logo GamerClick.it

-

Il firmamento.
Questa enorme landa ricca di piccoli corpi celesti (piccoli si ma più grandi del nostro stesso pianeta, la terra), piccoli grandi corpi celesti chiamati stelle.
Gli antichi amavano interpretare le stelle e chiedergli consigli e pareri e proprio loro, come dolci e luminosi occhietti brillanti nel buio notturno, con un sorriso silenzioso e malizioso, degno della Gioconda, senza dir nulla davano la loro risposta.
Gli antichi però amavano anche interpretare in altro modo le stelle, come fossero enormi affreschi celesti realizzati in stile "unisci i puntini", per dirla rude una Settimana Enigmistica "The sky is the limit", vi davano forme e nomi, e come bambini con i pupazzi, ci inventavano poi su drammi e amori, battaglie, vicende, eroi e malvagi.
E' dalla grande fantasia degli antichi che nasce l'incipit di questo manga, perché qui le costellazioni scendono in terra, sotto forma di Cloth (armature sacre e magiche), per rivestire e difendere i corpi dei guerrieri che sin dai tempi più antichi proteggono la divinità della giustizia sulla terra: la Dea Atena.
Questi guerrieri, chiamati Saint, combattono bruciando il loro cosmo: tutto l'universo è nato dal Big Bang, e così ogni materia è fatta di molecole, questo è noto: visto che siamo tutti figli del Big Bang (e delle stelle, come diceva Alan Sorrenti), è possibile, bruciando il cosmo (dopo faticosissimi e devastanti allenamenti, mica dall'oggi al domani), intervenire sulle molecole stesse e distruggere la materia. E infatti dei Saint si dice che i loro pugni fendano l'aria, e i loro calci spacchino la terra.

Masami Kurumada, autore di questa serie e amante della storia antica, si è impegnato veramente tanto per rendere quanto più possibile tributo alla classica letteratura greca, oltre che ad altre culture più o meno antiche, ed ecco quindi che ogni Saint ha un suo Cloth, una sua costellazione guida e tutta una serie di caratteristiche/poteri/tecniche più o meno legati alla costellazione stessa e alle sue origini.
Per fare un esempio, il Saint a cui è affidato il Cloth della costellazione di Andromeda sarà armato di catene, ma anche dotato di cuore puro e gentile e portato al sacrificio, così come la principessa del mito era.
Ma a che cosa servono i Saint?
Da cosa deve essere protetta una Dea, e perché se esiste l'Olimpo lei deve stare sulla terra?
Semplice: la Dea Atena, ogni duecento anni, si reincarna in un corpo mortale per portare la pace sulla terra, alcune voci dicono infatti che molte delle più grandi guerre e catastrofi dell'umanità siano state risolte proprio grazie all'intervento dei Saint di Atena.
E a quanto pare c'è ancora una volta bisogno di lei.

E' da queste premesse che parte l'epopea di Saint Seiya, che prende il nome dal protagonista della serie, per quanto, alla fine, si rivelerà essere una storia corale di tutti e cinque i protagonisti principali.
Seiya è un ragazzo un po' brusco e un po' ribelle: orfano, come tutti i Saint di Bronzo (i Saint sono divisi infatti in tre categorie, Bronze, Silver e Gold, di numero sempre minore ma di potenza sempre maggiore), ha come unico interesse ritrovare la sorella, da cui è stato separato quando dall'orfanotrofio è stato inviato, per il volere del magnate proprietario dello stesso, in Grecia dal Giappone per diventare Saint della costellazione del Pegaso.
Qualora lui fosse riuscito a diventarlo, avrebbe potuto rivedere la sorella, ma le cose non andranno propriamente come lui si aspetta.
Seiya è sostanzialmente il prototipo più puro dell'eroe anni '80: quando non veste il suo Cloth di Pegaso, il suo look è perfettamente integrato col periodo, mentre il volto ricorda più gli eroi degli anime robotici del decennio precedente.
E molto c'è di omaggio al robotico nel manga di Kurumada, per quanto molto ben nascosti: basti pensare alle armature stesse, senza le quali per un Saint sarebbe folle combattere (infatti per quanto possano essere forti, i loro corpi non sono in grado di ricevere colpi che vanno a una velocità che si avvicina a quella della luce senza essere dilaniati, e a questo, appunto, servono le protezioni), che possono essere visti come versioni mitologiche in piccolo dei super robot che tanta fama avevano nei favolosi anni '70.
Anche lo spirito di Seiya, così caldo, ma anche così pronto al sacrificio e pieno di coraggio (e di cavalleria: mai colpirebbe una donna, mai lascerebbe che venisse ferita in battaglia), pur restando un po' sbarazzino e un po' sciocco, è perfettamente in linea con il decennio precedente.
Seiya, insomma, è prima che un personaggio, un'icona: l'icona di un tipo di eroe romantico che non si trova più e che invece sin dai tempi più antichi faceva capolino tra le pagine delle più grandi opere letterarie (a cui Saint Seiya non va certo paragonato, perché come vedremo più avanti i suoi difetti li ha), uno di quegli eroi che si possono tranquillamente definire "classici".
A lui di guerre, divinità, Cloth e del cosmo non interessa nulla, ciò che vuole è solo riavere sua sorella indietro, ma il cammino della vita è ricco di diramazioni pari al numero di stelle in cielo, e infatti anche per lui verrà il momento di cambiare i suoi piani.
Ma non di solo Seiya vive il manga: al fianco di questo giovane eroe dal grande coraggio ci sono altri quattro Saint che divideranno equamente con lui lo spazio sotto i riflettori.

Shiryu si è allenato a Goro-ho, vicino al monte Ro, in Cina, cercando con i suoi colpi di invertire il flusso d'acqua di una cascata: una volta riuscito in questo intento ha potuto mettere le mani sul suo Cloth, legato alla costellazione del Dragone.
Grazie agli insegnamenti saggi e paterni del suo anziano maestro Dohko e all'amore della figlia adottiva del maestro stesso, Shunrei, Shiryu è un ragazzo dotato di forza enorme e di grande spirito eroico e battagliero, legato indissolubilmente all'iraconda natura della sua costellazione guida.
Quando i lunghi, lunghissimi capelli di Shiryu cominciano a fluttuare e dal suo corpo s'innalza del fosforo, è segno che le cose, per i nemici, si mettono molto, molto male...
Shiryu è quello che si può definire davvero un grande amico: la sua natura fuori dalla battaglia è gentile e pacifica, ed è sempre pronto a dare tutto per i suoi compagni.

Dalla fredda Siberia viene, invece, Hyoga: lui, al contrario dei suoi compagni, ben ricorda la sua mamma: in un giorno più freddo di altri e più freddo per l'anima del biondo Saint, infatti, la donna, molto coraggiosamente, sacrificò la vita per salvare quella del figlio, finendo in fondo al mare, intrappolata in una nave affondata negli abissi.
I suoi duri allenamenti gli permettono, ora, d'immergersi nelle profondità marine per fare visita al corpo della mamma, perfettamente preservato dal freddo, ed è proprio in questa sensibilità in contrasto con l'elemento preponderante di Hyoga che si gioca tutto il suo personaggio: il personaggio più "freddo" è anche quello più tormentato sentimentalmente.
La sua figura è leggiadra come il trasporto dei sentimenti stessi, e allo stesso modo devastante nei colpi che portano al gelo semi-assoluto.
Suo è il Cloth del Cigno, candido ed elegante uccello dal manto bianco, puro come i sentimenti di un figlio nei confronti dell'adorata madre, e di una madre nei confronti del figlio stesso.

Un cuore assolutamente puro, che prova un unico odio che è quello verso la violenza e il causare dolore al prossimo: questo è il dolce e sensibile animo di Shun.
Shun è il Saint della costellazione di Andromeda citato più su: totale è la sua avversione alla lotta, grande come grande è la delicatezza dei suoi lineamenti; l'unico motivo per cui veste il Cloth incatenato è quello di ritrovare suo fratello, Ikki.
Anni prima Shun è stato indirizzato all'isola di Death Queen, isola infernale dove si diceva che fosse custodito il Cloth della Fenice, forse il più potente tra quelli di Bronzo; ma al posto di Shun però, su quell'isola venne spedito lo stesso Ikki, per scelta del ragazzo in persona.
Shun è troppo nobile e dall'animo gentile, e se fosse andato su quell'isola terribile non sarebbe sopravvissuto, ragion per cui suo fratello maggiore si sacrificò coraggiosamente al suo posto.
A Shun però non va certo meglio, perché l'isola di Andromeda dove verrà invece inviato è forse anche peggio di quella di Death Queen, ma in quell'inferno, il dolce cuore di Shun smuoverà quello di una sua compagna d'armi, June, Saint della costellazione del Camaleonte.
L'amore di June per Shun gli permetterà di sopravvivere ai difficilissimi allenamenti, e di raggiungere finalmente il fratello, anche se a questo punto, per il gentile Saint incatenato ci sarà un'amara sorpresa...
<b>[Possibili spoiler]</b>Ikki è tornato dall'isola di Death Queen con la rabbia di un demone Ashura.
Questo perché, se Shun è stato fortunato a trovare qualcuno che condividesse le difficoltà con lui, Ikki ha visto quella stessa fortuna trasformarsi in tragedia, e la ciliegina sulla torta fu lo scoprire qualcosa di sconvolgente, una rivelazione che l'ha portato ad odiare tutti gli altri Saint.
Il tempo cambierà Ikki che, rimasto duro per via delle difficoltà che ha dovuto affrontare in vita sua, recupererà comunque la sua umanità e si prodigherà d'essere una sorta di guida e punto di riferimento per gli altri.
Il suo Cloth lo rappresenta in pieno: la Fenice è infatti simbolo di morte e rinascita, così come lui cade e torna, rinasce ardente dalle sue ceneri per riscattarsi o per fare da vendicatore, o giustiziere.<b>[Fine possibili spoiler]</b>

I cinque Saint sono teoricamente sotto la guida di Saori Kido, nipote adottiva di quel Mitsumasa Kido che li prelevò, durante la loro infanzia, dai loro orfanotrofi insieme ad altri 95 bambini per radunarli e poi inviarli in giro per il mondo, per imparare a bruciare il loro cosmo e ottenere i Cloth.
Saori è sempre stata trattata come una principessa dallo scomparso nonno, e sin da piccola si è divertita a trattare gli altri orfani come suoi schiavetti, ora sembra più autoritaria che viziata, ma forse nasconde qualcosa, un segreto sorprendente...
Quando ho scritto "teoricamente sotto la guida di Saori Kido" è perché loro non sono molto d'accordo, visto appunto come lei li ha trattati da piccoli e come siano stati praticamente costretti a diventare Saint.
Questi sono dunque i personaggi principali del manga, a cui se ne aggiungeranno altri, alcuni buoni, altri malvagi, rendendo il tutto un'epopea emozionante e ricca di colpi di scena.

Il tema del sacrificio per ciò che è importante per noi lo si può già capire da quanto affermato precedentemente, poiché sarà un comune denominatore delle vicende, a cui si alterneranno tematiche sull'amore, la fiducia nel prossimo e negli amici, il coraggio e la capacità di non arrendersi mai.
E' una storia indirizzata al pubblico adolescenziale, che porta degli insegnamenti sullo stile di vita e sulla crescita, sul coraggio, sulle responsabilità.
Memorabile è, in questo senso, un discorso di Seiya a una sua amica d'infanzia, disperata perché lui anziché divertirsi come gli altri ragazzi soffre, si ferisce e rischia la vita combattendo.
A queste sue parole, lui rispose che non si può certo dire che ragazzi che vivono la loro vita tra tranquillità superficiali, pensando solo ad andare a ballare o ad essere vestiti alla moda, stiano vivendo appieno la loro giovinezza, al contrario di lui, che dà il massimo ogni giorno per ciò in cui crede e per ciò che considera importante, anche correndo rischi enormi.
L'epicità, lo stile di narrazione intenso e senza mai un attimo di calma di “Saint Seiya” hanno fatto scuola, tant'è che ormai alcune strutture narrative vengono proprio definite "alla Saint Seiya", perché ripercorrono alcuni cliché di successione degli eventi che hanno qui visto la loro nascita (o comunque l'affermazione).
Il bagaglio culturale con cui poi Kurumada ha arricchito la serie è impressionante: tra leggende, religioni, miti, letteratura, simbolismi, l'autore prende più di duemila anni di storia della narrativa, della cultura e della religione, facendolo un uso sapiente e abbondante, stuzzicando furbescamente tutti quei lettori che hanno una certa cultura a proposito dei miti antichi o di letteratura, e spingendo gli altri ad interessarsene.
Nel corso delle avventure dei Saint avremo modo d'incrociare personaggi come Shaka della Vergine, un autentico concentrato di citazioni e riferimenti alla cultura Buddhista, o di immergerci in un regno degli Inferi strutturato come quello di Dante.
Viene a questo punto da chiedersi se delle premesse "teoriche" così promettenti siano accompagnate da uno stile di disegno all'altezza.

L'arte illustrativa di Masami Kurumada è abbastanza particolare, e può non piacere: è dirottata verso uno stile di character design precedente rispetto all'epoca d'uscita del manga, insomma, ancora una volta “Saint Seiya” prende spunto dagli anni '70, anche perché l'autore in quel decennio cominciò a scrivere e disegnare manga.
Le vignette sono abbastanza statiche, così come i combattimenti, dove lo scambio di colpi è essenzialmente "personaggio che attacca in posa, scritto col nome della mossa e (eventualmente) personaggio che subisce inquadrato di spalle o di tre quarti, in un angolo della vignetta".
Questo, però, non è necessariamente un difetto, specialmente perché i disegni di Kurumada pur sembrando talvolta sproporzionati sono ricchissimi di particolari.
I Cloth, per esempio, sono molto dettagliati e ben studiati, tant'è che in fondo ai volumi sono disponibili delle schede dove è possibile assistere a ogni passo della "trasformazione" da statua rappresentante la costellazione ad armatura vera e propria (qui, al contrario dell'anime, poi, il Cloth non s'infila da solo sul Saint, ma va indossato "alla vecchia maniera”, cosa che dà una certa sensazione di casereccio a chi ha visionato prima la serie animata, ma l'enfasi di un guerriero che indossa la sua tenuta da battaglia pezzo per pezzo, indubbiamente, fa effetto).
Le splash page, poi, sanno essere ricchissime di dettagli e molto spettacolari, specie quando appunto vengono eseguite delle mosse, basti pensare a certi "Rozan Shoryu-ha!" di Shiryu o al Tenbu Horin di Shaka: immensi dragoni meravigliosamente disegnati, immagini del Buddha che vanno a pezzi, tutto ciò merita qualche secondo di osservazione per apprezzarne appieno la cura nei particolari.
Un altro, ben più nascosto, pregio dei disegni risiede nella documentazione dell'autore a proposito di alcuni luoghi realmente esistenti in Grecia, qui riprodotti fedelmente.
E' uno stile che potrebbe essere difficile da digerire per alcuni, ma per chi ne sapesse apprezzare i veri pregi risulterà spettacolare.

Insomma, Saint Seiya è tutto rose e fiori?
No, purtroppo.
La trama non è comunque priva di alcune piccole grandi discrepanze, che non inficiano certo pesantemente la trama ma comunque si notano, così come certe situazioni diventano davvero dei mezzi tormentoni, anche se talvolta questo difetto è stato un po' esasperato dai critici.
C'è poi da dire che il finale della storia non è esattamente quello previsto, poiché la serie venne fatta chiudere in anticipo e, per quanto la trama trovi una naturale conclusione con l'ultimo capitolo, alcune cose vengono lasciate in sospeso, questo, per fortuna, sta però venendo riparato dall'autore stesso e dalla serie “Saint Seiya-Next Dimension”, vero e proprio sequel conclusivo della storia.
Questi sono difetti evidenti, molto evidenti, al punto da far distrarre il lettore meno attento da tutto ciò che c'è di buono in questa serie, che, un po' a sorpresa, pur essendo indirizzata a un pubblico maschile adolescenziale tanto successo trova anche tra le signorine (eh sì, perché i nostri cinque bronzini sono dei veri e propri bishonen).
In chiusura, Saint Seiya è un'opera eccellente ma non perfetta, con le sue pecche, ma che può regalare grandi, grandissime soddisfazioni al suo fruitore.
Se affrontato con una certa retro-cultura letteraria e con una certa passione per stelle, miti, religioni e culture, sa regalare momenti di non scarsa epicità ed emozione, che però sono fruibilissimi anche per chi semplicemente si vuole emozionare con le gesta di cinque eroi che lottano per sé stessi prima, e per qualcosa di più grande e collettivo poi: cinque strade che diventano una, sotto un cielo pieno di stelle.