Nel voluminoso mese di uscite di questo febbraio, tra Horizon II Forbidden West ed Elden Ring, si interseca anche Grid Legends, un ritorno di una saga di racing game Codemasters, chiamata a riscattarsi dopo il deludente capitolo del 2019. Sotto la nuova ala di Electronic Arts, il nuovo Grid ci prova, cercando di inserire a forza grandi novità contenutistiche e nel multiplayer ma con un risultato riassumibile nella frase "vorrei, ma non posso". Vediamo perché.
 
Di sicuro si sfreccia

Come sempre, iniziamo con un po' di storia e contesto partendo dall'antesignano della serie, quel Toca: Race Driver che ha avuto il merito di inserire una narrazione come filo conduttore tra una gara e l'altra, aprendosi uno spazio nel cuore degli appassionati nonostante una sceneggiatura di certo non particolarmente esaltante. Era il 2003, un primo tentativo, si perdona facilmente. La svolta arriva col nuovo brand Grid, con un capitolo traghettatore tra la serie TOCA e quest'ultima e perfetta simbiosi tra un modello di guida simulativo e la permissività regalata dall'arcade, esacerbata sin troppo con Grid 2. Il secondo capitolo fu un trauma per i fan ma ebbe l'onore di avere una delle migliori carriere in un racing game negli ultimi vent'anni.
Grid Autosport ha cercato di portare un po' tutto ai vecchi fasti ma in netta contrapposizione con quanto mostrato nei due capitoli precedenti sino all'arrivare al capitolo del 2019, che semplicemente, non era né carne né pesce.
 
Ci si sente in Fuel di Spielberg

La serie Grid dunque non vive di capisaldi precisi: sì, è un'opera che tende all'arcade e alla spettacolarizzazione delle gare, ma un po' schizofrenico nelle sue trasposizioni. Grid Legends segue in qualche modo questa trafila, portando però a compimento quanto iniziò ormai vent'anni fa: la modalità storia. In questo percorso ludo-narrativo, son passati Grid 2 e il suo WSR, F1 2019 con la sua bozza di trama ma soprattutto, F1 2021, che con il suo Breaking Point ha cercato di innovare questo aspetto sotto tutti i punti di vista. Nella sua recensione (che potrete trovare qui) si sono palesati però diversi limiti, soprattutto per quanto riguardava il legame narrazione-gameplay che rendeva una gara della modalità storia una semplice gara veloce ma con un "fiocchettino". Nulla di particolarmente esaltante insomma. Il tentativo però è sempre lodevole: innovare tra i racing game è estremamente difficile e Codemasters almeno ci prova. È qui che arriviamo a Grid Legends, dove si prende quanto di buono creato in F1 ma espandendone a dismisura la formula, tra l'utilizzo della tecnologia stagecraft e l'impiego dell'attore Ncuti Gatwa della serie Netflix Sex Education. Il risultato? Ci si trova sempre davanti al consueto "nì". Il passo avanti è evidente e dopo un certo straniamento iniziale dovuto a cutscene con attori reali, in stile Need For Speed del 2016, la resa visiva funziona con un amalgama videogioco-realtà che riesce a dare il meglio di sé. Del resto, è la stessa tecnologia utilizzata in The Mandalorian.
 
Anche Need for Speed

I nodi vengono però al pettine non appena ci si accorge di prove attoriali non sempre esaltanti e una sceneggiatura sin troppo romanzata, con la suddivisione buoni/cattivi troppo netta per essere presa sul serio. La sensazione è quella di trovarsi di fronte a qualcosa che cerca di accontentare tutti, un continuo andar sul sicuro che però genera l'effetto contrario. Anche nei momenti più drammatici, non si effettua mai quel passo in più che potrebbe rendere la storia intrigante, raggiungendo il picco in una fase finale davvero mal gestita e poco credibile.
Ci troviamo di fronte lo stilema "Gran Turismo" in cui, da piloti alle prime armi raggiungiamo la vetta ma qui, lo si fa attraverso un team (Seneca) visto come il classico Davide che sfida Golia, Revenwest e che ovviamente, vincerà. Un percorso classico dunque ma in cui si è cercato di fare dei passi in più rispetto Breaking Point, riuscendoci.
A un certo punto infatti, sembra accadere un miracolo, avvicinando Grid Legends alla serie Ace Combat, con narrazione e regia in game e legate al contesto raccontato. Benché ancora sporadici, questi piccoli eventi, come incidenti, non sono più alla mercé di cutscene come in F1 ma avvengono sotto i nostri occhi, proprio mentre stiamo guidando. Proprio come la serie aeronautica, sono questi dettagli a renderci partecipi di una storia e non semplici spettatori, creando un saldo legame tra quanto viene giocato e quanto viene narrato. Da questo punto di vista dunque funziona, anche se è inevitabile qualche svarione dovuto alla natura stessa del titolo.
 
C'è anche questo

In un picchiaduro, come quelli Netherrealm, la trama si dipana attraverso un "on/off": se vinci lo scontro vai avanti, altrimenti la storia si arresta. In un racing game tutto questo è soggetto a decine di dinamiche diverse e non per forza legate alla nostra condotta di gara: vittorie, sconfitte, incidenti, danni meccanici, condotta antisportiva, sono solo alcuni degli imprevisti che possono accadere in gara ma durante la narrazione tutto questo viene appiattito, perché essenzialmente, la trama è una. È qui che avvengono le più grandi dissonanze ludo-narrative, in cui anche se vinciamo innumerevoli gare di fila veniamo comunque trattati come pivelli alle prime armi o che invece di parlare all'ingegnere sull'assetto dell'auto, interveniamo noi sulle poche impostazioni concesse. Vi è un solo binario, indipendentemente da quanto accade in gara e questo è un limite molto grosso, che spiega come di esperimenti di questo tipo ce ne siano così pochi.
Nonostante dunque un'impostazione a là Drive to Survive o All or Nothing, molto spesso manca un reale contenuto da trasmettere, finendo col diventare una feature fine a sé stessa e addirittura, controproducente. Nonostante la buona idea di creare un filo conduttore con la classica carriera, contornato con un ritorno che i fan dell'originale Toca: Race Driver apprezzeranno sicuramente, una volta approcciatosi al resto del gioco ci si sente quasi abbandonati a noi stessi, in mancanza di quel coinvolgimento creato nella modalità storia.
 
Strada Alpina spicca su tutto

Driven to Glory ha il merito di far sentire il giocatore, seppur con le intrinseche limitazioni, al centro degli eventi soprattutto grazie alle comunicazioni via radio, tra team manager (doppiato da Claudio Moneta) e la nostra compagna di squadra Yume Tanaka. La storia si dipana anche attraverso questi piccoli scambi, ma necessari per permettere alla trama di insinuarsi mentre giochiamo. Il problema è che tutto questo si perde nel resto delle modalità: è chiaro, sono situazioni distinte e necessitano di un'attenzione diversa, ma il confluire di alcuni elementi anche nella carriera classica non avrebbe guastato.
È infatti incredibile come l'unicità di Grid Legends si perda non appena terminata la modalità storia, confluendo pericolosamente verso il Grid del 2019. Fortunatamente ci troviamo di fronte a un pacchetto più vario e meglio amalgamato ma alcune perplessità permangono. L'intera carriera è suddivisa in cinque stagioni differenti, che vanno al crescere del livello e delle auto utilizzato sino al Gautlet, la sfida finale, la "finalona", lo scontro decisivo tra i migliori team in assoluto. Fin qui tutto benissimo, con diverse categorie che vedono il ritorno del Drift e di tutti quegli eventi come Eliminazione o Time Attack, disponibili attraverso le diverse classi di vetture (128 in totale). Essenzialmente, l'approccio è quello di Forza Motorsport, con libertà di spaziare tra i diversi contenuti e la scelta della vettura preferita tra quelle selezionabili ma come il titolo Turn 10, tutto appare estremamente slegato e privo di un vero filo conduttore che abbiamo avuto il piacere di constatare qualche ora prima, in Grid 2 o persino in DiRT 5 con il Podcast. Certo, siamo ben lontani da quanto visto nel 2019, anche grazie a piccole introduzioni come la possibilità di elaborare le nostre vetture; ma da qui si apre uno dei grossi problemi del titolo: la poca attenzione ai dettagli.
 
Anche Fast & Furious


"Grind" è una parola utilizzata nel contesto videoludico per indicate un'azione ripetuta al fine di far crescere il proprio personaggio in un gioco di ruolo, ma in un gioco di guida è un evento più unico che raro. Da questo punto di vista è stata fatta una strana scelta, che in parte ricorda l'Affinità di Project CARS 2 ma mal gestita: tutto è legato al chilometraggio effettuato con la propria vettura, che a un certo punto sbloccherà di volta in volta le fasi di sviluppo della stessa. Questo influenza anche la partecipazione ad alcuni eventi limitati al tipo di elaborazione. Non bisogna andare molto lontani per capire dove si sta andando a parare, con il ripetere più volte le stesse gare per raggiungere il punteggio necessario, rendendo non solo ripetitivo il tutto ma anche frustrante, visto che si è costretti a farlo per accedere agli eventi principali. Tutto questo fa pendant con alcune disattenzioni alla quality of life in generale, come la mancanza della segnalazione effettiva in tempo della penalità ricevuta, il non conoscere quali piste e quale vettura utilizzeremo in un determinato evento, la non possibilità di replicare la nostra livrea su tutte le vetture, costringendoci a farlo manualmente di volta in volta e il non capire come si sbloccano gli extra. Semplicemente, quando avviene, avviene.
Questo ci porta alla gestione del proprio team, figlio di quanto raccontato nella modalità storia con tutti i suoi pro e contro. Fondiamo un nuovo team, possiamo scegliere la livrea e i suoi colori (customizzazione totalmente da rivedere), il nome e potenziamenti suddivisi tra compagno di squadra e reparto marketing/ingegneria. Se state immaginando qualcosa in stile WRC di Kylotonn siamo lontani anni luce, sempre seguendo il principio del "vorrei ma non posso". Queste piccole feature sono una manna rispetto al precedente capitolo ma non strettamente necessarie, permettendo di guidare e vincere senza usufruirne. Il problema è che veniamo da un passato in cui la gestione del team era qualcosa di un po' più strutturato e fa specie notare come ormai sia un semplice orpello. In questo caso, viene anche meno la scelta del nostro compagno di squadra visto che saremo "costretti" a ingaggiare Valentin Manzi (Ncuti Gatwa), rivale della modalità storia. Questo però appiattisce di parecchio la gestione visto che Manzi non possiede alcuna skill o specializzazione.
 
Scorci mozzafiato

Ma veniamo in pista. A un certo punto, in mancanza della modalità storia, a reggere tutta l'impalcatura deve essere il modello di guida. Deve risultare piacevole, appagante e spingere il pilota a guidare per il semplice piacere di farlo piuttosto che sbloccare contenuti. Grid Legends ci riesce in parte, con un nuovo sistema che parte da quanto sviluppato in Grid Autosport e qui evoluto soprattutto per quanto riguarda fisica di sospensioni e pneumatici. Ci troviamo dunque sempre in una via di mezzo tra un arcade in senso stretto e un sim/arcade a là Gran Turismo, tutto nel segno dell'accessibilità. Tutti possono sentirsi a casa con un pad in mano, anche chi non ha mai messo piede in un circuito videoludico ed è questo in fin dei conti la forza di Grid. Tuttavia, la permissività concessa al giocatore (anche con aiuti completamente disattivati) fatica a rendere appagante il modello di guida, facendo rimpiangere Project CARS 3. Con la tendenza alla derapata fortunatamente mitigata, si sente fin troppa aderenza meccanica con vetture che sembrano suddivise solo attraverso questo aspetto e senza prendere in alcun modo in considerazione l'aerodinamica. Grip meccanico su tutto insomma ma che appiattisce notevolmente la differenziazione dei modelli, notabile solo quando si cambia drasticamente categoria. Nonostante ciò, le gare sono sudate grazie alla ottima intelligenza artificiale e l'evoluzione del Sistema Nemesi introdotto nel 2019. Questo sistema era una delle poche introduzioni interessanti di quel capitolo, capace di creare vere rivalità e dare una "storia" a quelle intelligenze artificiali, anche se con qualche problema di aggressività repressa. Una volta attivato dopo un brusco tamponamento, il Nemesi trasforma i piloti in cacciatori di taglie il cui unico scopo e buttarvi fuori pista.
 
Tutto carbonio

In Grid Legends, Nemesi subisce una forte evoluzione ma la sua valutazione varia in base al contesto in cui ci troviamo. Questo sistema infatti si attiva ora anche stando vicini all'avversario senza necessariamente toccarlo, il che è interessante nella modalità storia dove le rivalità raccontate trovano sfogo effettivamente in game. Per fare un esempio, immaginate Verstappen che si trova Hamilton negli specchietti: non serve essere tamponati per accendere gli animi. In questo contesto funziona molto bene, trovando una perfetta integrazione tra quanto raccontato e quanto giocato ma in tutto il resto? È difficile capire cosa scateni il Nemesi, trovandoci spesso con decine di piloti avversari con l'icona rosso sangue. L'attivarsi anche solo in prossimità genera alcuni grattacapi quando si cerca di effettuare una propria traiettoria di gara in mezzo a piloti assetati di una vendetta tutta loro, spingendoli a cercare sportellate anche in pieno rettilineo o a darci la caccia segnando tempi da qualifica in serie. Insomma, anche questa volta il Nemesi necessità di una calibrazione ma indubbiamente porta le gare ad avere una maggiore dose di adrenalina rispetto alla concorrenza. Adrenalina che però si trasforma in serotonina ─ in senso negativo ─ alla vista di alcuni svarioni dell'IA, come cappottamenti in pieno rettilineo, il proseguire la gara a là Gill Villeneuve con una ruota mancante perché essenzialmente non esistono box o lo sparire delle auto nella modalità eliminazione come fossimo in Cyberpunk 2077. Vorremmo piangere, però ridiamo.
 
Novità interessante

Grid Legends è dunque un titolo che cerca di innovare, tra modalità storia e gameplay con il Sistema Nemesi ma cerca di fare un passo in più anche nel multiplayer con una feature davvero interessante. Oltre alle classiche modalità che siamo abituati a vedere e a il Race Creator che permette la creazione di eventi contando su numerosissime impostazioni, è la possibilità offerta ai giocatori di controllare un pilota IA a meritare attenzione. Non è certo una feature nuova, con Arkane Studios che ci fece un gioco attorno ma ben prima che i sistemi fossero pronti (The Crossing), comunque apparsa in Deathloop con i giocatori in grado di controllare Julianna, la rivale di Colt. Qui accade la stessa cosa, con gli utenti che possono sostituire qualunque pilota fittizio, mescolando single e multiplayer. Per fare un esempio, potrà capitare che durante la nostra gara (o prima) un nostro collega videogiocatore entri nella nostra partita gareggiando contro di noi e con i restanti piloti IA. In poche parole, Dark Souls per intenderci ma con le quattro ruote. Visto il contesto da review e con pochi giocatori online non si è potuto testare a fondo ma è una feature interessante anche se non particolarmente regolamentata: cosa vieta a un giocatore di entrare solo per sbatterci fuori, non c'è dato saperlo. In poche parole, Dark Souls.
 
 
A fronte di un comparto tecnico e un'ottimizzazione di buon livello, di cui quello sonoro che spicca su tutti, Grid Legends cerca di innovare ma non riuscendoci appieno, forse schiavo della sua stessa identità. Il "vorrei ma non posso" pervade tutta l'esperienza, dalla modalità storia al gameplay in senso stretto, rimanendo in un limbo dalla quale fatica a uscire. Il destino di Grid dipende da quanto Codemasters abbia voglia di portare qualcosa di realmente nuovo: del resto abbiamo due DiRT diversi, un F1 con un modello di guida adatto a pro e neofiti ma un solo Grid. Forse è arrivato il momento di fare realmente un passo in più, anche a costo di scontentare qualcuno.