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Molto spesso, quando si parla di cinema d’animazione, la mente della maggior parte di noi pensa subito a quello giapponese, portato in auge dai vari Hayao Miyazaki, Satoshi Kon e Masaki Yuaasa, e a quello americano, con i film degli studi d’animazione maggiormente conosciuti in tutto il mondo, tra i quali spiccano ovviamente la Walt Disney e la Dreamworks Animation. Al fianco di questi due capisaldi dell’animazione contemporanea, ingiustamente dimenticata e troppo spesso snobbata, si colloca anche quella europea, che negli anni ha prodotto film di grande spessore, come “La tartaruga rossa” di Michaël Dudok de Wit e “L’illusionista” di Sylvain Chomet. Proprio dalla mente di quest’ultimo, fumettista e regista francese di discreta fama, nacque nel 2003 “Les Triplettes de Belleville”, in italiano “Appuntamento a Belleville”, pellicola che ottenne, tra le altre cose, la candidatura agli Oscar come Miglior film d'animazione e come Miglior canzone originale (per la canzone “Belleville Rendez-vous”).

Madame Souza è un’anziana signora di origine portoghese, immigrata in Francia diversi anni fa, che alleva da sola suo nipote Champion, in una casa-torre situata nella periferia di Parigi. Nonostante tutti gli sforzi della donna, il piccolo Champion cresce infelice e a nulla servono i vani tentativi fatti per renderlo più espansivo ed allegro, come l’adozione del cane Bruno. Un giorno, l’anziana signora scopre che il nipote ammira segretamente i grandi campioni del ciclismo e gli regala una bicicletta, più simile ad un triciclo, con la quale Champion può coltivare la sua passione. Diventato grande, grazie soprattutto agli allenamenti della nonna, Champion partecipa al Tour de France, ma durante una tappa viene rapito da due loschi figuri, che lo trasferiscono oltreoceano, nella megalopoli di Belleville, chiara caricatura di New York, per impiegarlo in delle corse clandestine. Nel frattempo, Madame Souza e il suo fedele cane Bruno non si danno per vinti e si avventurano mettendosi sulle tracce del nipote, grazie anche all’aiuto di uno stravagante trio di cantanti sul viale del tramonto e molto famose negli anni Trenta in terra francese, noto come le “Triplettes de Belleville”.

Queste sono, in sostanza, le premesse di un film stravagante e assurdo, la cui grande peculiarità sta nella quasi totale assenza di dialoghi. I personaggi parlano molto poco e le interazioni tra di loro sono lasciate, per lo più, ai gesti e agli sguardi. Mai come in questo caso, si comprende l’universalità del linguaggio dei segni, che consente al regista di lasciare ampio spazio alle musiche, che seguono l’anziana signora e il cane Bruno in questa comica avventura, durante la quale riusciranno a sbaragliare un intero clan di mafiosi. Il film è permeato da un importante tono ironico, che in più di una circostanza strappa un sorriso allo spettatore e, in altri casi, come quello del lento e rocambolesco inseguimento finale, lo fa ridere di gusto. A sostenere questa ironia, ci sono i disegni fortemente caricaturali. Champion assomiglia, per il naso lungo e la notevole stempiatura, al nostro Fausto Coppi, mentre i grandi e grossi tirapiedi del boss mafioso di Belleville hanno le spalle squadrate, che gli conferiscono la forma di un armadio. Dietro questa ironia, però, si intravede comunque un minimo di serietà. Al di là della caricatura e dell’assurdo, si intravede il messaggio d’amore che, probabilmente, il regista ha voluto lasciare al proprio pubblico. “Appuntamento a Belleville” è, sopra ogni altra cosa, la storia di un’anziana signora squattrinata, che è disposta ad attraversare l’oceano in pedalò pur di riportare a casa il nipote, di cui si è presa amorevolmente cura nel corso degli anni. L’amore di cui ci parla Chomet è chiaramente materno, perché, per Champion, Madame Souza è stata molto più di una semplice nonna. La dedica finale del regista, che recita: “A mes parents.”, sembrerebbe avvalorare questa lettura, certamente molto poetica e sentimentale.

La quasi totale mancanza di dialoghi rende il film molto scorrevole, a tratti anche troppo, dando l’impressione che quasi scivoli dalle mani e mettendo in luce quello che, a mio avviso, è uno dei limiti del film, la sua scarsa durata. Il film è talmente leggero e piacevole, che anche solamente una decina di minuti in più non sarebbero minimamente pesati allo spettatore e, anzi, avrebbero permesso al regista di approfondire maggiormente i legami tra i suoi personaggi. Imperfette e non al livello dei disegni le animazioni, che risentono purtroppo del peso degli anni. Assolutamente stupendo il comparto musicale, che mette in luce uno dei -a mio avviso- pochissimi pregi del popolo francese: l’eccellenza artistica.

“Appuntamento a Belleville” è un film da vedere almeno una volta nella vita, che sono certo vi lascerà stupiti ed interdetti. Onestamente, non avevo mai visto nulla di simile, prima d’ora.