giapponesi, ho deciso di operare una vera e proprio vivisezione dell’anime in questione, come solo un bravo medico legale saprebbe fare. Mai come oggi sarò oggettivo e, lì dove ce ne sarà bisogno, spietato.

Dunque, tratterò l’anime punto per punto, senza tralasciare nulla.

E il punto di partenza di ogni opera che si rispetti è la trama. Protagonista della storia è Kamado Tanjiro, il primogenito di una numerosa famiglia orfana di padre, che vive in una isolata casa di montagna trai boschi. Un giorno, dopo una fitta nevicata, il ragazzo si reca da solo in città per vendere del carbone. Purtroppo, però, non riesce a far ritorno a casa prima dell'imbrunire e un amico di famiglia lo esorta a passare la notte da lui ai piedi della montagna, sconsigliandogli di addentarsi nel bosco di notte, per via di una voce riguardante la presenza di demoni notturni in zona. Il caso vuole che la storia raccontata dal signore sia vera, infatti, quando Tanjiro il mattino seguente torna a casa, assiste a una scena straziante: tutta la sua famiglia è stata divorata, tranne sua sorella Nezuko, che è diventata un demone. Da qui parte l’avventura alla ricerca di una cura per far tornare umana Nezuko e, nel farlo, Tanjiro dovrà allenarsi duramente per unirsi ai cacciatori di demoni.
Come ogni shonen che si rispetti, la storia si basa sul mitico viaggio dell’eroe. Un protagonista con un obiettivo in mente che, per raggiungerlo, deve superare numerose peripezie. Da questo punto di vista, la trama non potrebbe essere più banale di come si presenta. L’idea dei demoni è carina, ma di certo non brilla per originalità, ma forse questo è il punto meno dolente. La trama è fortemente ripetitiva, con un susseguirsi di scontri all’ultimo sangue, interrotti da brevi e sporadici momenti di pausa. Essendo uno shonen, i combattimenti sono il punto centrale dell’opera; nonostante ciò, la storia procede in modo spedito, bilanciando bene tempo della storia e tempo del racconto. Gli scontri sono belli, soprattutto graficamente (su questo ci torneremo dopo) e sia i buoni che i cattivi mettono in gioco un repertorio molto vasto di abilità e poteri speciali. Peccato, però, che gli esiti delle battaglie siano scontati come i prodotti alimentari del discount sotto casa. L’opera, anche e soprattutto nella sua crudezza e violenza, vuole assomigliare molto a uno shonen che ha fatto storia, “Attack on Titan”, fallendo miseramente. Perché lì dove nell’opera di Isayama la tensione ti logora da dentro, soprattutto nelle prime stagioni, in “Demon Slayer” è proprio il pathos a venire meno, e questo, di certo, non invoglia lo spettatore ad andare avanti nella storia. Nel complesso la considero una trama discreta, con pochi alti e qualche basso di troppo, che non spicca per originalità, ma che, tutto sommato, si lascia guardare.

Ma che cosa sarebbe la trama senza dei personaggi che si rispettino? Partiamo, dunque, da quello più maltrattato di tutti ma, sotto diversi punti di vista, il migliore, Nezuko Kamado. La sorella di Tanjiro che, per una serie di sfortunati eventi, si è ritrovata con il corpo di un demone. La sua presenza è sporadica nel corso della serie, nonostante sia la persona più vicina al protagonista. Questo perché, essendo un demone e non potendo vedere la luce del sole, è costretta in un baule di legno che il fratello porta sulle spalle. Fin qui, nessuna falla nel sistema. Peccato però che durante i numerosi combattimenti contro i demoni che, per la stessa ragione citata sopra, avvengono di notte, la povera Nezuko rimanga quasi sempre dentro quella maledettissima scatola, costringendo, per di più, il fratello a combattere con una zavorra sulle spalle. Il senso di questa scelta, onestamente, mi rifiuto di capirlo. Nonostante ciò, resta uno dei personaggi più validi della storia, con una bella ‘lore’ e che si lascia apprezzare più degli altri per un semplice motivo: avendo il pezzo di bambù tra i denti, non può parlare, quindi, non può dire banalità. E, parlando di banalità, arriviamo all’amorevole fratello, Kamado Tanjiro. Classico protagonista shonen, che si fa un mazzo quadrato per allenarsi e diventare il più forte spadaccino della Terra, fino a quando non incontra un nemico più forte di lui, che lo obbliga a cercare un nuovo potere dentro di sé, in grado di sconfiggere chiunque. Il tutto condito con le solite frasi motivazionali sulla vita, sul doversi fare forza e non arrendersi mai, e bla bla bla. I discorsi più noiosi dell’anime vengono proprio dalla sua bocca, ma anche a questo ci si fa l’abitudine. L’unica cosa, invece, a cui le mie orecchie non si abitueranno mai sono le urla di Zen’Itsu, la linea comica dell’anime, su cui, palesemente, non hanno investito molto tempo. Un inetto in tutto e per tutto, un fifone nato che scappa davanti alla prima difficoltà ma che nasconde un potere fortissimo, forse addirittura superiore a quello del protagonista. Il grande problema di questo personaggio è che dovrebbe far ridere, invece, con le sue continue grida, non fa altro che rompere i timpani e pure qualcos’altro. In tutto questo laghetto di putridume, però, c’è anche del buono, e mi riferisco a Inosuke. Lo spadaccino che si comporta da animale e sembra ignorare molte cose del mondo che lo circonda. Il motivo per cui sia diventato così è ancora sconosciuto, ma mi incuriosisce molto. È uno che pensa poco e agisce molto. Irruento e casinista, dà un po’ di pepe alla serie. Però, anche lui, urla maledettamente troppo. Infine, l’antagonista, il demone dei demoni, su cui in realtà si sa ancora molto poco, ma di cui sicuramente si scoprirà di più andando avanti nella storia, Kibutsuji Muzan. A dirla tutta, uno dei pochi antagonisti shonen che apprezzo veramente. Spietato e incredibilmente forte, tanto che il suo sangue, dato da bere ai demoni, fa miracoli. Quasi quasi, passo al lato oscuro.

I personaggi, come è giusto che sia, devono anche essere doppiati e, se siete dei sostenitori del “guardo gli anime solo in lingua originale”, vi prego di abbandonare la recensione, perché in Italia abbiamo dei doppiatori validissimi, ma, non si sa per quale arcano motivo, ci rifiutiamo di riconoscerlo. Da questo punto di vista, il lavoro è stato egregio e non poteva essere altrimenti. Tra i tanti nomi spiccano sicuramente quello di Renato Novara e Claudio Moneta. Il primo ha dato la voce a personaggi iconici come Mark Evans di “Inazuma Eleven”, Edward Elric di “Fullmetal Alchemist” e al buon vecchio Ted Mosby, protagonista di “How i Met Your Mother”, la celebre sitcom americana, che tra i suoi comprimari vede anche un certo Barney Stinson, doppiato dallo stesso Claudio Moneta. Insomma, un cast eccellente, che ha svolto un lavoro altrettanto eccellente.

Infine, per non tirarla troppo per le lunghe, arriviamo al vero punto di forza della serie, su cui converranno anche i suoi più acerrimi nemici, il comparto grafico e musicale. Il lavoro svolto da Ufotable è pregevole, nelle animazioni, nelle ambientazioni, nei fondali, insomma, in tutto. Non un errore, non una sbavatura. Uno studio d’animazione di eccellenza, per una serie che di certo non ha puntato al risparmio e a cui si aggiunge il grande lavoro svolto da Aniplex nella produzione delle musiche. Il tutto introdotto, in ogni puntata, da una opening di grande livello, come “Gurenge” di Lisa.

Bene, siamo arrivati alla fine, quindi bisogna tirare le somme. Graficamente è una delle cose migliori che potrete mai vedere in vita vostra. Riconosco, però, che la maggior parte della gente non si interessa a questo, piuttosto cerca una trama originale in grado di catturarlo. Quindi, se per voi quest’ultimo requisito è fondamentale, vi sconsiglio “Demon Slayer”. Se, invece, siete fanatici delle animazioni curate e ben fatte o, come me, ormai non badate più all’originalità dell‘opera, allora potete anche fare questo sforzo.