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“Evangelion è una storia che si ripete. È una storia in cui il protagonista assiste ad infiniti orrori con i suoi occhi, ma prova comunque a non piegarsi. È una storia di forza di volontà, una storia di progressi anche solo piccolissimi. È una storia di paura, in cui qualcuno che deve affrontare una solitudine indefinibile è terrorizzato dallo stringere legami, ma che comunque ci prova lo stesso.”

Sono passati ormai quindici anni dalla violenta catastrofe nota come "Second Impact", che provocò la morte di oltre tre miliardi di persone. Questo incidente, dalle cause non del tutto note, portò le persone a rifugiarsi in alcune città tecnologicamente avanzate, tra cui Neo Tokyo-3. Proprio in questa città, hanno inizio le vicende di uno studente molto introverso di nome Shinji Ikari, che verrà reclutato come pilota dell'Eva-01, un enorme robot costruito appositamente per combattere delle strane creature soprannominate "Angeli", che attaccano continuamente le città minacciando di provocare una terza catastrofe.

Il primo paragrafo riprende esattamente le parole di Hideaki Anno, a proposito dell’anime da lui ideato, “Neon Genesis Evangelion”. Il secondo riporta la trama così come la trovate sulla scheda dell’anime in questione. Quelli successivi, che credo saranno abbastanza lunghi, spiegano perché un capolavoro tanto acclamato come “Neon Genesis Evangelion” mi abbia annoiato.

“Neon Genesis Evangelion” è il tipico caso di opera preceduta dalla sua fama. In giro per il web, che sia su YouTube o siano i reel di Instagram, si sprecano i panegirici su un anime tanto bello, profondo e pionieristico come “Evangelion”, che gode della fama di anime drammatico-psicologico per antonomasia. Prima ancora di iniziarlo, dunque, sapevo a cosa andassi incontro e che, con buone probabilità, non mi sarebbe piaciuto, come piace a tre quarti del globo terracqueo. L’obiezione che mi si potrebbe muovere, a buon diritto, sarebbe: “Che cosa te lo sei visto a fare, allora?”. Beh, converrete anche voi, amanti e non di questo brand, che “Evangelion” vada visto almeno una volta nella vita, perché, nel bene o nel male, ha realmente rivoluzionato il mondo dell’animazione giapponese una volta e per sempre. Armato di pazienza e voglia di immergermi in questo universo immenso, dunque, ho dato il via alla visione di “Evangelion”, non senza un minimo di aspettative. Il risultato è stato, ahimè, alquanto deludente. E vi avverto, se siete persone suscettibili, che non accettano pareri negativi sul loro anime preferito, potete anche cambiare canale.

“Neon Genesis Evangelion” ha, innanzitutto, la pretesa di essere un mecha anime. Il presupposto, dunque, è che i protagonisti combattano a bordo di robot giganti per salvare il mondo. Tale è la dinamica anche in “Evangelion”, in cui, però, come molti di voi converranno, la componente mecha è solamente secondaria, perché la maggior parte degli sforzi sono concentrati su quella psicologica. I robot in sé sono ben congegnati e si nota chiaramente l’influenza esercitata su quanti sono venuti dopo. Tra Dummy Plug, AT-Field e circuiti di collegamento la situazione è tanto ben articolata, quanto poco avvincente. I combattimenti sono presenti e anche in numero elevato, considerando che, almeno fino alla sua metà, l’anime si regge su episodi autoconclusivi, in cui gli Eva si scontrano con l’Angelo malcapitato di turno. Il tutto, però, è privo di mordente. Sai già come andrà a finire e, cosa peggiore, i combattimenti durano un battito di ciglia. In quanto amante del mecha, sono uno strenuo sostenitore delle mazzate ignoranti tra robottoni. Tolte quelle, tolto il divertimento. Di certo, non mi aspettavo lotte spettacolari alla “Gurren Lagann”, ma neanche scontri così scialbi, che, il più delle volte, seguono la dinamica del: entro, spacco, esco, ciao.

A fianco alla dicitura mecha, poi, se ne dovrebbe trovare un’altra: fantascienza. La storia è ambientata in una sorta di mondo post-apocalittico, che è riuscito a risollevarsi e, grazie alle avanzate tecnologie, addirittura a migliorarsi. Proprio sulla catastrofe che colpì la terra quindici anni fa, il “Second Impact”, e l’organizzazione speciale creata per combattere gli Angeli, la Nerv, a cui se ne legano tante altre, come la Seele, gravano tantissimi interrogativi. Proprio questa è, a mio modesto parere, la parte più interessante della storia. Che qualcosa non vada e strane macchinazioni siano in atto dietro le quinte, all’oscuro di tutto e tutti, lo si capisce molto presto, ma sono il modo in cui viene gestita la situazione e come la verità viene dispiegandosi a poco a poco, che mi permettono di sorridere pensando a “Neon Genesis Evangelion”. Qui la storia si fa realmente avvincente e riesce a catturare appieno lo spettatore, nonostante il rischio di perdersi in alcuni passaggi fin troppo complessi. Purtroppo, però, non è tutto oro quel che luccica e la scelta di abbandonare completamente questa parte della storia, nel momento in cui si profilava la possibilità di un “Third Impact” e sarebbe dovuto giungere a conclusione il progetto per il perfezionamento dell’uomo, l’ho trovata incredibilmente stupida. “Eh, ma c’è “The End of Evangelion!”. Io, però, qui sto giudicando la serie originale e, per quanto mi riguarda, è come se la storia fosse rimasta incompiuta. Insoddisfacente.

Infine, c’è l’ultima dicitura: drammatico-psicologico. Qui, subentra la noia, la calma piatta, l’impossibilità da parte mia di riuscire ad affezionarmi a dei personaggi con un retroterra anche sufficientemente interessante, penso per esempio ad Asuka, la cui vita è un lamento continuo, un eterno disprezzare sé stessi, arrivando alla conclusione ultima, e cosa più giusta e banale non poteva esserci, che bisogna imparare ad accettarsi un poco alla volta e non vergognarsi nel cercare l’aiuto del prossimo. Il messaggio sarà stato anche innovativo per l’epoca, anche se questo mi induce a riflettere su quale fosse la situazione nel Giappone di fine Novecento, ma io spettatore non posso subirmi mezz’ora di flusso di coscienza ininterrotto nelle ultime due puntate, dopo le pippe mentali continue degli episodi precedenti, soltanto per arrivare a questa conclusione. Assolutamente no. E credetemi, ho cercato di comprendere le sofferenze, i traumi, la solitudine; ho tentato di immedesimarmi nei personaggi, ragazzini di quattordici anni a cui si chiede di salvare il mondo, ma non sono riuscito ad empatizzare con nessuno di loro, fatta eccezione, forse, per la povera Misato. Anzi, lì dove mi sarei dovuto emozionare maggiormente, crescevano la noia e il disinteresse. Nei confronti di personaggi che riescono solo a lamentarsi e fare il contrario di quello che pensano - sì, sto parlando di te, Asuka - non sono riuscito a provare compassione. Inoltre, mi disturba profondamente che, a soli quattordici anni, questi ragazzi siano già dei complessati mentali di questa guisa. Non oso immaginare toccata la soglia dei trenta. Tutti i personaggi di “Evangelion” sono dei problematici, allucinati, tra chi ha problemi con la figura paterna e chi con quella materna, che provano un forte senso di solitudine, concetto che viene ribadito fino alla nausea. Ecco, “Evangelion” non solo mi ha annoiato, ma mi ha anche fatto arrabbiare, perché, per quanto mi riguarda, vuole essere inutilmente complesso. Per arrivare alla conclusione ultima cui si approda nel finale, si sarebbero potute tranquillamente evitare le puntate 25 e 26, completamente inutili, così da spendere meglio gli scarsi 600 yen utilizzati per produrle. E vi assicuro che è la schiettezza che parla, non l’odio. Quello lo provo solamente nei confronti di chi inneggia al capolavoro senza aver capito una mazza, come il sottoscritto, che ad un certo punto non si è neanche più sforzato di comprendere, e chi esalta le idee illuminate del grandissimo Hideaki Anno, che è stato bravo solamente nel copiare Pirandello.

Nota al merito per le animazioni, di gran lunga sopra la media per gli anime del tempo e invecchiate benissimo, e per le musiche favolose, tra cui l’opening, “A Cruel Angel’s Thesis”.

Per concludere, da un lato vi faccio i miei complimenti se siete arrivati fin qui, anche se sono abbastanza sicuro che esistano parecchi che hanno declamato orazioni molto più lunghe della mia a proposito di “Evangelion”, dall’altro vi confesso il mio sospetto di aver tralasciato qualcosa in questa recensione, per quanto io la ritenga abbastanza completa, infine vi invito ad accettare, non condividere, il mio pensiero che, per quanto possa differire dal vostro, merita rispetto, anche perché mi sembra di non aver insultato la madre di nessuno, almeno non pubblicamente. Detto questo, mi piacerebbe chiudere con una piccola perla, utile a ricordarvi come gira il mondo: “Neanche Gesù piaceva a tutti.”