Ogni giocatore che si sia mai approcciato al venerabile e complesso genere dei giochi di ruolo occidentali ha provato, almeno una volta, a interpretare il ruolo del cattivo: il fascino del Lato Oscuro in Knights of the Old Republic, il pragmatismo concreto del Rinnegato di Mass Effect, la mercenaria malvagità di Fallout 3... quasi qualunque titolo facente parte di questa categoria (nei tempi più recenti, beninteso - negli RPG degli anni '90 la cosa non era così scontata) ha offerto al giocatore la possibilità di sviluppare una propria moralità più o meno complessa, a volte legando piacevolmente il tutto ad un corposo sistema di scelte/conseguenze capace di cambiare - anche profondamente - l'universo di gioco, e finanche le sue meccaniche. Vedasi l'ormai paradigmatico caso della possibile distruzione nucleare di Megaton nel già citato terzo capitolo della saga Fallout.

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Ecco, Tyranny non segue nessuno di questi illustri predecessori, preferendo stravolgere il concetto stesso di "male" in un CRPG e riconsiderando da zero tutto quello che prima si dava per scontato. In Tyranny interpreteremo infatti non il ruolo del classico eroe senza macchia, e nemmeno quello dell'antieroe oscuro e fascinoso: la nostra lealtà va al Male, al Sauron di turno, primordiale e potente a tal punto da essere quasi inconoscibile; attenzione, però: non parliamo di una malvagità talmente ostentata da essere sopra le righe, quasi ridicola e autodistruttiva nel suo modus operandi, come avviene spesso e volentieri nell'RPG occidentale. Protagonista di Tyranny è infatti una malvagità pragmatica, simile in tutto e per tutto a quella della vita reale, il cui confine con la legge e con ciò che è apparentemente giusto è sottile, spesso quasi invisibile.

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Le particolarità fisiologiche di una tale relatività morale porterebbero, a ragione, a temere il peggio; ma il curriculum degli sviluppatori accende fior di speranze, dato che parliamo di quella stessa Obsidian Entertainment che già ha dimostrato di saper rovesciare brillantemente tropi e convenzioni del tradizionale gioco di ruolo con - tra gli altri - Knights of the Old Republic II Mask of the Betrayer, quest'ultimo particolarmente geniale in alcune sue intuizioni. Lo stesso studio che aveva promesso, all'annuncio del gioco, un titolo moralmente complesso in cui le nostre scelte al servizio del Male avrebbero plasmato il mondo di gioco in modo radicale.
 
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In Tyranny - disponibile già da adesso in esclusiva su piattaforma PC - il giocatore assume il ruolo del Fatebinder, un agente speciale al servizio di uno dei più potenti Arconti (ossia, generali e comandanti) del Signore Oscuro Kyros, misteriosa entità maligna che nel corso di diversi secoli di guerra ha affermato a poco a poco il proprio completo dominio sul continente di Terratus. Nell'anno 429 del Calendario di Kyros, le forze del Signore Oscuro si apprestano ad avviare la conquista dell'ultima sacca di resistenza, ed è qui che entra in gioco il personaggio principale controllato dal giocatore, creato attraverso un editor non tanto particolareggiato sul versante estetico del proprio avatar, quanto sul piano narrativo grazie all'utilizzo del sistema di Conquista, che rappresenta in assoluto una delle novità di maggior rilievo in Tyranny.
 

 
Terminato il processo di creazione, partirà infatti un racconto sviluppato a mo' di librogame, nel quale ci verranno presentate delle scelte tramite le quali potremo decidere come gestire gli eventi nei quali si troverà coinvolto il nostro personaggio durante la conquista della regione in cui sarà ambientata la totalità degli eventi del gioco. La Conquista è divisa in tre parti, una per ogni anno di guerra, e fin dai primissimi momenti di questa fase alla "choose your own adventure" appare subito chiaro come le decisioni prese nel corso di tale campagna militare avranno pesanti ripercussioni sul resto del gioco, andando ad influenzare la reputazione del personaggio principale e i rapporti che avranno con esso le varie fazioni che incontreremo di volta in volta: risparmiando un leader nemico o offrendo termini di resa accettabili potremmo essere riconosciuti per le nostre capacità diplomatiche (venendoci addirittura affibbiato nelle conversazioni l'onorifico di "Peacebinder"), mentre scegliendo quale dei due eserciti inviati da Kyros appoggiare potremmo in futuro ricavarne favori e benefici - oppure inimicizia perpetua.

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Sì, perché il Signore Oscuro ha inviato non uno, ma ben due corpi d'armata per soggiogare la regione, e gli intrighi politici che intercorrono fra il giocatore e questi due contendenti formeranno gran parte del tessuto narrativo del titolo: da una parte abbiamo i Disfavored (traducibile sommariamente come "Sfavoriti"), una legione d'élite contraddistinta da un rigido codice d'onore e dai numeri contenuti, comandata dall'Arconte della Guerra Graven Ashe, severo e inflessibile - ma al tempo stesso attento ai bisogni dei suoi uomini, che considera come figli. Dall'altro abbiamo lo Scarlet Chorus (il "Coro Scarlatto"), una sterminata orda assetata di sangue che coscrive a forza le popolazioni conquistate nei propri ranghi, guidata dal misterioso e folle Arconte dei Segreti, Le Voci di Nerat. Fin dalle primissime tappe della Conquista, nonché per tutto il primo atto del gioco (che è diviso in tre atti distinti), il giocatore dovrà destreggiarsi tra queste due fazioni divise dall'odio reciproco nonostante, in teoria, stiano dalla stessa parte; i Disfavored sono lo specchio rovesciato dello Scarlet Chorus, radicalmente diversi come filosofia, stile di combattimento, codice di condotta e persino colori primari; la rivalità fra tali eserciti porterà il giocatore a compiere scelte determinanti, sia per le sorti dei vari personaggi che incontrerà nel proprio cammino, sia per quanto riguarda il destino della regione.

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L'atto I di Tyranny, in questo senso, è semplicemente incredibile, e lascia presagire grandi cose per il resto del gioco: le fasi iniziali della partita si contraddistinguono fin da subito per la grande mole di scelte che è possibile compiere, per come esse modificano le relazioni fra il giocatore e gli schieramenti in lotta e per il superamento dei tradizionali parametri morali degli RPG: in Tyranny non avremo a disposizione alcun set morale universale "buono-cattivo", magari segnalato da un ammontare di punti-moralità predeterminati, bensì un sistema flessibile basato sul rispetto e sulla paura generati - slegato dalla tradizionale moralità "bene vs. male" - tramite il quale potremo costruirci una precisa reputazione nei rapporti intrattenuti con le fazioni o con i companions, la quale determinerà il tipo di approccio nei confronti del personaggio principale e persino l'esito di alcune quest. La cosa interessante è il complesso relativismo morale che soggiace a tale sistema: un'azione, nel mondo di Tyranny non è mai considerabile universalmente buona o malvagia, ma viene filtrata attraverso il sistema di valori personali del singolo interlocutore o della singola fazione; inoltre, come già accennato, i valori di lealtà e paura sono separati, cosa che rende perfettamente possibile avere valori elevati di entrambi in un singolo NPC.

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Gran parte del merito è attribuire agli scrittori di Obsidian, che già con Fallout New Vegas prima e con Pillars of Eternity poi si erano approcciati a tali tipologie di sistemi morali basati sulla reputazione del personaggio. Il team di writers dello studio ci consegna un mondo di gioco crudele ma anche affascinante, in cui fare la scelta giusta non è mai facile data la severità del ruolo che ci è imposto - che però può essere comunque interpretato in un'ampia varietà di modi: è possibile comportarsi come una sorta di Giudice Dredd, imponendo il pieno rispetto della Legge di Kyros, oppure come uno spietato "agente segreto" per il quale il fine giustifica i mezzi, o qualunque cosa si trovi in mezzo a questi due estremi. La scelta apparentemente più corretta, a volte, potrebbe non essere quella necessariamente più giusta: nel corso della mia prova mi sono ritrovato a consegnare persone che stimavo in mano a efferati torturatori in nome di un bene superiore, oppure ad uccidere un bambino per salvaguardare il destino di un intero popolo. Persino la distinzione fra gli apparentemente civili Disfavored e gli esaltati dello Scarlet Chorus non è così netta, a volte, e ogni schieramento presenta sia aspetti da elogiare che altri dichiaratamente controversiTyranny rispetta a pieno il modus operandi dello sviluppatore californiano, presentando continuamente scelte articolate e complesse nelle loro implicazioni pratiche e morali, il tutto sostenuto da un'ambientazione fantasy originale ispirata e ricca di mistero e da personaggi secondari ben costruiti e tutti sensati nelle loro motivazioni di sostegno o di ribellione verso Kyros.
 

 
Il difetto principale da ricercarsi nella struttura narrativa di Tyranny risiede negli atti II e III della trama, che deludono parzialmente le lodevoli premesse del primo capitolo; senza spoilerare troppo, dirò solo che alla fine del primo atto è necessario compiere una scelta molto importante, che avrà l'effetto di instradare il giocatore su uno di quattro sentieri differenti tra loro. Il problema è dopo la varietà di scelte che è possibile prendere nella prima parte di gioco, non si può che rimanere in parte delusi di fronte alla scarsità decisionale che contraddistingue il resto del gioco: le quest presenti sono poche in numero e si possono risolvere in molti meno modi rispetto a quanto era possibile fare in precedenza. Sia chiaro, la maggior parte delle situazioni presenta sempre una discreta varietà di approcci, ma non sono state poche le volte in cui mi sono ritrovato costretto a seguire determinate vie della trama senza possibilità alcuna di variazioni. L'effetto che Tyranny restituisce, nelle fasi avanzate della partita, è quello di un gioco promettente ma narrativamente incompiuto, probabilmente terminato con eccessiva fretta, al quale avrebbe senza dubbio fatto bene un altro annetto di gestazione e sviluppo: lo si può vedere dai propri compagni di party, ognuno con una storia interessante da raccontare ma, stranamente, non legato ad alcuna quest secondaria o principale, e quindi senza possibilità di veder svilupparsi il proprio percorso personale; oppure lo si può vedere dal finale, che restituisce una sensazione di manchevolezza e di troncamento, proprio quando la trama sembrava decollare verso vette elevatissime, probabilmente in previsione di un futuro seguito.

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Sul piano dell'esperienza di gioco, Tyranny pesca a piene mani dalle meccaniche del recente Pillars of Eternity, proponendo una struttura con visuale isometrica e in tempo reale, sempre con la classica pausa tattica alla Baldur's Gate, che risulterà familiare a tutti gli amanti del genere; stavolta, però, sono presenti innovazioni mirate e alcuni piccoli cambiamenti che modificano distintamente gli equilibri di gioco. Per cominciare il party è ridotto a 4 persone (protagonista compreso), cosa che rende meno caotiche le occasioni di combattimento rispetto alla confusione spesso generata dai ben 6 avventurieri di Pillars. La maggior attenzione posta verso le dinamiche del party è anche ravvisabile da una delle novità fondamentali del combat system rispetto alla tradizione del genere, ovvero gli attacchi in coppia: mosse speciali particolarmente potenti utilizzabili con la collaborazione di due personaggi, capaci di modificare sostanzialmente gli equilibri di uno scontro non solo per il mero ammontare di danni, ma anche per gli status alterati che tali attacchi sono capaci di infliggere.

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Nelle sue caratteristiche di base, il combat system di Tyranny rimane pressoché identico a quello di Pillars e dei classici del CRPG, quindi - data l'antica derivazione di tali sistemi dai giochi di ruolo da tavolo - va da sé che si parte da un livello di complessità meccanica già abbastanza elevato, che potrebbe magari scoraggiare chi non è avvezzo al genere. Tra pause richiamabili con la barra spaziatrice necessarie per dare ordini alla squadra, debolezze e resistenze elementali da sfruttare e capacità speciali dei personaggi da attivare al momento giusto, Tyranny garantisce un giusto grado di profondità, senza tuttavia mai sovraccaricare di statistiche il giocatore, data la chiarezza e l'eleganza dell'interfaccia di gioco. Il sistema di sviluppo è sufficientemente corposo, proponendo sei caratteristiche fondamentali, ognuna tendente ad influenzare determinati parametri dei nostri personaggi, e quattro alberi di talenti (focalizzati rispettivamente su combattimento, furtività, magia e leadership). Una parziale inversione di tendenza è rappresentata dal sistema di progressione delle abilità, come armi a una mano, conoscenze magiche, atletismo e così via, che acquisiscono esperienza con l'uso, cosa che avvicina Tyranny ai vari esponenti della saga The Elder Scrolls; è ovvio, quindi, che un personaggio che tende a disarmare le trappole e ad usare molto la furtività sarà portato a sviluppare naturalmente le abilità associate a tali capacità. Degno di lode il sistema di gestione dei dialoghi, che come da consolidata abitudine di Obsidian rende possibile l'utilizzo di alcune capacità durante i dialoghi, magari per risolvere situazioni complesse o per raccogliere maggiori informazioni: esempi basilari sono l'utilizzo delle proprie conoscenze arcane per decifrare alcuni scritti, oppure lo sfruttamento di capacità fisiche particolarmente sviluppate per sottomettere e intimidire i nemici.

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Ma la maggiore novità apportata all'economia di gioco Tyranny rispetto alla tradizione consiste nel sistema di sviluppo delle magie, tramite il quale potremo raccogliere vari sigilli nel corso della partita - tra l'altro, ognuno con una propria descrizione particolareggiata legata alla storia dell'ambientazione - e combinarli in vari modi per formare una vera e propria pletora di incantesimi, a loro volta personalizzabili nelle loro funzioni in base alle esigenze del giocatore. Tale meccanica è tanto semplice nella sua concezione quanto geniale nella sua esecuzione, dato che oltre a rendere possibile modificare nei minimi dettagli gli incantesimi del proprio party fa anche in modo di ampliare a dismisura le possibilità tattiche offerte dal combat system, che può tra l'altro contare su ulteriori abilità aggiuntive  donate al giocatore a seconda del livello di reputazione - che sia paura o lealtà - ottenuto con le fazioni del gioco. Tutte queste variabili donano visceralità e tatticismo al combattimento di Tyranny, che pure non è il fulcro centrale del titolo, data l'abbondante mole di testo presente e il grande accento posto sulla narrazione, riuscendo a scavalcare in parte i legacci imposti dai vecchi parametri codificati dai titoli creati con l'Infinity Engine. Bisogna tuttavia segnalare come non ci siano reali novità rispetto ai precedenti esponenti del genere, cosa che per gli appassionati può rendere il combattimento di Tyranny piuttosto ripetitivo, data anche la scarsa varietà dei nemici - quasi tutti umani - che è possibile affrontare.
 

 
Soddisfa appieno il comparto tecnico, che sfrutta la stessa versione del motore grafico Unity vista in Pillars of Eternity. Appare chiaro come gli sviluppatori abbiano acquisito ancora più dimestichezza con questo versatile motore grafico, data la pulizia generale dell'immagine, la qualità elevata degli effetti particellari usati e la quasi totale assenza di bug tecnici. Chiaro, in un titolo di questo genere non bisogna aspettarsi un conteggio poligonale elevatissimo, o l'utilizzo di ombreggiature di particolare complessità, ma fa comunque piacere notare l'attenzione posta verso i dettagli degli scenari, l'elevata risoluzione presentata dagli sfondi in 2D utilizzati e soprattutto la più che discreta qualità delle animazioni, posta particolarmente in risalto dalle sequenze di attacco in coppia. Fa il suo lavoro anche la colonna sonora, composta dal veterano Justin Bell, che però nella maggior parte non risalta quasi mai particolarmente, e non arriva al fascino sinfonico del precedente lavoro del compositore.

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Gioco di ruolo multiforme e complesso, questo Tyranny: filosoficamente e tematicamente profondo come pochi altri, rappresenta certamente un passo nella giusta direzione, verso una concezione più coerente e pragmatica del male, meno cartoonesca e ridicolmente bombastica come spesso avviene nel genere. Il ruolo assegnato al giocatore è di quelli scomodi, capace com'è di portare a porre dubbi sul proprio operato e sulle scelte compiute. E nonostante lo sviluppo chiaramente compiuto solo in parte, Tyranny rimane un testamento per gli anni a venire di come sia possibile scardinare le tradizionali catene morali dell'RPG occidentale, e così facendo, di donare alle decisioni del giocatore un significato completamente nuovo.