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6.0/10
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“Bleach”, noto manga di Tite Kubo pubblicato in patria tra il 2001 e il 2016 per un totale di 74 volumi, rappresenta a pieno titolo quel tipo di letture per le quali è particolarmente impegnativo cercare di dare una visione e un giudizio che possa descrivere l’opera nel suo insieme. Parliamo infatti di uno shonen molto lungo, che dal mio punto di vista ha conosciuto parecchi alti e bassi nel corso della sua pubblicazione, attraversando periodi di notevole progresso tecnico, artistico e narrativo, ad altri in cui si palesava una certa povertà strutturale, una carenza di idee con cui sviluppare la storia e un abbassamento del ritmo con cui raccontarla. Si finisce quindi inevitabilmente per analizzare l’opera attraverso gli archi narrativi che la compongono e si fatica invece nel cercare delle caratteristiche, dei pregi o dei difetti che possano descrivere il manga nella sua totalità, visto che, purtroppo, soprattutto sul fronte dei lati positivi, la serie perde progressivamente ogni certezza apparentemente acquisita.

Il manga si apre con delle premesse moderatamente interessanti e con un disegno promettente che diventerà sempre più convincente con il passare dei volumi. La saga iniziale, quella del “Sostituto Shinigami” si struttura principalmente attraverso vicende perlopiù autoconclusive che, pur raccontate con un ritmo non particolarmente intenso, offrono ugualmente una partenza egregia della storia, grazie al carisma dei protagonisti e a una comicità ispirata. Quest’ultima tenderà a esaurirsi già nella saga successiva con il presentarsi di toni più seri, ma rimane una delle caratteristiche più distintive delle prime avventure di Ichigo. Al termine di questa prima saga inizia a profilarsi una narrazione più concentrata, che darà luogo a delle vicende destinate a svilupparsi di capitolo in capitolo, offrendo una prospettiva ben più interessante di quella nata nelle prime battute.

La seconda saga, quella della “Soul Society” si rivela l’arco narrativo più riuscito del manga che qui conosce un notevole salto di qualità sotto numerosi aspetti. Le vicende raccontate acquisiscono sempre più spessore, il ritmo della lettura e della narrazione si fa molto più intenso e la storia tutta si struttura attraverso trame e sottotrame più articolate. Questa saga rimarrà senza dubbio quella più elaborata e meglio costruita in termini di scrittura, pur mantenendo un approccio semplice e immediato. Fanno il loro ingresso ottimi personaggi, che non a caso l’autore si ritroverà a rispolverare nei momenti di bisogno anche nelle saghe successive, e la componente battle del manga conosce progressi notevoli. Le battaglie diventano molto più coinvolgenti e spettacolari, il tutto accompagnato da un continuo miglioramento tecnico e stilistico che sembra non avere limiti. La parte finale della “Soul Society” è probabilmente l’apice qualitativo di un manga che però, a una prima lettura, prometteva di continuare a offrire non solo grande spettacolo, ma anche una storia in grado di rinnovarsi e stupire nuovamente i lettori.

Ciò che segue la fine del secondo arco narrativo si rivela però deludente sotto diversi punti di vista. Durante la gigantesca saga degli “Arrancar” si consuma infatti una profonda disillusione verso un’opera che aveva lasciato sperare in una continuazione avvincente e interessante delle avventure di Ichigo e compagnia. La storia diventa invece ben più banale, sia in termini di contenuti, che di costruzione delle vicende, estremamente lineari e povere di spunti significativi. Il ritmo della narrazione conosce un crollo considerevole, interi volumi si sprecano per raccontare poco o nulla. Tuttavia, nonostante le pretese narrative si facciano sempre più povere, il manga continua a intrattenere con estrema efficacia, grazie a una realizzazione tecnica e artistica sempre al top e a una lettura estremamente scorrevole. Si può dire infatti che il ritmo, incredibilmente prolisso, con cui vengono scanditi gli eventi, sia inversamente proporzionale a quello frenetico con cui il lettore passa da un capitolo all’altro. Prevale comunque perlopiù la delusione per essere passati da un manga globalmente interessante con una storia sufficientemente sfaccettata e articolata, a uno che si può sommariamente descrivere come godibile e senza pretese, strutturato banalmente da un susseguirsi irrefrenabile di battaglie, talvolta spettacolari e decisive, talvolta dimenticabili e totalmente inutili ai fini della trama.
Nonostante gran parte di questa saga si riveli inconsistente, bisogna ammettere che in retrospettiva almeno questa parte di “Bleach” poteva offrire ancora una buone dose di azione e divertimento che verso le battute finali si finisce per rimpiangere sempre di più. La quarta e penultima saga del manga, quella dei “Fullbringer”, è probabilmente l’emblema della confusione in cui era precipitata la storia fino a quel momento. Nonostante qualche idea apprezzabile e sommariamente innovativa per il manga, si rivela in definitiva un grande fallimento di scrittura, che emerge tra vicende che non decollano mai e personaggi dallo spessore inesistente.

Il peggio tuttavia si raggiunge nella lunghissima ed estenuante saga finale, quella della “Sanguinosa guerra dei mille anni”. Se fino a questo momento “Bleach” aveva mantenuto qualche certezza, queste erano una componente visiva ancora impressionante e una lettura sempre efficace e gradevole. Anche questi aspetti, che avevano reso il manga sempre piacevole sul piano dell’intrattenimento anche nelle fasi più buie, vengono meno, e l’opera a tratti finisce per essere noiosa e macchinosa. Personalmente ho seguito queste vicende finali con un disinteresse totale, causato da una totale mancanza di prospettive non solo narrative, ma anche tecniche. Il manga viene disegnato in modo più trascurato e quel poco di spettacolarità che faceva figura anche nelle fasi meno ispirate si perde totalmente, in una storia di cui non si salva nulla. L’epilogo si rivela terribile, come tutta la saga finale.

Nonostante il netto declino conosciuto nell’arco della sua pubblicazione che naturalmente incide sulla valutazione finale, “Bleach” è rimasto per largo tempo un manga apprezzabile sotto molti aspetti e probabilmente sarebbe ingeneroso dare un’insufficienza a causa di una ventina di volumi finali scadenti, considerando per quanto tempo era invece stato un titolo divertente e molto appagante sul piano grafico. Al tempo stesso rimarrà probabilmente per sempre la delusione per un’opera che nelle sue fasi migliori aveva lasciato ben sperare per una storia interessante oltre che divertente e che ha finito per perdere la sua brillantezza anche in termini tecnici e artistici in una delle saghe finali più brutte di tutti i tempi.